Prendere il posto di Eddie Van Halen non sarebbe facile per nessuno eppure quando Steve Vai ha avuto l’opportunità di suonare con David Lee Roth non ha deluso le aspettative. Questa è la storia di come un giovane Vai viene chiamato dall’ ex cantante dei Van Halen per creare un nuovo progetto. La giusta dose di sicurezza, talento e tecnica ha permesso a Steve Vai di non far sentire la mancanza di EVH.

Steve Vai, Eddie Van Halen © Giuseppe Ruocco

La telefonata che ha cambiato tutto

“Il giorno dopo, squilla il telefono, ed è David”. Così Steve Vai ricorda l’inizio di una delle avventure più difficili e straordinarie della sua carriera: accettare di diventare il chitarrista di David Lee Roth, subito dopo la sua uscita dai Van Halen.

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Per Vai non era una sfida contro Eddie Van Halen, ma un’opportunità vissuta con amore e libertà, senza l’intenzione di emulare o sminuire uno dei più grandi chitarristi di sempre.

Una sfida tra Roth e i Van Halen

Quando Roth lasciò i Van Halen, la sua missione era chiara: fare di più della sua vecchia band, cosa difficilissima, e rubare i riflettori al chitarrista che lo oscurava costantemente, cosa all’incirca impossibile. Mentre Eddie Van Halen e compagni si affidarono a Sammy Hagar, Roth volle un nuovo fenomeno della sei corde e puntò sul giovane Steve Vai.

La carriera solista di Roth non raggiunse mai davvero le vette dei Van Halen, ma per Vai, che era passato dall’essere trascrittore di Frank Zappa al suo “chitarrista stunt” e autore di un album solista, Flex-Able del 1984, quell’ingaggio fu un’occasione irripetibile.

La filosofia di Steve Vai con l’ex Van Halen

“È stato un bel periodo, eravamo giovani — io avevo 25, 26 anni — e indossavamo i vestiti più stravaganti. I palchi erano grandi come un campo da football, e suonavamo fino allo sfinimento”, ha raccontato Vai a Billy Corgan nel podcast The Magnificent Others.

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Ulteriori informazioni

All’epoca aveva già pubblicato sette album con Zappa, ma il suo stile eclettico non sembrava in linea con il rock da stadio di David Lee Roth. Steve Vai sapeva che l’esperienza sarebbe stata breve e voleva viverla fino in fondo e guadagnarci il più possibile.

Per lui suonare con Roth era quasi come recitare:

“Sapevo che era effimero, che era una moda, e mi trovavo in una posizione in cui potevo suonare al massimo e poi sarebbe finita. Poi sarei potuto tornare a fare musica strana.”

Roth però voleva dimostrare la sua forza, di poter competere con i Van Halen. Scelse infatti una band di altissimo livello: oltre a Vai c’era il bassista Billy Sheehan e il batterista Gregg Bissonette, che negli anni successivi avrebbe collaborato con Vai, Joe Satriani e Andy Summers.

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Steve Vai- Eddie Van Halen: nessuna competizione

Vai non vedeva se stesso in gara con Eddie Van Halen: “C’era l’idea straordinaria che dovessi in qualche modo tenermi al passo con Edward, il che è un’illusione, perché non puoi. Ma con ciò con cui potevo tenermi al passo era la mia stessa espansione. Io amavo Edward. Quando è arrivato sulla scena, l’ingresso del jack di tutti si è chiuso.”

Quando si diffuse la voce che Roth cercava un chitarrista, Vai era nel suo appartamento a Hollywood e aveva un certo presentimento:

“Appena sentii quella notizia, dissi al mio coinquilino: Questo è il mio ingaggio. Ma non con tono di sfida, era solo un’intuizione. Il giorno dopo, squilla il telefono, ed è David. Sapevo che potevo farcela perché avevo un fuoco rock and roll dentro di me. E sapevo che non avrei cercato di suonare come Edward o fare qualcosa come lui.”

Steve Vai dopo David Lee Roth

Il piano di Steve Vai di tornare presto alla sua musica più sperimentale non andò esattamente come previsto. Nel 1989 arrivò la chiamata degli Whitesnake e la sua carriera prese una nuova direzione. Tuttavia si allontanò dalla scena qualche anno dopo con la consapevolezza di non aver mai calpestato i piedi al suo eroe Eddie Van Halen.

Roth invece continuò a distinguersi per la capacità di scoprire chitarristi destinati a diventare superstar. Il suo successo più grande, Yankee Rose, fu il risultato del genio di Steve Vai.

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Giuseppe Ruocco