Ci sono artisti che colpiscono per la velocità, altri per la potenza, altri ancora per il genio melodico. Chris Rea appartiene a una categoria più rara: quella dei musicisti che hanno fatto del tempo, o meglio dell’attesa e dello spazio tra le note il cuore del proprio linguaggio. In oltre quarant’anni di carriera, Rea ha costruito un mondo sonoro immediatamente riconoscibile, fatto di blues, rock e soul, lasciando un segno profondo e silenzioso nella storia della chitarra moderna.

Una voce, un suono, un’identità
Nato a Middlesbrough nel 1951 e di origini italiane, Chris Rea ha sempre rappresentato un’anomalia nel panorama rock britannico. In un’epoca dominata dall’eccesso prog prima e dalla “maleducazione” punk poi, il suo approccio era esattamente l’opposto: intimo, misurato, profondamente emotivo. La sua voce ruvida, vissuta, sembrava provenire da un vecchio bar di periferia, mentre la chitarra parlava con poche note, scelte con cura.
Il suo stile chitarristico è diventato un marchio di fabbrica: slide guitar, suoni caldi e saturazioni leggere, fraseggi lenti che non cercano mai di impressionare, ma di raccontare. Rea non suona sui brani, li attraversa.
La chitarra come racconto
Dal punto di vista tecnico, Chris Rea è l’esempio perfetto di come la personalità, se autentica, conti più della complessità. La sua slide non è mai virtuosistica nel senso tradizionale, ma è incredibilmente espressiva. Ogni nota sembra avere un peso specifico, ogni bending un suo senso. È una chitarra che respira, che lascia spazio al silenzio, che non ha paura della semplicità.
Brani come The Road to Hell, On the Beach, Auberge o Texas sono lezioni di arrangiamento e gusto: linee di chitarra che diventano dipinti all’interno dei dipinti. Impossibile poi non citare Driving home for Christmas, forse il suo brano più noto che quanto mai prima riecheggerà in questo periodo natalizio.
Oltre il successo: coerenza e integrità artistica
L’attesa per Chris Rea non è stata solo una virtù chitarristica, il percorso verso il grande pubblico infatti non è stato rapido né lineare. Arrivato abbastanza tardi da fargli ipotizzare di abbandonare la carriera artistica più volte, il successo commerciale non l’ha snaturato. Anche nei momenti di maggiore esposizione mediatica, la sua musica ha sempre mantenuto una forte coerenza. Quando i problemi di salute lo hanno costretto a rallentare, Rea ha scelto di andare ancora più a fondo nelle sue radici blues, pubblicando lavori intensi, spesso lontani dai riflettori, ma artisticamente sinceri.
È probabilmente in questo senso che Chris Rea è divenuto un riferimento per la comunità dei chitarristi: non un guitar hero da imitare, ma un artista da comprendere.
L’eredità di Chris Rea
Oggi, parlare di Chris Rea significa parlare di autenticità. In un mondo musicale spesso ossessionato dalla velocità, dall’eccesso e dalla performance, la sua lezione resta più attuale che mai: il suono viene prima della tecnica, l’emozione prima della prestazione.
Chris Rea, come alcuni tra i più grandi della chitarra del ‘900, ha suonato credendo che una chitarra possa dire tutto anche parlando piano. E che, a volte, la nota più importante è quella che si sceglie di non suonare.
Contenuti Correlati
- Chris Rea: ci lascia il bluesman che ha insegnato ai chitarristi il valore dell’attesa - 22. Dicembre 2025
- Gianni Rojatti pubblica 9222: tre brani per ridefinire la chitarra rock strumentale - 22. Dicembre 2025
- Maybach Texonian T61 CS Special – Recensione e Prova - 22. Dicembre 2025




