Dodici anni fa Eric Clapton e Pino Daniele incrociarono le loro chitarre in Campania, a Cava de’ Tirreni, per un evento benefico. Slowhand e il Mascalzone Latino si scoprirono improvvisamente amici, uniti dalla passione per il blues e dal desiderio di aiutare gli altri.

Pino Daniele And Eric Clapton
Pino Daniele, Eric Clapton e Willie Weeks provano prima dello spettacolo a Cava dei Tirreni, Italia, giugno 2011. (Fonte: Luciano Viti/Getty Images)

Una Vita di “Crossroads

Il destino di Clapton in una canzone

Crossroads nel geniale arrangiamento di Clapton non è semplicemente l’incrocio di due brani di Robert Johnson, Cross Road Blues e Traveling Riverside Blues: è anche un’intuizione divina, un segno premonitore di una vita agli incroci e fatta di incroci per il musicista inglese.

Certamente la performance live coi Cream presente in Wheels of Fire ha fatto la storia di un’epoca, ma c’è molto di più. Questa versione è rimasta per sempre dentro al cuore del suo ideatore fino a diventare il titolo di due eccezionali raccolte, ricche di inediti a compendio della sua carriera, e il nome del Centro di riabilitazione da alcol e droga ad Antigua, fondazione per la quale Eric ha investito oltre ogni immaginazione.

Non solo vi ha dedicato il suo tempo per organizzarla verso la fine degli anni Novanta, ma è arrivato a separarsi da ciò che più aveva amato, le sue chitarre, mettendole all’asta al fine di ottenere fondi per la gestione della struttura.

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Pino meets Eric

Il primo incontro tra Pino Daniele e Clapton non poteva che fatidicamente avvenire proprio a un Crossroads Guitar Festival, manifestazione di beneficenza correlata al Centro fortemente voluta e architettata da Slowhand in persona ove, dal 2004, confluiscono i più grandi chitarristi del Pianeta. Tale kermesse rimane uno degli eventi imperdibili per tutti gli amanti delle sei corde, poiché attraversa tutti i generi, pur tenendo saldamente il timone nel blues, e si nutre del potere universale della musica, delle canzoni, aggiungendo il virtuosismo dei singoli protagonisti senza farlo mai eccedere, messo a disposizione della collettività escludendo il rischio di essere autoreferenziale.

Da Chicago a Cava, casa dolce casa

Il 26 giugno del 2010 fa molto caldo al Toyota Park di Chicago, ma a Pino Daniele scorrono i brividi lungo la schiena quando sale sul palco e insieme a Joe Bonamassa e Robert Randolph intona Going Down di Don Nix, classicone per il quale sarebbe più semplice citare quale artista rock blues non l’abbia mai interpretato – nella memoria di chi scrive rimane indelebile un’esecuzione del pezzo da parte di Clapton e Winwood nel tour europeo proprio a Maggio di quell’anno -, prima di partecipare all’encore finale di Sweet Home Chicago, accompagnato da tutti i protagonisti della giornata.

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“Per anni ho conservato nella custodia della più fedele delle mie chitarre un articolo in cui Eric Clapton diceva di amare la mia musica. Poi, un giorno, me lo sono trovato al telefono che mi invitava a partecipare a Chicago alla sua manifestazione, incrocio della crema dei chitarristi blues e rock del mondo. E dopo quel sogno in cui ho fatto l’americano, ecco questo sogno verace di una notte di inizio estate: il mascalzone latino sul palco di Manolenta, due chitarre pronte a jammare”.

Estratto da un articolo di Pino Daniele pubblicato su Il Mattino on line, 24 giugno 2011.

È passato esattamente un anno e Pino sogna a occhi aperti, Clapton ricambia per un’indimenticabile serata di beneficenza a Cava de’ Tirreni.

L’influenza di Eric Clapton su Pino Daniele

Non solo Layla e Cocaine

Il bluesman napoletano si innamora di Slowhand a partire dai Cream, e quella canzone, Crossroads, risuona nella sua mente da allora. Rimane poi stupefatto dalla fase Blind Faith al punto di adottarne, soprattutto per le sue prime registrazioni demo acustiche, accordi, arpeggi e ispirarsi liberamente.

Possiamo notarlo in Stappi Stopotà, un prezioso inedito che vede la luce nel 2015, costruito sulle atmosfere di Can’t Find My Way Home. Successivamente, dopo l’ammirazione per i lavori di fine anni settanta (si veda Slowhand, pubblicato nel 1977, ad esempio) che coincidono con i primi successi del musicista napoletano, ecco un’altra forte infatuazione in Allora sì, un chiaro tributo a Signe, tratto dal pluripremiato Unplugged. Ora, finalmente, calca il palco solo e insieme a lui, felice per la stima reciproca e l’amicizia che sboccia durante i giorni delle prove.

L’adorazione per il blues, le confidenze musicali come l’amore reciproco per il gusto antico di assaporare certi dischi introvabili, ma anche il piacere della cucina mediterranea e l’empatia di sentirsi entrambi padri felici colorano di serenità i momenti vissuti insieme.

L’influenza di Pino Daniele su Eric Clapton

Dai suoi classici a l’inaspettata Per te

Eric stupisce Pino per l’ampia conoscenza del suo repertorio e nel momento di redigere la scaletta arrivano sorprese inaspettate, con una composizione in particolare che andrà a illuminare d’immenso la serata. Scorrono tutti i dischi di Daniele fra le mani di Clapton, ma la sua attenzione non si distoglie da quello strumentale d’atmosfera, così dolce e nostalgico che rappresenta una delle chicche di Yes I Know My Way, raccolta del ’98 contenente i successi dei primi 20 anni di carriera dell’artista napoletano riarrangiati e tre inediti, fra cui Per te, struggente brano di chiusura.

I due con quella canzone trovano un legame, accanto a tutti i successi che suoneranno vi sarà spazio anche per questa cosa tutta loro, la via italiana al blues con una melodia così espressiva, simbolo di tristezza e dolore, gioia panica e profondo senso di esaltante aspettazione.

Ora insieme a una band incredibile, che nei suoi fenomenali personaggi racchiude la storia della musica e di un genere, sono pronti ad affrontare lo storico stadio a Cava, dove per un giorno si respira aria internazionale, con una mini invasione di inglesi e americani, ma pure di svizzeri e tedeschi, geografia multicolore dei luoghi con i fan più sfegatati.

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L’atmosfera di quel giorno speciale

Così, anche il 24 giugno 2011 fa molto caldo allo Stadio Comunale Simonetta Lamberti, e se pure stavolta il Lazzaro Felice è colmo di emozione ora, invero, gioca in casa sua, ci sono quindicimila persone tutte per lui e quel suo caro amico definito tanti anni prima God su un graffito a Londra.

L’intera città ha fagocitato l’evento, lo si respira in ogni angolo, dalle vie laterali al Campo Sportivo, dove si organizzano e ritagliano uno spazio venditori di bottigliette d’acqua e dei gadgets più incredibili – su tutti l’accendino con marchio il logo dell’evento, la Fender raffigurante i volti dei due protagonisti-  ai portici del centro e alle vetrine dei tanti negozi che contornano il Corso Umberto, assaltati da fan di ogni parte d’Italia.

Ma questo è soprattutto un giorno di riscatto per la Campania, per i napoletani in primis, pronti e numerosi a tributare il saluto e l’affetto al proprio beniamino, uno che ce l’ha fatta senza dimenticare le sue origini e adesso si unisce al più grande chitarrista per fare del bene, per aiutare i piccoli malati dell’ospedale Pausilipon nel capoluogo.

Eric Clapton e Pino Daniele: il concerto

Lo show comincia, le chitarre subito si incrociano

L’inizio è indimenticabile, i posti a sedere nelle file davanti si stanno ancora riempiendo, mentre tutto attorno è un vociare e applaudire. Il sole è tramontato da quasi un’ora, ha lasciato spazio alla luna e a due stelle che salgono sul palco e cominciano nel modo più naturale e genuino possibile, suonando un blues, quel Boogie Boogie Man a quel tempo fresco di pubblicazione nella discografia di Daniele.

Un brano dagli accordi apparentemente semplici, a metà strada tra John Lee Hooker e i Canned Heat e che rappresenta la parte più ancestrale del blues, disperata e sensuale, ma anche commovente e finemente evocativa.

Mentre suonano – sono solo loro, gli altri musicisti accompagneranno i Maestri in seguito – questa canzone e la seguente, stupenda Napule è, è come se tempo e spazio non esistano più: l’unica sublime dimensione, così totalizzante, fonte di ristoro e salvezza, è la musica, le note escono da quelle magiche chitarre e ricamano nuovi orizzonti senza confini.

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L’incanto di Pino e una girandola di emozioni

«Musica per aiutare gli altri» sono le parole proferite nella presentazione della serata, pochi istanti prima di cominciare, e ora rimbombano, echeggiano toccando il cuore, mentre a mano a mano arrivano tutti i classici di Pino Daniele, da A me me piace ‘o blues, nomen omen, a Je so’ pazzo, Dubbi non ho e Chi tene ‘o mare, passando per le inaspettate Toledo, nella cui versione originale imperversava il grande Wayne Shorter e Dimentica, dal “dimenticato”, parafrasando il titolo, e sottovalutato Electric Jam del 2009.

I leggendari Steve Gadd, Chris Stainton e Willie Weeks si amalgamano perfettamente con il resto della band dell’artista napoletano. E se Gadd è una vecchia conoscenza di Daniele, da Ferryboat (1985) ai concerti di Umbria jazz dell’88, l’epico Mel Collins lo è per Clapton, basti ricordare i suoi “soli” di sassofono in The Core (1977), uno dei pezzi più amati dagli hardcore fans.

Il pregiato compositore Gianluca Podio, pianista, tastierista e arrangiatore orchestrale per anni ai servigi del Maestro Ennio Morricone conclude la “crema” dei session men coinvolti e, dopo una sempre romantica e nostalgica Quando, la già citata Per te giunge in punta di piedi per rubare le emozioni in platea, prima di un trittico micidiale di Eric per il visibilio di chi lo aspettava in Italia da cinque anni, dopo le ultime date di Lucca, Perugia e Verona del 2006.

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Magic moments

Scorrono come un torrente in piena Key to the Highway, Hoochie Coochie Man e soprattutto una tiratissima Crossroads, reminiscente della gloria e del vigore di tanto tempo fa, come se fosse la prima volta ad essere suonata e non ci fosse un domani.

Uno dei momenti più belli da osservare, al di fuori di quello che le telecamere e i telefonini inquadrano, è Pino Daniele sullo sfondo, che ammira battendo le mani, tenendo il ritmo con i piedi, i quattro musicisti dare il meglio di sé on stage, aspettando il momento di unirsi a loro per un’altra grande sorpresa, una Wonderful Tonight metà inglese e metà italiana con un testo aggiornato e per quella parte cantato dal Mascalzone Latino, anticipazione di quello che avverrà nei mesi successivi con l’inserimento del brano con queste modifiche ne La grande madre, insieme a Weeks, Stainton e Gadd, coinvolti nell’incisione.

L’apoteosi finale

Cocaine è forse il classico che più infiamma il pubblico di Cava, anche perché nella sua semplicità e orecchiabilità del riff nasconde la grande possibilità di improvvisazione, permettendo ai musicisti, ora tutti sul palcoscenico, di seguire uno stesso flusso artistico, creando e sprigionando energia pura in maniera spontanea, con i due chitarristi particolarmente ispirati nell’assolo.

Si susseguono infine, ancora alcune grandi hit di Pino, fra cui un’accorata Il sole dentro di me e l’affascinante blues screziato di note mediterranee Nun me scuccià, uno dei capisaldi dei paesaggi sonori creati dal padrone di casa, esempio di world music e contaminazione.

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Layla è il finale perfetto che tutti si aspettano e, anche se, a parere petulante di chi scrive, evidenzia quanto fossero state necessarie ulteriori prove per la canzone in questione prima della sua esecuzione davanti a una comunque entusiasmata folla, traghetta felicemente verso il termine dello show, con quel suo riff micidiale e quel grido d’amore urlato a più non posso pure da un indemoniato Weeks, in genere sempre pacato dietro al suo basso pulsante.

Il caldo saluto dei musicisti al pubblico, affezionato abbraccio tra i due re della sei corde rimarcano l’apoteosi raggiunta per l’evento.

L’emozione e commozione dell’artista napoletano va a braccetto con la soddisfazione di Manolenta, che continua a gridare “Pino” – anzi “Pinou” con quel simpatico ‘difetto’ di pronuncia tipicamente inglese – affinché gli spettatori non finiscano di applaudire la persona che ha ideato e organizzato un concerto indimenticabile.

Pino Daniele ed Eric Clapton prima di uno spettacolo a Cava dei Tirreni, giugno 2011. (Fonte: Luciano Viti/Getty Images)

Un altro grande chitarrista racconta la sua esperienza

“Era il 1995, anch’io ho suonato allo stadio di Cava de’ Tirreni e ricordo una serata fantastica con Pino Daniele…assieme a un musicista cui mi legano diversi fattori, artistici, musicali, di vita…Tutto mi potrà accadere in futuro, ma credo che una notte come quella sia uno dei punti fermi della mia storia dal vivo, uno di quei momenti che non si dimenticano. E capisco benissimo perché il signore della chitarra Clapton si sia concesso questo regalo. E so perfettamente quale regalo Eric e Pino faranno al pubblico”.

-Estratto da articolo di Pat Metheny pubblicato su Il Mattino on line, 24 giugno 2011.

Un tripudio annunciato, come si legge anche nelle bellissime parole del grande virtuoso Metheny, l’uomo che sa far fiorire la chitarra, legato da profonda stima ai due. Se infatti Pino ha con lui condiviso addirittura un tour, Clapton lo ha invitato al Crossroads Guitar Festival nel 2004, oltre ad aver inserito una sua canzone, Another Life, in una compilation di propri brani preferiti per Uncut Magazine, nota rivista musicale britannica.

E proprio questi continui incroci, questi corsi e ricorsi storici sono il sale della musica, sono il motore dell’arte, e hanno consentito di sviluppare amicizie, collaborazioni fra le più disparate, tutte sotto l’ombrello della creatività e arricchimento.

To be continued…

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Alessandro Vailati