A volte le canzoni che cambiano la storia della musica nascono nella più totale normalità. Così è stato per Bohemian Rhapsody, il brano che ha definito l’identità dei Queen e ridefinito i confini del rock. Eppure, per Brian May, al momento della sua creazione non sembrava nulla di straordinario. Era solo “un’altra di quelle cose” che la band amava sperimentare. Oggi, a mezzo secolo di distanza, quel brano resta un monumento alla genialità di Freddie Mercury e alla capacità dei Queen di fondere follia, tecnica e teatralità.

Brian May rivela che uno dei più grandi successi dei Queen non era nulla di speciale per la band: la vera storia di Bohemian Rhapsody

Bohemian Rhapsody “non ci sembrava niente di speciale”

In un’intervista a Classic Rock, Brian May ha raccontato come Bohemian Rhapsody non fosse inizialmente percepita come un capolavoro. “La gente ha difficoltà a capire quanto fosse poco sorprendente per noi,” ha spiegato. “Se guardate il primo album, c’è My Fairy King, che è molto complessa e va in tutte le direzioni.”

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May cita anche March of the Black Queen dall’album Queen II del 1974 come esempio di un brano “molto più complicato” della mock opera di Mercury. “Bohemian Rhapsody non è stata una sorpresa per noi,” continua. “Era solo: facciamo un’altra di queste cose.”

L’intuizione di Roy Thomas Baker

La differenza, secondo May, fu il contributo del produttore Roy Thomas Baker, che riuscì a portare la visione di Freddie Mercury “al livello successivo”. Baker ricordò in un’intervista a Sound on Sound del 1995 un episodio chiave: “Stavamo per uscire a cena, e Freddie mi disse: ‘Vieni a casa mia, voglio suonarti una cosa su cui sto lavorando.’ Si sedette al piano e, dopo un po’, disse: ‘Qui entra la sezione operistica.’ Ci mettemmo a ridere entrambi.”

Brian May rivela che uno dei più grandi successi dei Queen non era nulla di speciale per la band: la vera storia di Bohemian Rhapsody

Baker, che aveva collaborato con la D’Oyly Carte Opera Company alla Decca Records, fu tra i pochi a comprendere immediatamente l’idea di Mercury. “Sapevo esattamente cosa intendeva,” raccontò. Da lì, tutta la band si mise al lavoro, decisa a creare qualcosa di davvero unico. “Stavamo piantando la nostra bandiera: questa è la nostra essenza, è un po’ folle, ma c’è dentro tutto,” ricorda May.

Bohemian Rhapsody e la sfida per la chitarra

Composta interamente al pianoforte, Bohemian Rhapsody rappresentò una sfida inedita per Brian May e la sua Red Special. “È il riff più innaturale che si possa immaginare,” ha confessato a Total Guitar. “Non è un riff che un chitarrista suonerebbe naturalmente, ed è un’arma a doppio taglio. Ancora oggi non lo trovo facile! A casa lo suono bene, ma sul palco, nel climax del concerto, con l’adrenalina a mille, non è semplice.”

Oggi May paragona parte della magia del brano all’influenza dei Beatles, riconoscendo come l’audacia di Bohemian Rhapsody risieda proprio nella sua imprevedibilità.

Brian May non si ferma mai

Nonostante un recente problema di salute, un ictus che lo ha costretto a ridurre le tournée, il chitarrista non ha mai smesso di creare

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Nel 2024, Brian May ha presentato la sua prima chitarra signature, la Gibson SJ-200, decorata con un tributo a Freddie Mercury. Lo stesso anno ha sorpreso i fan esibendosi con Benson Boone al Coachella, e ha confermato che i Queen sono “molto interessati” a una possibile residenza al Las Vegas Sphere.

Cinquant’anni dopo, Bohemian Rhapsody continua a risuonare come un’ode alla libertà creativa. Un brano “un po’ folle”, sì, ma con tutto dentro, proprio come la band che lo ha reso immortale.

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Giuseppe Ruocco