Abbiamo incontrato Marcus King in occasione della seconda e ultima data italiana del suo tour europeo di quest’anno, nella splendida cornice dell’Anfiteatro del Vittoriale per il Festival Tener-a-mente. Eravamo già rimasti stregati da Marcus e dalla sua band in occasione del concerto di Milano dello scorso anno. Il giovane chitarrista e songwriter americano ci ha rivelato qualcosa sulle sue influenze chitarristiche e vocali e sull’importanza delle emozioni nel suo modo di scrivere.
Planet Guitar: Amici di Planet Guitar, oggi abbiamo l’opportunità speciale di essere nel backstage del Festival del Vittoriale Tener-a-mente, proprio sul retro del meraviglioso Anfiteatro del Vittoriale. Siamo molto orgogliosi e felici di essere qui con Marcus King! Marcus, il tuo ultimo album è Mood Swings e hai avuto l’opportunità di lavorare con il leggendario produttore Rick Rubin. Cosa ne pensi di questo lavoro, confrontandolo con gli altri album che hai fatto?
Marcus King: Questo è un album che ha un approccio più introspettivo. Quando abbiamo finito quest’album, è stata la fine di un processo di due anni, perché non volevamo fare le cose di fretta. Abbiamo iniziato a lavorare su questo progetto quando non c’erano concerti o possibilità di farli e dovevamo mantenere il distanziamento sociale e cose del genere. Così abbiamo iniziato a lavorare al disco. Sono diventato più solitario e per sei mesi ho scritto molto.
Questo praticamente è stato il processo di pre-produzione, una classica mossa di Rick [Rubin]: mi ha spinto in modo subconscio, direttamente e indirettamente, a uscire dall’idea di scrivere per il pubblico e farlo più che altro per me stesso. Ecco perchè il disco è una rappresentazione molto autentica di come mi sentivo in quel momento. Credo che abbiamo catturato qualcosa di molto bello insieme. L’album non ha ottenuto i risultati che volevo, ma è arrivato alle persone. Alcune di loro mi hanno chiesto di parlare di quello che ha fatto per loro e per me significa molto. Abbiamo lavorato per gran parte dell’album in Italia, nel posto di Rick in Toscana. Un panorama splendido, ottimo cibo e c’era mia moglie con me, è stato fantastico.
PG: Hai citato tua moglie e la tua ultima canzone, Carolina Honey, è stata ispirata e dedicata a lei. Qual è l’importanza dell’amore e degli altri sentimenti nel tuo modo di comporre musica?
MK: Credo che l’amore sia la stessa cosa, ma anche un po’ diversa per ognuno di noi. Stravinsky diceva che ci deve essere una forza dinamica, e quale forza migliore dell’amore? Quindi non mi sembra affatto banale scrivere da questa prospettiva. È che è onesto e, se si deve scrivere, si deve essere sinceri e si deve pensare a ciò che si dice. Amo molto mia moglie, quindi è facile scrivere di lei.
PG: Hai parlato anche del nostro Paese. Questa è la seconda data in Italia per questo tour europeo. Ieri hai suonato a Pistoia e lo scorso ottobre siamo stati a Milano. Ci siamo divertiti moltissimo al tuo concerto. Qual è il tuo rapporto con il nostro Paese?
MK: Ci siamo sempre divertiti in Italia. Veniamo qui da quasi 10 anni e sembra che la gente cominci ad accorgersene. Ci piace sempre stare con gli italiani. E dato che ho inciso un disco qui, ho un po’ un debole per questo posto. Poi il nostro batterista è italiano, quindi, sai…
PG: E pensando al tuo approccio alla chitarra, quali sono i chitarristi che ti hanno maggiormente influenzato nel tuo stile, nella tua idea di playing?
MK: Sono influenzato da un gran numero di chitarristi. Ed King dei Lynyrd Skynyrd è stato uno dei primi, insieme a [Gary] Rossington e [Allen] Collins. I primi Lynyrd Skynyrd mi piacevano molto. Mi piaceva il rock pesante basato sui riff. Ed è sempre stata una specie di battaglia, perché la roba heavy metal non poteva entrare in casa, essendo una famiglia che frequentava la chiesa. I Black Sabbath sono il massimo a cui potevo arrivare nei primi tempi, quando avevo otto o nove anni e i genitori avevano ancora un po’ di controllo sulla musica che ascoltavo.
Così ho ascoltato tutto quello che potevo di Duane Allman e Dickey Betts e anche Toy Caldwell della Marshall Tucker Band. Erano le mie prime ispirazioni, così come Tony Iommi dei Black Sabbath. Imparavo e suonavo tutto quello che sentivo. Ascoltavo sempre gli Heart alla radio. Tutte le canzoni più famose degli Heart sono accompagnate da un’ottima chitarra. Barracuda, per esempio. Sono stato attratto da Robin Trower fin da piccolo: Bridge of Sighs è stato il primo disco che ho comprato con i miei soldi, quando avevo 11 anni o giù di lì. Mi piacevano cantanti come Tina Turner e Aretha Franklin.
PG: Stai anticipando la mia prossima domanda, perché sei anche un cantante fantastico. Quindi, possiamo dire che i cantanti più importanti per le tue influenze sono quelli soul?
MK: Sì, direi di sì. Voglio dire, amo Ray Charles, amo Joe Cocker, ma lui amava Ray Charles. Più si va indietro e più ci sono cose da scoprire si può scavare in profondità, perché ad esempio Ray amava Count Basie… Ci sono molte cose da scoprire. Amo Aretha Franklin, amo David Ruffin, Jimmy Ruffin, Bobby Womack, Sam Cooke. Tutti grandi cantanti sai… Al Green. Ho iniziato a cantare all’età di 13 anni e ho mantenuto sempre questo range. Quindi i cantanti che mi attiravano erano più che altro tenori alti, ed era quello che mi piaceva di più.
PG: Nella tua Marcus King Band hai sempre suonato con Drew Smithers, quindi una formazione con due chitarristi. Come hai trovato il tuo equilibrio con lui e come è suonare con due chitarre diverse in una band?
MK: Drew Smithers è un musicista straordinario ed è un chitarrista molto sensibile. Ascolta sempre, tanto quanto suona. Non è rispettoso solo nei miei confronti, ma anche nei confronti di tutti gli altri sul palco e dell’obiettivo generale, che è quello di far arrivare la canzone al pubblico. Quindi, se tieni conto della canzone, hai un posto sul nostro palco e tutti sul palco sono davvero sensibili quando si tratta di assicurarsi che stiamo suonando ciò che deve essere suonato per la canzone. E ci sono momenti in cui puoi semplicemente lasciarti andare, ed è quello che ci piace fare.
PG: Parlando di chitarra non posso non citare la tua chitarra signature, che è un cimelio di famiglia: la tua ES-345 del ’62. Cosa provi nel suonare questa chitarra speciale per te e per la tua famiglia?
MK: Molte persone hanno dei cimeli e si dà il caso che il nostro sia proprio questa chitarra. È l’apice del patrimonio della famiglia King e mio nonno l’ha suonata quasi tutti i giorni per circa 50 anni, quindi è uno strumento davvero prezioso. Avere un modello signature è qualcosa che posso condividere con la gente a un prezzo più accessibile. È un’ottima chitarra professionale, ma non abbiamo voluto risparmiare sulla qualità. Molte delle decorazioni presenti sulla chitarra sono state realizzate tenendo conto del prezzo, in modo che i musicisti potessero permettersela. Non è comunque una chitarra economica, non volevamo fare una chitarra economica. E penso che sia qualcosa di cui mio nonno sarebbe orgoglioso, quindi ne sono felice.
[Ora potete acquistare anche voi la vostra ES-345 del ‘62, riproduzione fedele della “Big Red” di Marcus King, realizzata dal Gibson Custom Shop – Ndr]
PG: E quali sono gli altri elementi della tua strumentazione che ami suonare dal vivo? Alcuni pedali o altre chitarre che usi abitualmente nei tuoi concerti?
MK: Ho sempre amato le mie chitarre Banker di Atlanta, in Georgia, e ho sempre amato i miei pedali fuzz Tru-Fi del Maine, negli Stati Uniti. Il mio amico Teddy mi fa dei pedali fuzz davvero meravigliosi, grandi e fantastici e ora produce ogni tipo di pedale. Ho sempre avuto il mio reverb tank, i miei amici di Mojotone lo hanno realizzato per me. La Orange MK Ultra (una 30 watt, la sua testata signature realizzata in versione limitata in soli 150 esemplari – Ndr) mi è sempre piaciuta… Non vedo l’ora di fare una MK Ultra Verb, quindi metterci un reverb tank sarebbe l’unica modifica che vorrei fare, vediamo cosa succederà in futuro.
Concludiamo l’intervista e facciamo una bella foto ricordo con Marcus, che si è dimostrato veramente umile e gentile. Il concerto che ci ha regalato all’Anfiteatro del Vittoriale è stato superiore alle nostre aspettative e ci è piaciuto ancora di più di quello di Milano. Marcus rappresenta il futuro del nostro strumento preferito e non vediamo l’ora di poter sentire il suo nuovo album con la Marcus King Band (il primo dal 2018). Si intitolerà Darling Blue, è stato annunciato qualche giorno fa e uscirà il prossimo 26 settembre!
Per averci permesso di realizzare questa intervista ringraziamo: Viola Costa, Serena Federici, Rita Costa e tutto lo staff del Festival del Vittoriale Tener-a-mente, Giorgia Sbrissa dell’agenzia di comunicazione Words For You e Silvia di Live Nation Italia.
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