L’ingegnere del suono Ross Hogarth, vincitore di cinque Grammy, ha lavorato con artisti come Edgar Winter, Def Leppard, Mötley Crüe, Dweezil Zappa e John Fogerty. Ma una delle collaborazioni più significative della sua carriera è stata con Eddie Van Halen, durante la produzione dell’ultimo album dei Van Halen, A Different Kind of Truth, uscito nel 2012.

In una recente  intervista l'ingegnere del suono dei Van Halen racconta come è stato lavorare con Eddie e svela alcuni loro trucchi
Eddie Van Halen – © Abby Gillardi Link CC BY 2.0

In una recente intervista, Ross Hogarth ha svelato i motivi per cui Eddie Van Halen non amava doppiare le chitarre in studio e come ha adattato il suo approccio per lavorare al fianco del leggendario chitarrista.

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Eddie Van Halen un suono impossibile da replicare

La maggior parte della discografia dei Van Halen non presenta chitarre doppiate. Abbiamo quasi sempre una sola parte di chitarra accompagnamento. Questa parte era resa “stereo” o grazie al riverbero “pannato” o grazie all’uso di due microfoni in fase di registrazione.
Perché le parti chitarra non venivano doppiate?

Quando i chitarristi sanno di dover doppiare una parte  in studio tendono a semplificarla per dover imparare ogni dettaglio o variazione. Quando doppi una parte di chitarra devi essere perfetto altrimenti si sentiranno tutte le imprecisioni. 

Eddie Van Halen era sicuramente in grado di replicare se stesso. Ma il suo playing era fatto dell’emozione del momento, di improvvisazione e questo rendeva la sua parte quasi imprevedibile. Ecco perché le sue parti di chitarra non erano doppiate, ma rese stereo grazie a queste tecniche.

Ecco cosa dice Hogarth: “Avrebbe suonato la parte con tutte queste sfumature e strilli. Da solo, era perfetto.” 

Entrare nel mondo di Eddie

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Eddie è sempre stato l’ingegnere di se stesso. Ross Hogarth stesso dice che aveva un grande  talento e istinto nel cercare e trovare il suono che aveva in mente. Quando Hogarth fu chiamato a lavorare con Van Halen, sapeva bene come approcciarsi.

“Non entri su un disco dei Van Halen e dici a Eddie come farlo. Entri nel suo mondo e vedi cosa sta facendo.”

Eddie usava una sola cassa microfonata con due Shure SM57, che posizionava leggermente sfalsati nel tempo per creare un effetto stereo naturale, senza affidarsi a un bounce analogico sinistra-destra. Non utilizzava microfoni a nastro, e ogni sua scelta era frutto di esperienza e intuito.

Nuove idee e vecchi amplificatori

Hogarth sapeva che Eddie usava uno splitter per dividere il segnale tra più testate, che usava spesso dal vivo. Gli propose quindi di usarlo in studio e Eddie accettò con entusiasmo.

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La registrazione avveniva nello studio personale di Eddie, il  5150, dove tutta l’attrezzatura era a disposizione per loro. Praticamente il paese dei balocchi. Iniziarono quindi a sperimentare con due testate e due casse, microfonate con gli SM57. Il risultato? Uno stereo naturale, grazie al fatto che i coni degli speaker non si muovono perfettamente in sincrono. 

Poi l’ingegnere chiese a Eddie di rispolverare il suo leggendario Marshall 1959 Super Lead del 1967/68, utilizzato nei primi sei album della band. Iniziarono a divertirsi miscelando vecchi ampli e approcci nuovi.

Il microfono giusto al momento giusto

Eddie cercava un suono più corposo sulle basse frequenze, che gli SM57 non riuscivano a fornire. Hogarth gli propose di provare un nuovo microfono a nastro valvolare che stava sviluppando insieme a Royer. Sarebbe diventato il futuro R-122V. Questo microfono offriva non solo dettagli precisi ma anche un’estensione naturale delle basse frequenze.

“Ed, che Dio lo abbia in gloria, era un ingegnere incredibile di suo,” ricorda Hogarth. “Lo guardavo mentre ascoltava i playback, alzava e abbassava i Royer, e iniziava davvero a gasarsi.” Il microfono portava anche un nuovo tipo di medie frequenze, che facevano parlare davvero la chitarra. Dopo pochi minuti, Eddie esclamò: “Fuck yeah!”

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Fare spazio a Wolfgang

Con Michael Anthony fuori dalla band e Wolfgang Van Halen al basso, il sound della sezione ritmica cambiò radicalmente. Wolfgang portava un suono più ruvido, ispirato al rock alternativo degli anni ’90 e 2000. Eddie voleva creare spazio per quel nuovo timbro.

Per farlo, Hogarth allargò leggermente il campo stereo delle chitarre usando un time adjuster, un dispositivo che permette di manipolare il timing dei segnali audio. Questo permise alle chitarre e al basso di convivere meglio nel mix, senza sovrapporsi.

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Un’eredità indelebile

A Different Kind of Truth fu l’ultimo album registrato da Eddie Van Halen, che è scomparso otto anni dopo. L’album ha raggiunto il primo posto in varie classifiche e ha venduto 40.000 copie in tutto il mondo.

Dietro le quinte, fu anche un momento di grande intesa, sia  tecnica che artistica, tra un chitarrista leggendario e un ingegnere capace di capire quando proporre qualcosa di nuovo, e quando lasciar fare al genio.

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Giuseppe Ruocco