Ci sono momenti nella vita di un musicista in cui il talento non basta più. Il corpo chiede compromessi, la storia personale impone nuove direzioni e anche chi ha scritto pagine fondamentali del rock deve fermarsi a riflettere. È da questo punto che prende forma una nuova fase per Steve Morse, un percorso che guarda al passato solo per trovare la forza di reinventarsi, grazie anche all’aiuto di Eric Clapton.

Una carriera costruita sul lavoro silenzioso
Chitarrista più longevo dei Deep Purple, Steve Morse si è sempre distinto per un approccio lontano dai riflettori e vicino alla dedizione assoluta allo strumento. Una reputazione tale da guadagnarsi l’ammirazione persino di Ritche Blackmore, che nel 2010 dichiarò alla rivista Guitar di non avere nulla di negativo da dire sul suo brillante successore.
La sua influenza è evidente anche nelle generazioni successive. Brani come The Bash dei Dixie Dregs hanno lasciato un segno profondo su chitarristi virtuosi come John Petrucci, che nel 2022 raccontò su Guitar Player di essere rimasto incredulo davanti alla velocità e alla precisione del suo picking.
Un nuovo orizzonte ispirato a Slowhand
Oggi, a 71 anni, Morse sente che è arrivato il momento di cambiare. In una recente intervista al programma Boomerocity, ripresa da Ultimate Guitar, ha spiegato di aver accettato una verità inevitabile: non può più suonare come quando aveva 40 anni.
Steve Morse vuole ancora suonare, vuole ancora scrivere musica, ma ha capito di dover cambiare approccio. In questa ricerca entra in gioco Eric Clapton e la sua trasformazione artistica incarnata dal soprannome Slowhand.
La lezione di Eric Clapton
Nel 1977 Eric Clapton pubblicò l’album Slowhand, segnando una svolta decisiva. Meno aggressività, più attenzione alla melodia, al fraseggio e al peso di ogni nota. Un modello che oggi appare sorprendentemente adatto anche alla fase in cui si trova Steve Morse.
Ripensando a un concerto visto dal vivo, Steve Morse ha ricordato Eric Clapton sul palco insieme a Albert Lee, suo amico e artista legato al marchio Ernie Ball. In quel contesto, Lee si occupava degli assoli più vistosi mentre Clapton si concentrava su un blues maturo e misurato. Un equilibrio che Morse sente sempre più vicino alla propria sensibilità attuale.

Tecnica, dolore e adattamento
Negli ultimi anni Morse ha dovuto fare i conti con l’artrite, modificando progressivamente il suo stile. Circa dieci anni fa aveva già cambiato la posizione del plettro, arrivando a utilizzare tre diversi modi di impugnarlo per adattarsi al livello di dolore. Aveva persino progettato un sistema di muting personale per continuare a suonare con efficacia.
Oggi però ammette di aver spinto quelle soluzioni al limite. Serve qualcosa di nuovo, un ulteriore passo avanti per rendere la musica sostenibile nel tempo.
Perdite personali e voglia di andare avanti
Alla fatica fisica si sono aggiunte prove profonde. La perdita della moglie e l’addio alla band che lo ha accompagnato per 28 anni rendono questa fase una delle più complesse della sua vita. Ricominciare con una tecnica diversa, in un contesto completamente nuovo, è una sfida enorme. Ma è una sfida che Morse non intende evitare.
Il presente e ciò che verrà
Nonostante tutto, la creatività non si è fermata. La Steve Morse Band ha pubblicato di recente l’album Triangulation, confermando la volontà di guardare avanti.
La storia di Steve Morse oggi non parla di resa, ma di trasformazione. È il racconto di un musicista che accetta i limiti, li studia e prova a trasformarli in nuove possibilità sonore. Una lezione che va oltre la chitarra e riguarda il modo di affrontare ogni nuovo inizio.
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