Dave Matthews e Tim Reynolds condividono un’infanzia difficile, vissuta sempre con la valigia in mano per seguire le evoluzioni della carriera dei genitori. Entrambi trovano conforto nella musica, un importante punto fermo nella loro oscillante esistenza. Il destino li fa incontrare a Charlottesville, in Virginia: si sentono subito fratelli inseparabili, pronti a dare una nuova veste al rock in piena epoca grunge e post punk. E se, durante gli anni, la Dave Matthews Band diverrà la trama principale del proprio percorso, è tuttavia un progetto parallelo, intimamente acustico, a legarli indissolubilmente fino ai giorni nostri. Grazie alla serie Crossroads andiamo a rivivere le fasi più importanti dei loro incroci, nei quali la chitarra assurge sempre al ruolo di primadonna.

La Musica come rifugio
Sogni di rock and roll
Agli inizi degli anni Novanta, a Charlottesville si forma la Dave Matthews Band, un collettivo musicale con un sound unico, di chiaro stampo rock, con influenze funk, jazz, folk e soul che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento. Nato come gruppo atipico, con basso, batteria, sassofono, violino e chitarra acustica, nel corso degli anni si avvale anche di un gigante della sei corde elettrica, Tim Reynolds. Tuttavia, come progetto a se stante, sin dagli esordi della formazione, il leader Dave Matthews e il funambolico virtuoso nato a Wiesbaden si esibiscono live in duetto, rigorosamente acustico, immergendosi in un potente flusso di improvvisazione e creatività, offrendo agli ascoltatori un’esperienza unica e coinvolgente.
Tu chiamale se vuoi…intuizioni. La storia di Tim e Dave
È inevitabile nella vita di ogni persona: ci sono frangenti in cui ci si gioca tutto, occasioni imperdibili per progettare il futuro. Fasi in cui, consapevolmente e realisticamente, è necessario possedere contezza della situazione reale del momento e, ovviamente, degli errori del passato. Ma soprattutto, come insegnano le antiche sapienze, occorre una chiara consapevolezza dell’approdo: “Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” diceva Seneca tanto tempo fa. Dave Matthews il vento favorevole e la direzione li riceve proprio da Tim Reynolds.
Si incontrano per la prima volta nel 1987 a Charlottesville, in Virginia. Dave, vent’anni appena compiuti, si trasferisce lì dopo un girovagare tumultuoso che è un po’ stato la stessa sorte di Tim, a un passo invece dai trenta e ormai da un lustro in quella città. Il primo, artista, attore e “poeta” in attesa di sbarcare il lunario, lavora come barista al Miller’s, lo storico locale ove l’altro, già avviato nello showbiz, si esibisce con il suo gruppo, i TR3.
Reynolds prova subito una grande attrazione per Matthews, un ragazzo colto e curioso illuminato dalla musica; quando questi gli chiede di entrare nel suo trio, intuendo con lungimiranza le sue doti da interprete e songwriter, lo sprona a formare una propria band, consigliandogli pure alcuni nomi.
And the rest is history, come si suol dire: il ragazzo nato a Johannesburg si unisce ad alcuni grandi virtuosi del luogo, LeRoi Moore, Boyd Tinsley e Carter Beauford, e con il nome Dave Matthews Band nasce uno dei sodalizi più stupefacenti e duraturi della storia. Lo stesso Tim, dopo una serie di redditizie collaborazioni, vi entrerà definitivamente in pianta stabile.
Fin dall’inizio, però, è sbocciato qualcosa di speciale tra lui e Dave. Un’amicizia, una fraternità artistica e un’incredibile affinità sonora li rende inseparabili e l’idea di esibirsi in duo sul palco diventa subito realtà.
Live at Luther College: un capolavoro “unplugged”
Nel 1993, il 22 aprile, giorno dell’Earth Day (tema da sempre tanto caro a Matthews) si tiene uno dei primi concerti in duetto al Prism Coffeehouse, un’altra leggendaria location con 140 posti a sedere in quel di Charlottesville. La scaletta prevede ventitré brani con canzoni tratte da Remember Two Things e diversi pezzi che avrebbero poi debuttato in Under the Table and Dreaming e Crash. Tra i più significativi brillano Granny, uno dei maggiormente amati dalla fanbase, e l’accoppiata So Much to Say/Angel From Montgomery, con l’eccellente lavoro alla slide di Tim.
Scorrono gli anni, tuttavia questo progetto parallelo prosegue senza sosta, con un affiatamento talmente elevato da concretizzarsi in un tour completo e nella pubblicazione nel 1999 di un disco doppio, Live at Luther College.
Registrato tre anni prima, il 6 febbraio a Decorah, nello Iowa, l’album contiene perle quali Typical Situation, Warehouse, Seek Up e la giocosa e pirotecnica Stream, che evidenzia il genio compositivo e il virtuosismo di Tim.
Non mancano inediti e rarità tra cui What Will Become of Me?, un abbozzo sul finale di Jimi Thing che viene in seguito ribattezzato Pantala Naga Pampa per essere utilizzato come intro di Rapunzel in Before These Crowded Streets.
Il successo della formula e l’incredibile empatia, complice anche l’atmosfera più rilassata rispetto ai mastodontici tour della DMB, convincono i due artisti a continuare su tale strada. Le loro esibizioni giungono fino ai giorni nostri, con i picchi del Live at Radio City (2007) e della tournée europea del 2017, ma risulta davvero difficile trovare gli highlights di un percorso musicale costantemente in evoluzione, arricchito da una moltitudine di sorprese in scaletta e da arrangiamenti sempre indovinati, studiati ad hoc per dare un vestito nuovo alle canzoni, spogliate da sezione ritmica e fiati.
Mai adagiarsi sugli allori. Professione: stupire!
Così, se la prima opera dal vivo (pubblicata) non si scorda mai, lo show alla Radio Music City Hall di NYC è stupefacente per vedere e capire quanto sia stato fruttuoso il percorso artistico dei due, che hanno saputo reinventare e riarrangiare pezzi in repertorio da tempo come Two Step e inserire brani più recenti, cover e chicche inaspettate regalando una girandola di emozioni nell’intimità di un concerto unplugged.
Da ricordare anche il Live in Las Vegas (2010), che aggiunge in setlist alcune tracce dell’allora recente Big Whiskey and the Groogrux King, ricevendo pure una nomination per il pezzo di Reynolds Kundalini Bonfire, e, infine, per la serie Live Trax, il Vol. 49, con la coppia al top della forma, nel 2019, in uno dei palcoscenici più amati, il Marvin Sands Performing Arts Center di Canandaigua (NY).
Facendo una rapida carrellata delle chitarre utilizzate durante questo particolare progetto, non possono mancare di essere citate le Martin, con due D-35, del ’96 e del ’93 per Tim, e la HD-28 per Dave (in una manciata di canzoni compare una D12-28 a 12 corde). Inoltre, nel mitico Live at Luther College Matthews usa uno dei suoi primi e mai scordati amori, la Lakewood M-32. In generale, non viene architettata alcuna accordatura particolare, nessun capotasto o altri aggeggi speciali, tranne la slide di Reynolds. Tutto capita in modo molto naturale, con semplicità, basta solo la magia delle dita che sapientemente scorrono sul manico della chitarra. Unici.
Acustici, o non acustici, questo è il dilemma…
È sicuramente interessante notare alcuni momenti particolari del sodalizio Matthews/Reynolds.
Dopo l’uscita del suo lavoro solista, Some Devil (2003), Dave riunisce molti dei collaboratori dell’album per intraprendere un piccolo tour negli Stati Uniti. Il gruppo, denominato Dave Matthews & Friends, annovera gente del calibro di Trey Anastasio, Brady Blade, Tony Hall, Ray Paczkowski e aggiunge, alla chitarra elettrica, proprio Tim. La curiosità è che ogni spettacolo si apre con un breve set acustico di Matthews e Reynolds.
Questa ibridazione tocca i massimi livelli nel 2014 con A Very Special Evening with Dave Matthews Band, un ciclo di concerti divisi in due parti, l’acoustic e l’electric, a dimostrare l’incredibile eclettismo della formazione. Essenziali e intimi per poi scatenarsi a tutto volume.
Messico e…Neil Young
Elencare altre situazioni speciali vissute del duo Dave/Tim serve a palesare sempre più un’incredibile e infinita storia di amicizia, con la musica (e le chitarre) come collante, sia all’interno della “famiglia” DMB, sia nei loro acoustic show, una tradizione, un complemento alle altre attività che raggiunge i livelli più alti nelle ormai classiche date in Messico tra gennaio e febbraio sulla costa caraibica.
Nel 2026 (21-1/24/1) si terrà la nona edizione dell’evento annuale Dave Matthews & Tim Reynolds Riviera Maya, un appuntamento imperdibile con la loro musica che riunisce i fan di tutto il mondo, ammaliati dalla meravigliosa atmosfera del luogo, sotto le stelle in una cornice unica fronte oceano.
E se avvenimenti particolari quali il sostegno alla candidatura alla presidenza di Barack Obama, lo spettacolo di Seattle Seeds of Compassion e il Kokua Festival di Jack Johnson alle Hawaii sono risultate occasioni opportune per salire su un palcoscenico, un discorso a parte meritano l’inclusione di Where Are You Going (da una data a Copenhagen) nell’album Songs for Tibet (2008), a supporto del Dalai Lama Tenzin Gyatso e dei diritti umani, e il rapporto speciale con Neil Young.
Oltre alle comparsate per sostenere Farm Aid (2009, 2015 e 2018), il duo si lancia per il Bridge School Benefit del 2011 in una fragorosa versione di Oh Susannah, insieme al padrone di casa. Lo Shoreline Amphitheatre di Mountain View, in California, diventa una bolgia, esaltato dalle tre chitarre acustiche indemoniate.
Una storia davvero importante quella tra Dave e Tim, artisti visionari e costruttori di ponti tra i diversi generi musicali, sempre attenti al rispetto di Madre Natura, innamorati di tutto quanto possa rendere migliore il mondo. E a proposito di mondo, è ora il momento di inoltrarci in quello molto particolare di Matthews, un personaggio carico di storie da raccontare.

Poesia e melodia. Dave Matthews: ritratto di uno dei più grandi songwriter dei nostri tempi
La forza della musica
Figlio di un fisico di fama internazionale, Dave Matthews in gioventù oscilla tra gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Sudafrica, luogo nel quale è nato (Johannesburg, 9 gennaio 1967).
La precoce morte del padre e le vergognose violenze perpetrate dal regime dell’Apartheid sono certamente un trauma, ma non abbattono il giovane, anzi, ne forgiano il carattere. Trova conforto nella musica classica, nel fragore dei Sex Pistols e la psichedelia dei Pink Floyd, si innamora delle sonorità africane, dei vocalizzi di Youssou N’Dour. Quando si trasferisce a Charlottesville, in Virginia, lavora come barman e si diletta come attore di teatro, mostrando una spiccata capacità recitativa. Tuttavia è la musica a ribollire dentro il suo animo come un fuoco.
Un piccolo principe dal tocco divino
Matthews ha una voce a metà strada tra Sting, Eddie Vedder e Peter Gabriel, ma con un’estensione e un registro particolari, suona l’acustica (su cui compone anche gran parte del materiale) con uno stile fuori dal comune, spesso utilizzando progressioni di accordi completamente slegati dalla melodia del canto; difficilmente si cimenta in un assolo, ma le sue ritmiche a tratti sincopate sono immanenti all’interno di ogni brano. Quando, su consiglio di Reynolds, medita di formare una band e poi si unisce a Beauford (batteria), Moore (sassofono) ai quali si aggiungono Boyd Tinsley (violino) e Stefan Lessard (basso), i giochi sono fatti. Il leader trova il suo supergruppo.
Ogni membro della formazione (inizialmente ve ne era un sesto, Peter Griesar alle tastiere, che abbandona prima del grande successo) partecipa attivamente all’arrangiamento delle canzoni, di cui Matthews è il fulcro, e in breve tempo il passaparola in ambienti universitari, ove la band spesso suona, e le indubbie qualità artistiche fanno da volano al successo che da Charlottesville si diffonde in tutto il Paese.
Il sogno diventa realtà
Nel 1994, quando viene pubblicato il pluripremiato Under the Table and Dreaming, la Dave Matthews Band è già consolidata per line-up e percorso artistico intrapreso. Dopo il debutto Remember Two Things e l’EP Recently arriva la firma per la RCA Records, un poderoso salto in lungo verso la notorietà, e la produzione affidata al leggendario Steve Lillywhite rappresenta altrettanto un ulteriore balzo in avanti in quel senso.
Il disco vede la luce appena al termine di una tragedia che si ripercuote nei testi e nella scelta degli arrangiamenti: Anne, la sorella maggiore di Dave, viene uccisa in Sudafrica dal marito, che poi si suicida. Rifugiarsi in studio a comporre e registrare brani sarà la terapia al dolore straziante. Alle sessioni si aggrega Tim Reynolds, e la decisione di fargli suonare le stesse parti di chitarra, che verranno poi raddoppiate, in modo di avere la sensazione di ascoltarne quattro, contribuisce a delineare un sound stratificato, carico di pathos e dall’atmosfera struggente, con le dodici tracce che si snodano autorevolmente tra motivi up e midtempo, senza dimenticare la poesia e la dolcezza di alcune ballate.
Nell’album è presente uno dei leit motiv della filosofia spicciola di Matthews: godere delle piccole cose nella vita, perché un giorno ci si renderà conto che erano quelle più importanti, come quando, da bambini, ci si rifugiava “sotto il tavolo per sognare”, riprendendo il titolo dell’opera, e si giocava gioiosi sentendosi protetti.
Ants Marching è un brano celebre e indelebile, con quel tonitruante inizio a colpi di batteria, quel riff di violino doppiato dal sassofono, prima del frastagliato arrivo di basso e chitarra acustica, subito addolcito da un sax delicato, che per qualche secondo si stacca dal fraseggio principale e poi riprende il cammino congiunto. Fa immaginare davvero un’ipotetica marcia delle formiche e al suo interno compare la frase “under the table and dreaming”, con un invito a cancellare la monotonia dall’esistenza, ritornare fanciulli e lasciarsi guidare dal cuore, evitando di ripetere senza sosta le stesse cose ogni giorno, al pari di uno sciame di insetti che svolge quotidianamente il suo compito.
Una storia infinita
L’intensa attività dal vivo, la penna sempre più affilata nella stesura delle canzoni e una forte unione ed empatia fra i membri riescono così a creare le basi per una delle più grandi avventure musicali a stelle a strisce del periodo, con il gruppo tuttora sulla cresta dell’onda, nonostante alcune vicende tragiche accadute e il peso del tempo che passa.
Lanciata dal successo internazionale di Under the Table and Dreaming, effettivamente la DMB sperimenta in tutta la sua carriera un continuo turbinio di cambiamenti. Se i successivi Crash (1996) e Before These Crowded Streets (1998) ricalcano le trame musicali precedenti, aggiungendo comunque nuove idee nelle sonorità e nei testi, Everyday e Busted Stuff, realizzati agli albori del nuovo secolo, insieme a Stand Up (2005), sono una rivoluzione, con massicce dosi di chitarra elettrica e tastiere. L’attività live permane intensissima e imprescindibile, con show mozzafiato (numerosi in seguito realizzati su CD nella serie Live Trax e alcuni immortalati pure in DVD) in svariate location negli States, tra cui i mitici anfiteatri Red Rocks e Gorge, con quest’ultimo divenuto consuetudine e raduno per i fan di tutto il mondo.
La tragica morte di LeRoi Moore, in seguito ai postumi di un incidente con un “trattorino” ATV sembra tratteggiare la fine del sodalizio, ma il definitivo arrivo in pianta stabile di Tim Reynolds e l’entrata in formazione degli estrosi Jeff Coffin al sax e fiati vari e Rashawn Ross alla tromba ridanno linfa alla band, che pubblica il magistrale Big Whiskey & the GrooGrux King nel 2009 e conquista l’Europa e l’Italia con spettacoli fenomenali.
Tre anni più tardi esce il sottovalutato, ma ricco di spunti Away from the World, ultimo progetto con Boyd Tinsley, tristemente allontanato per una storia di abusi sessuali. Come Tomorrow (2018) si dimostra un po’ sfuocato, forse anche a causa dei cambi nell’organico, che però si rimpingua in quel frangente con il talentuoso Buddy Strong, vulcanico tastierista, amante del jazz moderno e con un debole per il rap.
La “saga” della DMB, così, è tutt’altro che ai titoli di coda, con una valanga di concerti a testare una ritrovata forma, un nuovo capitolo in studio pronto a esser pubblicato nel 2026 e l’ottimo Walk Around the Moon (2023) a ricordare le grandi attitudini di una band mai doma, sempre in grado di mettersi in gioco grazie alla forza della sua storia e dei suoi componenti.

Le chitarre di DM
Nell’ultimo periodo si è visto Dave imbracciare la Rockbridge (una guitar company proprio di Charlottesville) come strumento primario, ma il suo percorso artistico rimane segnato anche da Takamine, Lakewood, Gibson Chet Atkins e J-150, Taylor 714, 914C e W65 (12 corde) e soprattutto Martin, folgorato dalle gesta del suo “Maestro” Neil Young con tale brand.
Il suo equipaggiamento prevede anche modelli particolari come la National Resolectric Guitar e la Veillette Gryphon 12 string, una soprano dal sound speciale, simile a quello di un mandolino.
Prevalentemente acustico, durante la sua carriera ha utilizzato talvolta chitarre elettriche, dalla “classica” Fender Stratocaster alla peculiare Jerry Jones Neptune Baritone.
Un’altra baritona da lui usata arriva sempre dal liutaio Joe Veillette, al quale fa riferimento anche Tim Reynolds. Una questione di famiglia, insomma!

La filosofia di vita di Dave, le sue amicizie e le straordinarie comparsate
“Il cambiamento è come una vacanza. Voglio riempire la mia vita di esperienze insolite e di sfide da accettare, nella maniera più allegra e disperata possibile.” Dave Matthews, frasi tratte da The DMBook, Corsina Andriano, Arcana.
Facciamo parte di una società in cui è radicata la cultura del dopo, dell’attesa vista solo come una stanza temporanea, anticamera di una felicità che deve ancora arrivare, se mai giungerà; in alcune sue canzoni più note, da Jimi Thing a Dancing Nancies e Two Step, Dave Matthews si ribella a questa concezione con il culto del presente.
L’antica saggezza latina del “carpe diem” è una tra le tematiche più affrontate da un songwriter malinconico che ha parlato di vita, morte e speranza, ha raccontato la gioia di essere genitore e la sofferenza per aver perso le persone più care partendo spesso da uno spunto autobiografico che si trasforma in qualcosa di universale, utilizzando a volte una scrittura criptica, ma sempre poetica, ricca di allegorie e citazioni.
La varietà e l’insolito, come d’altronde da lui stesso affermato, sono il sale dell’esistenza. Non è un caso che nella sua carriera, in cui si è preso pure lo sfizio di incidere un disco solista, Dave abbia incontrato personaggi di ogni stile e genere, da Hugh Masekela, Herbie Hancock, Stevie Wonder, James Brown e Johnny Cash a Nuno Bettencourt, Robert Randolph, John Mayer, Derek Trucks, Susan Tedeschi, Sheryl Crow e Steve Vai, senza dimenticare i Rolling Stones, Carlos Santana, Willie Nelson, Warren Haynes, Gregg Allman e i Little Feat, ma la lista risulta davvero infinita.
Sono notevoli, poi, i continui interscambi con eccellenze assolute del proprio strumento quali Victor Wooten, Karl Denson, Bela Fleck e Stanley Jordan.
Vi è infine un’artista speciale che ha toccato le corde del suo cuore, facendo sorgere un’intrigante partnership e una splendida affinità elettiva: la meravigliosa Emmylou Harris.
Un’altra entusiasmante puntata di “Crossroads”, la rubrica speciale di Planet Guitar, sta cominciando a svilupparsi!
Stay tuned
To be continued…
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