Negli anni Sessanta il blues trovò una nuova giovinezza grazie a un dialogo inatteso tra culture diverse. Un chitarrista americano ne fu al centro quasi senza rendersene conto. E da quel momento per Buddy Guy nulla fu più come prima. Questa è la storia di un artista nero che ha dovuto farsi strada nel mondo della musica attraversando un viaggio intercontinentale e che in un occasione scambiò un grande chitarrista per un poliziotto.

Buddy Guy cercava spazio in America
Prima di diventare un riferimento mondiale, Buddy Guy faticò a imporsi negli Stati Uniti. Le radio lo trasmettevano raramente e spesso lo confondevano con altri artisti neri. Il suo stile era potente e personale, ma non trovava il pubblico giusto. La sua musica restava confinata in circuiti ristretti, lontani dalla visibilità che meritava.
L’Inghilterra e l’esplosione blues
Il viaggio in Inghilterra nel 1965 segnò una svolta radicale. Con la sua Fender Stratocaster, Buddy Guy si ritrovò improvvisamente al centro della scena blues britannica.
Chitarristi come Jeff Beck e Jimmy Page rimasero sbalorditi dal suo modo di suonare e scoprirono nuove possibilità espressive della 6 corde.
Dopo averlo visto dal vivo, molti di loro corsero a comprare una Stratocaster identica.
Anche il suono caldo del suo Fender Bassman conquistò il pubblico e gli addetti ai lavori. Quel timbro diventò parte integrante di una nuova estetica rock blues che stava nascendo proprio in quei club affollati di giovani.
L’incontro inatteso con un chitarrista leggendario
Durante uno dei suoi concerti britannici, Buddy Guy notò un volto bianco tra il pubblico. Pensò fosse un poliziotto, segno di quanto fosse insolita per lui quella situazione.
In realtà era Eric Clapton, già profondamente influenzato dal suo stile. Questo piccolo equivoco è diventato un aneddoto simbolico di un passaggio generazionale e culturale.

Buddy Guy tra stupore e incomprensioni culturali
L’Inghilterra e poi la California misero Buddy Guy di fronte a mondi nuovi. Dai Rolling Stones con abiti e tacchi appariscenti fino ai primi hippie di San Francisco, tutto gli sembrava incomprensibile. Non sapeva cosa fossero quei movimenti, ma una cosa era chiara, la gente reagiva con entusiasmo alla sua musica, indipendentemente dall’aspetto o dall’etichetta.
Dalla Louisiana al cuore del blues
Il percorso di Buddy Guy non fu semplice. Cresciuto in una fattoria a Lettsworth, in Louisiana, senza elettricità, scoprì il blues ascoltando un bracciante suonare Boogie Chillen di John Lee Hooker. Quell’uomo divenne il suo primo insegnante. La sua prima chitarra, un regalo del padre, aveva solo due corde.
Buddy Guy: da session man al rispetto tra i giganti
Prima della fama internazionale, Guy lavorò come session musician. Tra le incisioni più celebri c’è Killing Floor di Howlin’ Wolf, dove il suo senso del ritmo divenne fondamentale. Era così richiesto che i musicisti lo cercavano direttamente a casa pur di averlo in studio. Un riconoscimento silenzioso ma decisivo.
Il blues oggi e la paura dell’oblio
Arrivato al 2025, Buddy Guy non ha alcuna intenzione di ritirarsi.
Si considera l’ultimo anziano ancora in grado di portare il blues sui palchi del mondo.
Una promessa fatta a Muddy Waters e allo stesso Howlin’ Wolf, quella di mantenere vivo il genere.
La sua partecipazione al film Sinners diretto da Ryan Coogler ha riavvicinato nuovi ascoltatori al blues. Ma la preoccupazione resta. Le nuove generazioni ascoltano sempre meno questa musica e rischiano di non conoscerla affatto. Per Guy, la battaglia più importante non è il successo. È fare in modo che il blues continui a essere ascoltato, suonato e tramandato.
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