Il tema del compenso è una questione centrale e molto spesso rappresenta anche un problema per la figura del musicista da un lato e per gli organizzatori di eventi e i clienti dall’altro. Le trattative sui cachet per i servizi musicali sono spesso viste da prospettive completamente diverse da entrambe le parti, per cui non è facile stabilire tesi universalmente valide e scambiarsi le giuste argomentazioni, ma perché?

Spesso, nel fare musica/insegnare musica, il gruppo dei dilettanti si mescola a quello dei professionisti come in quasi nessun altro settore. Per quanto riguarda la terminologia, va detto che un dilettante è una persona che non deve guadagnarsi da vivere con la sua attività musicale, mentre questo è il caso di un musicista professionista. In principio va sottolineato come ad esempio, chi si interessa intensamente di chirurgia cerebrale difficilmente avrà l’opportunità di mettere in pratica le proprie conoscenze, nonostante la passione e lo studio intensivo dei libri. Diverso è il discorso per i musicisti, che sono liberi di assecondare la loro passione in qualsiasi momento, con o senza laurea e diploma, e naturalmente anche di guadagnarci, e questo è un bene in un Paese libero.

I dilettanti, che nella maggior parte dei casi svolgono altri lavori, possono spesso praticare prezzi diversi da quelli di un musicista professionista, che deve pagare le tasse su questo reddito, spesso versare il fondo di previdenza sociale degli artisti e deve guadagnarsi da vivere con esso. E il fatto che i musicisti professionisti suonino i loro strumenti a un livello completamente diverso da quello dei dilettanti non è generalmente vero. La carriera di un appassionato musicista dilettante spesso si differenzia solo in minima parte da quella di un professionista in erba fino alla fine del percorso scolastico, ed è durante questo periodo che si formano le qualità comunemente sussunte sotto il termine vago di “talento”.

Quindi sono solo i pochi anni di studi musicali e/o la maggiore esperienza a fare la differenza tra un professionista e un ambizioso musicista per hobby. In effetti, devo ammettere che conosco molti dilettanti eccezionali e diversi professionisti eccellenti che non hanno mai visto l’interno di un conservatorio, ma d’altra parte ci sono anche alcuni musicisti che hanno studiato e che mi fanno accapponare la pelle.
La categorizzazione è quindi molto complicata, anche se i musicisti con una solida formazione ed esperienza hanno sicuramente le qualifiche e le competenze più elevate in una media statistica.

L’attività didattica

Sebbene l’insegnamento sia spesso una componente essenziale del reddito, le buone capacità strumentali/vocali sono una prova necessaria ma non necessariamente sufficiente della qualità di un insegnante. Per questo motivo, mi è difficile consigliare in maniera generica ed esplicita di frequentare le scuole di musica pubbliche solo perché spesso viene richiesto un diploma/bachelor/master come criterio di assunzione, e d’altra parte parlare categoricamente contro gli insegnanti di musica/le scuole di musica private. Il solo titolo di studio, o la sua mancanza, purtroppo non dice nulla sulla qualità pedagogica dell’insegnante e talvolta nemmeno sulla qualità del musicista.


Anche in questo caso, però, ci imbattiamo subito nel problema successivo: i consumatori o i genitori degli studenti spesso non sono in grado di valutare la differenza qualitativa tra i diversi fornitori. Anche se questo non ha un ruolo centrale, finché l’atmosfera è giusta, molte cose possono andare storte, soprattutto quando si insegna ai principianti, se le fondamenta sono costruite sulla sabbia. Se nelle lezioni della scuola pubblica si esige ancora un certo livello di qualità e nulla è lasciato al caso, le lezioni strumentali o vocali sono viste come un lusso che non è soggetto a un rigido “controllo”. Spesso i genitori non hanno altra scelta che affidarsi al fatto che la scuola di musica offre già un personale adeguato.
Il mio consiglio ai genitori è di partecipare alle sessioni di prova o alle lezioni aperte, di chiedere di vedere i diplomi e di parlare con loro personalmente!

La politica dei prezzi

© Valentin Behringer

Per quanto riguarda la politica dei prezzi, si potrebbe sostenere che sarà il mercato a risolverla, ma la realtà è che i musicisti professionisti si trovano spesso a lottare contro una spirale di prezzi al ribasso e ad affrontare la concorrenza dei musicisti amatoriali.
Non è raro vedere annunci del tipo: “Offro lezioni di chitarra a 15 euro l’ora!”. Va da sé che i musicisti professionisti non possono lavorare per una simile tariffa oraria e che i genitori spesso non hanno le competenze necessarie per distinguere le qualità dei diversi insegnanti sul mercato.
Tragicamente, la situazione non è molto migliore per quanto riguarda il pagamento delle scuole di musica statali, sia nell’ambito di un contratto di servizio che di una posizione permanente, ma anche per quanto riguarda gli incarichi di insegnamento. 

Questo è il compenso che si dovrebbe percepire come musicista insegnante

Gli insegnanti di musica possono insegnare nelle scuole secondarie di I grado, nelle scuole secondarie di II grado e nei conservatori. Il loro stipendio è  regolato dal CCNL relativo al comparto istruzione e ricerca, che comprende le istituzioni scolastiche ed educative, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, le università e le aziende ospedaliere-universitarie, le istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione.
L’importo dello stipendio varia in base all’anzianità di servizio e va dai 20.897,20€ lordi annui fino ai 31.492,42€ per un docente scuola secondaria di I grado.  Mentre per gli insegnanti al conservatorio gli importi possono raggiungere, stando alle tabelle, i 40.953,83€ lordi annui.
Mentre per gli insegnanti nel settore pubblico è più semplice offrire dei dati precisi sulle retribuzioni, nel settore privato è molto più complesso.

Quanto guadagna oggi un insegnante di musica?

Non è facile stabilire con precisione quanto guadagna oggi un insegnante privato di musica: ma secondo quanto raccolto grazie al sondaggio dell’Incorporated Society of Musicians negli ultimi anni gli insegnanti di musica privata hanno stabilito tariffe che oscillano solitamente dai 20€ ai 40€ l’ora.
Certamente non è raro che un insegnante di musica abbia difficoltà a praticare tali prezzi, e molti studenti di musica potrebbero abbandonare la scuola con tali tariffe orarie. D’altra parte, è però necessario un numero molto inferiore di studenti per raggiungere il proprio carico di lavoro mensile, la qualità dell’insegnamento aumenta e i nervi dell’insegnante diventano più resistenti, tutti fattori che vanno a vantaggio sia dell’insegnante che dello studente.
Una giornata di insegnamento che si estende dalle 13:30 alle 20:00 per cinque volte alla settimana può portare problemi sulla qualità dell’insegnamento, eppure conosco musicisti che devono fare proprio questo!

Il mio consiglio personale, a prescindere dalle raccomandazioni della scala salariale di cui sopra, è: prendere uno stipendio mensile lordo con cui vi sentite a vostro agio, ipotizzate un numero di ore settimanali pari a 26-28 e un numero annuale di settimane di insegnamento pari a 36, e poi suddividete questa cifra in base alla singola ora.

Il fatto che né lo Stato né gran parte della società siano disposti a dare così poco riconoscimento e retribuzione per un lavoro che è estremamente importante per la crescita della società è una triste testimonianza dei nostri tempi. E non deve sorprendere che in queste circostanze la mentalità dello sconto, che talvolta si è costretti ad adottare in prima persona, non si fermi alle professioni educative.

Il giusto compenso per un musicista: un grosso dilemma

Quando ci si esibisce, è sempre importante distinguere tra attività di puro servizio, un proprio progetto che si vuole promuovere o suonare come “sideman” in una band dal vivo per determinati artisti.

In base a cosa definire il cachet

Per i servizi musicali, che si tratti di cerimonie nuziali, vernissage, live music nei pub o feste da ballo, si raccomanda di calibrare il proprio cachet in base a:

  • Esperienza e competenze dei musicisti all’opera,
  • Tempo investito nella serata,
  • Spese di viaggio ed eventuali pernottamenti.

Ovviamente bisogna allo stesso tempo cercare di offrire un prezzo competitivo al mercato, senza però mai “svendere” le proprie prestazioni ed il proprio impegno. Ricordate di dare sempre il giusto valore alla vostra arte.

Personalmente, tuttavia, ritengo che sia consuetudine, e buona abitudine, del settore non suonare musica per meno di 80€ all’ora (netti), ovvero non offrire un evento di cinque ore al di sotto dei 400€ per musicista.

Un compenso per un musicista sotto i 400€ per cinque ore non ne vale la pena

Assicuratevi che il contratto indichi l’inizio e la fine della rappresentazione, cioè ad esempio dalle 20.00 alle 24.00, e non l’orario effettivo del programma! Non è raro che ai matrimoni e ad altri eventi ci siano degli intermezzi che interrompono l’esibizione, il che va bene, ma non prolunga il tempo di esecuzione. Siete presenti e pronti a svolgere le mansioni concordate.

Se l’organizzatore vuole riempire il tempo con altre attività, deve ovviamente pagare per questo. I prolungamenti possono essere pagati con una tariffa oraria superiore a quella standard, così come i viaggi più lunghi, gli orari anticipati del soundcheck e le spese di viaggio.
Se offrite spesso prestazioni di questo tipo, fareste bene a redigere un contratto “a prova di bomba” per evitare qualsiasi disaccordo e successive disavventure.

Compenso musicista
Fotolia, erika8213

Naturalmente, anche come musicista, il compenso aumenta lentamente

Lo stesso vale per il progetto del proprio gruppo. L’inizio è un lavoro di investimento e si possono rovinare occasioni preziose se si vanno a negoziare i compensi con gli stessi prezzi che si potrebbero chiedere ad un gala o dopo dieci anni di esperienza. 
Per quanto riguarda gli spettacoli musicali, spesso dipende molto da chi è il promotore (ad esempio un teatro privato o comunale) e se si ha un posto fisso nell’orchestra. In questo caso, sono possibili prezzi compresi tra 120€ e 250€, in cui le prove e i costi di viaggio sono remunerati separatamente come rimborsi spesa. Alla fine, è spesso il “prezzo del pacchetto” a rendere il lavoro così attraente, perché i musical di solito hanno una durata maggiore e, una volta ben provati, richiedono relativamente poco tempo, circa tre ore compreso l’intervallo.
Anche in questo genere, recentemente mi è stata fatta un’offerta per mettere in scena un musical per 67,50€ a spettacolo e senza spese di viaggio in un locale. In quanto musicista, una cosa del genere andrebbe ovviamente boicottata con tutte le forze, e mi dispiace ancora per la persona che mi ha telefonato la quale ha ricevuto un forte e deciso rifiuto.
In generale, si dovrebbe chiedere un compenso da musicista adeguato per le attività artistiche finanziate dalle finanze pubbliche (Stato, Provincia, Comune). I budget per la cultura troppo esigui non diventano più grandi se ci si fa abbindolare in modo troppo economico, e questo è il segnale che si dovrebbe lanciare, se ce lo si può permettere.

“… e la morale della storia…”.

La mia conclusione è che nella maggior parte delle attività musicali che non sono di natura di servizio, si deve sempre valutare individualmente se e a quale tariffa accettare un’offerta. Motivi del tutto legittimi sono, ad esempio, il fatto che si possa imparare molto, che i musicisti siano così bravi, che ci piacciono le canzoni, che si vada in giro, ecc.
Per questi motivi, è anche difficile dare delle linee guida generiche sui prezzi e bisogna sempre tenere aperte le opzioni per prendere decisioni individuali che si possano giustificare anche con se stessi!

Tuttavia, penso che il musicista professionista e non dovrebbe chiedere un certo prezzo minimo, sia per le lezioni che per suonare nell’ambito di un’attività di servizio – non stiamo parlando del proprio progetto bandistico, che si vuole far progredire e promuovere.

Sono consapevole del problema che non tutti sono nella posizione di poter rifiutare le offerte, per quanto scandalose possano essere. Chi può, tuttavia, dovrebbe farlo per rispetto a se stesso e alla propria gilda. L’arte è soggetta a un costante dumping dei prezzi e i cambiamenti potranno avvenire solo se tutti i musicisti si uniranno. Sicuramente però, il musicista che suona per un compenso troppo basso o gratuitamente mina le prestazioni e la situazione esistenziale di tutti i musicisti e non contribuisce a rendere più attraente la professione. 

Gianmarco Gargiulo