Prima di incidere la sua iconica Cliffs of Dover Eric Johnson ha fatto molta gavetta. Passando per gli studi più importanti dell’America ha collaborato con artisti di grande successo, di diversi generi musicali. Da Cat Stevens a Carol King a Christopher Cross, passando per Donald Fagen e tanti altri, ha raccolto molte esperienze positive e qualcuna negativa, accrescendo però sempre di più il suo bagaglio di conoscenze. Grazie a tutte queste esperienze è riuscito a costruire il suo stile e il suo suono che ha fatto ascoltare a tutto il mondo nei suoi dischi…
Gli inizi di Eric Johnson con Cat Stevens
Il chitarrista texano Eric Johnson iniziò la sua carriera da turnista negli anni Settanta. Trasferitosi a New York, grazie al suo manager Nat Weiss entrò in contatto con Cat Stevens, che lo invitò a suonare in alcune registrazioni. Johnson ricorda di aver inciso un paio di brani e di aver provato per un tour che però non si realizzò, poiché Stevens decise di abbandonare la musica per intraprendere un percorso spirituale.
Di quell’esperienza, Johnson sottolinea che non arrivò mai a sentirsi completamente libero di contribuire come avrebbe voluto. Stevens desiderava soprattutto una chitarra atmosferica che facesse da sfondo alle sue canzoni.
Collaborazioni con Carole King
Un altro passo importante fu l’incontro con Carole King, che decise di registrare a Austin, in Texas, il disco Pearls: Songs of Goffin and King. Johnson venne chiamato a fare un’audizione e si ritrovò presto al suo fianco. Il suo contributo fu in gran parte legato a parti ritmiche e a un suono di chitarra pulito, con occasionali interventi solisti. Per Johnson fu un’opportunità preziosa per lavorare con una delle più grandi autrici della musica pop.
L’amicizia tra Eric Johnson e Christopher Cross
Già nei primi anni ’70, Johnson aveva conosciuto Christopher Cross in occasione di un concerto dei Deep Purple. In quell’occasione Cross, allora chitarrista rock con una Gibson Flying V, sostituì temporaneamente Ritchie Blackmore. L’incontro si trasformò in un’amicizia duratura. Anni dopo, quando Cross ottenne un enorme successo con il suo disco d’esordio Christopher Cross, invitò Johnson a partecipare come ospite sul brano Minstrel Gigolo. Per Johnson fu un’esperienza significativa suonare accanto a chitarristi di fama come Larry Carlton e Jay Graydon.
Il sostegno di Steve Morse
Un’altra figura chiave per Johnson fu Steve Morse, con cui si era incrociato durante il periodo con gli Electromagnets, quando Morse suonava con i Dixie Dregs. I due diventarono amici e collaborarono in varie occasioni. Johnson registrò con la band di Morse il brano Distant Star, che mostrava già i tratti del suo stile personale. Johnson riconosce a Morse un ruolo decisivo nell’avvio della sua carriera e nella sua crescita musicale.
Strumentazione di Eric Johnson negli anni ’70
Durante le session Johnson utilizzava principalmente chitarre Fender o Gibson, spesso abbinate a un amplificatore Fender Twin Reverb. Talvolta aggiungeva un overdrive valvolare e un Echoplex. Tra gli effetti più particolari che adottò vi fu il Mini-Boogie, predecessore del celebre Tube Driver. Il suo approccio rimaneva però essenziale: suono pulito o leggermente saturo, senza eccessi.
Le difficoltà del lavoro da turnista
Non tutte le session furono esperienze positive. Johnson ricorda di essere stato licenziato da una registrazione con un artista country, perché il pianista aveva riempito ogni spazio musicale e non restava margine per la chitarra. Anche con Donald Fagen, cantante e compositore degli Steely Dan, l’intesa non fu immediata: Fagen cercava un’idea precisa che Johnson non riuscì a cogliere al volo. Per il chitarrista furono occasioni di apprendimento su quanto fosse difficile essere rapidi e incisivi in quel contesto.
Dalle session all’esordio solista
Nel 1986 Eric Johnson pubblicò Tones, il suo primo album da solista. Questo lavoro arrivò poco prima dell’esplosione virtuosistica di Joe Satriani e Steve Vai. Johnson riconosce che la sua esperienza da turnista con artisti come Stevens, King e Cross gli insegnò a trattare la chitarra in modo compositivo, come se fosse parte integrante di una canzone e non soltanto uno strumento solista.
Eric Johnson e Cliffs of Dover: l’apice del successo
Il percorso intrapreso con Tones trovò il suo apice con Ah Via Musicom del 1990, che conteneva la celebre Cliffs of Dover. Johnson racconta di averla composta in pochi minuti, a differenza di altri brani che richiesero mesi di lavoro senza successo. Secondo lui, alcune canzoni sembrano già esistere nell’aria e l’artista deve solo saperle cogliere.
Il contributo delle esperienze da turnista fu fondamentale: osservare grandi autori e imparare a costruire parti musicali complesse insegnò a Johnson che il compito del chitarrista non è solo suonare, ma elevare la canzone nel suo insieme.
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