Il concerto al Vittoriale, all’interno del cartellone del Festival Tener-a-mente di quest’anno, era l’unica occasione per i fan italiani di ascoltare dal vivo Kenny Wayne Shepherd con la sua band. Il grande chitarrista americano, uno dei migliori interpreti del blues elettrico, ha portato sul palco vista-lago di Gardone Riviera tutta l’energia della sua musica e l’intensità del suo playing. Vi raccontiamo com’è stato questo concerto chitarrocentrico che ci ha mandato veramente in estasi!

Foto di Emanuele Pellegrino

Soundcheck, intervista e rig rundown

Io ed Emanuele arriviamo nel primo pomeriggio al Vittoriale, giusto in tempo per ascoltare il soundcheck di Kenny Wayne Shepherd con la sua band, che propone anche qualche brano di enorme successo e che ascolteremo con piacere poi nel concerto. Anche se non siamo in Anfiteatro, ma siamo appartati in un posticino dentro il parco, percepiamo che il sound di Kenny è già bello caldo. Sono infatti tanti anche i visitatori del Vittoriale che si fermano ad ascoltare incuriositi.

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Grazie alla collaborazione di Kristin Forbes, che segue il management di Kenny, e di Viola Costa, Rita Costa, Serena Federici e tutto lo staff del Festival, siamo riusciti ad organizzare un’intervista con l’artista proprio subito dopo il soundcheck. Sul meraviglioso palco del Vittoriale, nei circa 20 minuti passati assieme, Kenny ci ha raccontato alcune curiosità sul suo percorso artistico, soffermandosi sui suoi ultimi dischi e su alcuni chitarristi leggendari con cui ha avuto il piacere di suonare (come ad esempio B.B. King). Ovviamente ci ha spiegato anche tutta la strumentazione che lo ha accompagnato per il tour europeo (quella di Gardone era l’ultima data), in un rig rundown dettagliato e interessante. Come sempre pubblicheremo tutto il contenuto presto sui nostri canali, ma eccovi intanto il dettaglio della strumentazione utilizzata da Kenny.

Ovviamente le chitarre sono tutte delle Fender Stratocaster, il modello con cui il chitarrista americano è immediatamente associato. In particolare, Kenny utilizza per questo tour tre delle sue signature. La prima è la classica Strat in finitura Transparent Faded Sonic Blue con paletta abbinata e tre single coil custom progettati proprio da Kenny. Attualmente questo modello è l’unico disponibile in commercio (e lo trovate qui). La seconda è lo stesso modello ma in finitura Black with Silver Racing Stripes, con un look un po’ più da auto da corsa.

La terza Strat invece è in finitura Artic White e ha una grafica con una croce nera sul body. La particolarità di questa chitarra è nel manico, che è stato progettato direttamente con l’allora CEO di Fender Larry Thomas. Tre chitarre bellissime e che siamo sicuri ci faranno divertire. Per tutte le curiosità sulle chitarre di Kenny, potete fare un giro sul suo sito ufficiale.

La pedaliera invece è abbastanza minimale: è la versione europea e un po’ ridotta di quella che Kenny usa abitualmente. Tuttavia, presenta un bel mix di suoni analogici e digitali, con anche qualche trovata artigianale per ottimizzare lo spazio. Si parte da destra con un Venus Witch wah, un pedale custom made che replica fedelmente il Vox McCoy. Troviamo poi un Roger Mayer Octavia, alloggiato però nella scocca di un clone del Klon! Il guitar tech di Kenny, Dustin Sears, ha trovato questa soluzione salvaspazio, visto che l’alloggiamento dell’originale, a forma di astronave, era troppo grande.

Troviamo poi un Klone KTR e due pedali Analog Man: un King Of Tone e un Bi-Chorus, due pedali con una doppia circuitazione. L’accordatore è un classico Boss TU-3 Chromatic Tuner. In alto c’è un Sir Henry Uni-Vibe, un’altra creazione di Dustin che, a detta di Kenny, è la miglior riproduzione di un Uni-Vibe originale.

L’elemento forse più particolare della pedaliera è il Neural DSP Quad Cortex. Kenny ci ha spiegato che aveva necessità di catturare il suono dei suoi leggendari amplificatori Dumble, dato che non voleva rischiare di portare queste preziosissime testate in tour in giro per il mondo. Alexander Dumble ha costruito ben undici amplificatori per lui, ma Kenny era solito utilizzare degli amplificatori noleggiati durante i suoi concerti in Europa. Gli mancava però sempre qualcosa del suo vero suono. Con il Quad Cortex ha quindi deciso di profilare due dei suoi veri Dumble per ottenere almeno un 70% di quello straordinario suono. Il segnale viene poi inviato a due Seymour Duncan Power Stage 200 e da lì a due cabinet. Questa soluzione permette a Kenny di ritrovare sempre il suo suono iconico, senza il rischio di dover scomodare i Dumble originali.

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Kenny Wayne Shepherd band: il Vittoriale a suon di blues

Non ci sono opening quindi alle 21:15 precise si parte con Woman Like You, singolo estratto dall’album The Traveler del 2019. Il primo pezzo è già carichissimo, con Noah Hunt alla voce già caldo e Kenny che ci regala un grande riff sulla sua Strato signature. E arriva anche il primo grande assolo, infuocato e con tanto sustain e vibrato. Se questo è l’antipasto di quello che ci aspetta, allora siamo certi che sarà una grande serata.

She Love’s My Automobile è una cover degli ZZ Top contenuta in Dirty on My Diamonds, Vol.2. Il pezzo inizia senza soluzione di continuità con il primo ed è un classico blues in maggiore con le tipiche sonorità del trio texano. I bending di Kenny hanno proprio il tone e il tiro che ci piace e siamo veramente felici di essere in prima fila per poterci gustare da vicinissimo il suo playing.

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A pezzo concluso Noah imbraccia una bella Strato in finitura Sunburst per la title track del penultimo disco di Kenny. Il chitarrista americano è anche la voce principale di questo brano, interpretato in maniera magistrale. I fiati presenti sul palco, Charlie DiPuma al sax e Doug Woolvertone alla tromba, servono proprio per ricreare dal vivo il sound del disco. Siamo al terzo pezzo e al terzo assolo di Kenny, che ci sta confermando sin dai primi minuti del concerto di essere uno dei più grandi chitarristi in attività.

Foto di Emanuele Pellegrino

Kenny cambia chitarra e prende la Strat in finitura Black with Silver Racing Stripes per I Got A Woman, continuando quindi a proporre brani estratti da Dirty on My Diamonds. Anche per questo brano è lui la voce principale, ma quello che più ci sta impressionando è la sua potenza sulla mano destra, che Kenny sfrutta tantissimo anche per suonare un semplice riff. Aggredisce la corda quasi con rabbia e ciò che ne esce è un tone che ci riporta a una delle sue principali influenze: Stevie Ray Vaughan.

Watch You Go ritrova Noah alla voce e continua il percorso dedicato ai migliori pezzi dell’ultima fatica in studio di Kenny con la sua band. Le sonorità sono ancora quelle di un blues in maggiore di piacevole ascolto, con Noah divertito e perfettamente a suo agio vocalmente che si avvicina al band leader durante l’assolo.

Ora però è il momento di un ritorno agli albori della carriera di Kenny e al disco Ledbetter Heights, che lo lanciò nel music business nel 1995 quando era ancora un ragazzo. Per Deja Voodoo i fiati escono di scena e Noah prende un tamburello. Con un piede ben piantato sulla cassa spia di fronte a lui, Kenny suona veramente alla grande, proprio come quando aveva 18 anni. Finora è il pezzo migliore della serata e il suono del chitarrista americano è spaziale. Molti, se non tutti i presenti, vorrebbero poter suonare una chitarra elettrica come la sta suonando lui questa sera.

Foto di Emanuele Pellegrino

Kenny Wayne Shepherd: il vero erede di SRV?

Shame, Shame, Shame ritrova i fiati e Noah che ci chiede “Are you ready for the blues?”. Noi siamo prontissimi e anche la band a quanto pare: Noah lo interpreta in maniera magistrale, con la sua voce che fa da contraltare alla chitarra di Kenny in un botta e risposta continuo. Ci ascoltiamo anche il primo assolo di tastiera di Joe Krown che, direttamente da New Orléans, è arrivato a Gardone a farci sentire un po’ di sano blues. Ancora non siamo pronti però per quello che sta per succedere.

Quando arriva il momento di Kenny è in realtà Stevie Ray Vaughan quello che sentiamo sul palco. Non è di certo un caso che il batterista di Kenny sia Chris Layton, che suonava nei Double Trouble proprio di SRV. Kenny riesce magicamente a riportare in vita quell’uomo con il poncho che ancora ci fa sognare e rimpiangere di non averlo mai potuto sentire dal vivo. L’attitude di Kenny è probabilmente la migliore che abbia mai sentito nel ricreare il feeling è l’intensità quasi bestiale del playing di Stevie. È il blues elettrico per eccellenza, un paradiso per chi ama la sei corde suonata in questo modo. I suoi vibrati sono di un altro pianeta e noi ci facciamo trasportare dalle vibes. Sono circa 5 minuti di viaggio nel tempo che sembra non finire mai, e la standing ovation finale è meritatissima. 

Talk To Me Baby ritrova Kenny alla voce e ci regala anche i primi assoli dei due fiati. Al ritornello il chitarrista chiede anche la partecipazione del pubblico, che risponde prontamente e con entusiasmo. La potenza del blues è coinvolgente. The Middle torna sul disco Dirty on My Diamonds ed è l’ennesimo bel pezzo, trascinato ancora dall’assolo di Kenny, che sfrutta i suoni del pickup al ponte della Strat e l’immortale pedale wah wah.

Foto di Emanuele Pellegrino

Dopo I Want You, brano ancora estratto dal disco The Traveler del 2019, è tempo di ritornare a Ledbetter Heights. L’unico brano presente in versione live su quel disco è While We Cry, un meraviglioso pezzo strumentale per cui Kenny si sposta al centro del palco. Le sonorità richiamano molto da vicino Little Wing di Jimi Hendrix, con inserti e tocchi sempre dello stile di SRV. Questo è il momento più intimo del concerto, dove ci accorgiamo ancora meglio del fatto che la chitarra sia un’estensione estrema dello spirito di Kenny Wayne Shepherd, che incanta il Vittoriale. 

King Bee permette veramente a tutti di scatenarsi, e sul palco è il bassista Kevin McCormick a divertirsi parecchio. Sono ottimi gli assoli di entrambi i fiati e ancora del nostro Kenny, ormai in trance dopo più di un’ora in cui sta facendo letteralmente di tutto con le sue Stratocaster.

Se la band esce di scena prima dell’immancabile bis, noi sentiamo il desiderio irrefrenabile di alzarci, almeno per gli ultimi brani. Veniamo seguiti a ruota dal resto della platea e siamo proprio sotto il palco per gli ultimi minuti di concerto. Il primo bis è ovviamente Blue On Black, che mancava all’appello ed è sicuramente il pezzo più cantato dal pubblico questa sera.

Foto di Emanuele Pellegrino

Il wah usato in un certo modo su delle ghost note in apertura di un brano può voler dire solo una cosa per chi ama la chitarra elettrica: Voodoo Child (Slight Return). Dal 1968 fino ad oggi, questo brano di Hendrix è ormai diventato uno standard, un banco di prova con cui tutti i più grandi si sono confrontati e sfidati. La versione di Kenny di questa sera è intensa, emozionante e infuocata come non mai. Tutta la potenza sciamanica della chitarra vibra dalle corde di Kenny, che sembra non voler mai smettere di suonare ed è spiritato sul palco. La citazione finale di Third Stone from the Sun sempre di Hendrix ci porta alla chiusura, dopo tanti minuti di chitarra elettrica ai livelli massimi possibili.

Si chiude dopo 1 ora e 35 minuti un concerto di livello assoluto, che ha confermato come Kenny sia un interprete di valore mondiale e sicuramente tra i migliori chitarristi che ho avuto il piacere di sentire dal vivo.

Anche quest’anno il Festival del Vittoriale Tener-a-mente ci ha regalato grandi emozioni e siamo già molto curiosi di scoprire cosa ci riserverà l’edizione dell’anno prossimo. Su Planet Guitar continueremo a raccontarvi gli eventi di questa rassegna, che si conferma tra le migliori in Italia e che ha sempre un occhio di riguardo per gli appassionati di chitarra.

Foto di Emanuele Pellegrino

Scaletta – Kenny Wayne Shepherd Band – Festival del Vittoriale Tener-a-mente

Foto di Emanuele Pellegrino
  • Woman Like You
  • She Love’s My Automobile
  • Dirty on My Diamonds
  • I Got A Woman
  • Watch You Go
  • Deja Voodoo
  • Shame, Shame, Shame
  • Talk To Me Baby
  • The Middle
  • I Want You
  • While We Cry
  • King Bee
  • (bis) Blue On Black
  • (bis) Voodoo Child (Slight Return)

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Riccardo Yuri Carlucci
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