C’è un vecchio detto che circola da sempre nel mondo della musica: “Non incontrare mai i tuoi eroi”. Perché a volte l’incontro con chi hai messo su un piedistallo rischia di rovinare per sempre l’immagine che ne avevi costruito. È quello che, in un certo senso, è accaduto tra due mostri sacri della chitarra: Eric Clapton ed Eddie Van Halen.

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Quella tra i due non fu una vera faida, né uno scontro pubblico violento, ma più una sottile delusione, fatta di incomprensioni musicali e generazionali. Eddie Van Halen, agli inizi della sua carriera, dichiarò più volte che Eric Clapton era stato la sua principale ispirazione. “Conosco ogni suo assolo nota per nota”, disse nel 1978 a Guitar Player, citando anche assoli di live storici come Spoonful e I’m So Glad dei Cream. Un omaggio sorprendente, visto che Eddie veniva spesso associato a chitarristi ben più aggressivi come Jimi Hendrix o Ritchie Blackmore.
In oltre Eddie scrisse un brano con Brian May, Blues Breaker (1983). Una lunga jam blues dedicata proprio a Slowhand. I due, contenti del risultato, la mandarono al diretto interessato che però non parve apprezzare molto.
“Sono rimasto deluso,” dichiarò Clapton senza mezzi termini. “Troppe note, nessuna dinamica, nessuna costruzione. Era solo uno sfoggio di tecnica fine a sé stesso, senza alcun rispetto per il linguaggio del blues“.
Clapton andò oltre, spiegando che per lui il blues era una forma d’arte con regole precise, quasi rituali.
E i due avevano superato i limiti.
Due visioni della chitarra, due mondi distanti
Per capire questa incomprensione bisogna guardare a come i due vedevano lo strumento.
Eric Clapton: il bluesman britannico
Clapton è l’incarnazione della scuola del British Blues: sobrio, essenziale, comunicativo. Ogni nota nei suoi soli è pensata per dire qualcosa. Nessuna corsa frenetica sul manico, nessun esercizio di stile. La sua forza sta nella scelta della nota giusta al momento giusto, nella tensione emotiva di un bending o di un vibrato.
Clapton suona poche note ma buone e considera il blues una forma di espressione spirituale, quasi religiosa, dove il silenzio è importante quanto il suono.
Eddie Van Halen: l’inventore dello shred moderno
Van Halen, al contrario, ha riscritto le regole della chitarra rock. È stato il pioniere dello “shred”, del suonare veloce, tecnico, spettacolare. La sua tecnica di tapping a due mani, gli armonici artificiali, i dive bomb col tremolo, i legati velocissimi hanno influenzato generazioni di chitarristi hard rock e metal.
Eddie era pura energia, sperimentazione senza limiti, capace di trasformare la chitarra in una macchina sonora mai sentita prima. Ma per Clapton, questo modo di suonare aveva poco o nulla a che fare con il linguaggio codificato del blues.
Il fraintendimento umano e musicale
Nonostante le critiche, Eddie non perse mai il rispetto per Clapton. Anni dopo tentò persino di ricucire i rapporti durante una festa a New York, ma l’incontro finì male: Eddie, alticcio, trovò un Clapton freddo e distaccato. Più tardi, Van Halen sbottò urlando a tutti di lasciar perdere Clapton.
Nel 1995, in un’intervista con Dweezil Zappa, Eddie lasciò intendere la sua delusione:
“Clapton ora non è più quello di una volta… quando suona sembra che stia pisciando controvento”.
Curiosamente, anche Clapton si mostrò critico verso sé stesso: “Suono sempre troppo. Quando mi riascolto, penso che avrei potuto fare tre note al posto di dieci.”
Forse, su questo punto minimo di imperfezione umana, i due avrebbero potuto trovarsi davvero. Ma non accadde mai: dopo quella fredda sera di New York, non si parlarono più.
Clapton – Van Halen: due giganti, due lingue diverse
La storia tra Clapton e Van Halen non è quella di una rivalità aperta, ma di un grosso fraintendimento. Due chitarristi immensi, ciascuno padrone di un linguaggio diverso: uno ancorato alla tradizione, l’altro proiettato verso il futuro. Forse per questo non riuscirono mai davvero a capirsi.
Eppure, proprio in questo scontro di visioni opposte si nasconde la bellezza della chitarra rock: la sua capacità di trasformarsi, di rompere le regole, di tradire i maestri… per creare qualcosa di nuovo.
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