Negli anni Sessanta la musica stava cambiando volto. La chitarra elettrica diventava il simbolo di una nuova libertà sonora, spinta da amplificatori più potenti e da chitarristi capaci di ridefinire il linguaggio del rock. Ma non tutti accolsero con entusiasmo la svolta più dura e distorta di fine decennio. Tra i più critici c’era George Harrison, che pur amando l’arte di chi aprì la strada al rock moderno, rimase fedele alle radici più pure del rhythm and blues e del rock and roll anni Cinquanta.

George Harrison dice la sua sul miglior assolo di sempre e sul chitarrista che ha cambiato il rock alla fine degli anni Sessanta
Buddy Holly, George Harrison, Eric Clapton – © Giuseppe Ruocco

Dalle origini del rock all’esplosione del suono

Prima dell’avvento di Jeff Beck, Jimmy Page e Jimi Hendrix, la chitarra rock parlava il linguaggio di musicisti come Keith Richards e George Harrison stesso. Entrambi provenivano dal rock delle origini ma guardavano al blues come a un nuovo territorio di espressione. Harrison, in particolare, si appassionò allo stile più misurato e melodico di Robbie Robertson e del suo amico Eric Clapton, preferendo un fraseggio pulito e ricco di sfumature rispetto alla potenza crescente del rock.

ANNUNCIO

Clapton e la nascita del suono potente

Per George Harrison, il punto di svolta arrivò con i Cream, il trio formato da Clapton dopo la sua esperienza con John Mayall’s Bluesbreakers. Lì, ispirato da Buddy Guy, Clapton portò il blues verso una dimensione nuova, più aggressiva e viscerale. «Per quanto riguarda l’ascolto, preferirei sentire qualcuno come Little Richard o Larry Williams. Non mi è mai piaciuta tutta quella roba della fine degli anni Sessanta dopo che i Cream si erano sciolti, tutte quelle Les Paul che urlano e distorcono.», ricordava Harrison.

Il suono che caratterizzava i Cream aprì la strada al hard rock e all’heavy metal. Lo stesso Clapton, a posteriori, riconobbe il ruolo pionieristico del gruppo: «Penso che fossimo una delle prime band heavy metal senza saperlo. Dopo che ci siamo sciolti, i Led Zeppelin hanno riempito il vuoto.»

L’arte della misura

George Harrison non nascose mai la sua preferenza per uno stile più sobrio e raffinato. «Mi piace la finezza, come Ry Cooder ed Eric Clapton. Eric è fantastico. Potrebbe spazzare via tutta quella gente dal palco se volesse, ma è più sottile di così.»
Per lui, la vera grandezza di un chitarrista non stava nella velocità o nella potenza, ma nella capacità di emozionare con pochi, perfetti tocchi: «Preferirei sentire tre note suonate davvero dolcemente piuttosto che un sacco di note da parte di qualche chitarrista le cui orecchie sono così rovinate che non riesce a sentire la differenza tra un bemolle e un diesis.»

George Harrison e Eric Clapton: tra musica e vita

Il legame tra George Harrison e Eric Clapton andò oltre la musica. I due si trovarono persino a contendersi l’amore di Pattie Boyd, allora moglie di Harrison. Da quella tormentata passione nacque Layla, il capolavoro di Derek and the Dominos incluso nell’album Layla & Other Assorted Love Songs. Un brano che, al di là delle controversie successive, resta una delle più intense dichiarazioni d’amore mai scritte in musica.

Il miglior assolo di sempre secondo George Harrison

Anche se in un’altra intervista George Harrison parlò di quello che secondo lui è il vero chitarrista che ha cambiato tutto, e che ha suonato il più grande assolo di sempre. Il suo nome è Buddy Holly e il brano è Peggy Sue. Harrison ricorda che lui è sempre pronto a suonare uno dei suoi assoli.

Stai visualizzando un contenuto segnaposto da Youtube. Per accedere al contenuto effettivo, clicca sul pulsante sottostante. Si prega di notare che in questo modo si condividono i dati con provider di terze parti.

Ulteriori informazioni

Contenuti correlati:

* Questo post contiene link affiliati e/o widget. Quando acquistate un prodotto tramite un nostro partner affiliato, riceviamo una piccola commissione che ci aiuta a sostenere il nostro lavoro. Non preoccupatevi, pagherete lo stesso prezzo. Grazie per il vostro sostegno!

Giuseppe Ruocco