Il 3 Ottobre del 1954 nasceva a Dallas, Texas (USA), Stephen Ray Vaughan, conosciuto come Stevie Ray o semplicemente SRV. 

Difficile quantificare l’enorme impatto che ha avuto sia in vita che dopo la sua tragica scomparsa, nella formazione di migliaia di chitarristi in tutto il mondo.  Nonostante la breve carriera ad alti livelli e i problemi con droga e alcool, Stevie è annoverato fra i migliori chitarristi di tutti i tempi. Ed è sicuramente riconosciuto come colui che ha raccolto l’eredità del blues, dagli albori a Jimi Hendrix e l’ha impreziosita consegnandola ai chitarristi contemporanei.   

Io e Paul di Guitar Tutorials abbiamo scelto di farvi ascoltare l’iconica intro di Lenny, mettendo in risalto il disco di debutto Texas Flood del 1983.

Stevie Ray Vaughan, PBS, 1995 I © Everett Collection Inc / Alamy Stock Photo

Sotto il segno del Blues

Stevie Ray inizia a suonare la chitarra molto presto, intorno ai 7 anni. Impara ascoltando i dischi dei suoi eroi, ne copia le frasi e i riff ad orecchio. Divora gli album di BB King, Freddie King e soprattutto Albert King. Segue le orme dei grandi di Chicago come Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Buddy Guy, i maestri texani come T-Bone Walker, Lightnin’ Hopkins e Albert Collins, i rocker del calibro di Chuck Berry, Eric Clapton e Jimi Hendrix, senza tralasciare un personaggio meno noto di nome Lonnie Mack, da cui Stevie ‘ruba’ parte del playing. 

Oltre a tutti questi mostri sacri, il giovane Stevie si fa guidare dal fratello maggiore Jimmy Vaughan, chitarrista talentuoso che si ritaglierà una parte importante nella scena blues americana.

È proprio Jimmy a regalargli la sua prima chitarra, una Gibson ES 125T

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La vocazione per la musica è molto forte e Stevie lascia molto presto la casa dei genitori per seguire questa passione. Dopo le prime esperienze con alcune band di Dallas, nel 1969 conosce il bassista Tommy Shannon. Con lui inizierà a suonare in una band chiamata Krackerjack, spostandosi da Dallas alla più liberale e tollerante Austin.

La prima vera esperienza da professionista risale al 1973, quando insieme ai Nightcrawlers, band fresca di contratto con Bill Ham, manager degli ZZ Top, registra un album e parte in tour per il sud degli Stati Uniti, riscuotendo però scarso successo. Nel 1975 si unisce ai Cobras, con i quali ha più fortuna e riesce ad esibirsi con molte delle sue influenze tra cui Buddy Guy, Lightnin’ Hopkins e Albert King.

I Double Trouble

Il 1978 è un anno cruciale per Stevie. Nascono ufficialmente i Double Trouble e Lenora Bailey, nota come “Lenny”, entra nella sua vita e nel suo cuore. 

Austin, Houston, Dallas…i Double Trouble mettono a ferro e fuoco la scena musicale texana facendo parlare di sé ed attirando l’attenzione degli addetti ai lavori. Le voci sull’energia del trio varcano l’oceano e giungono alle orecchie di Claude Nobs, organizzatore del prestigioso Montreux Jazz Festival. Nel 1982 i Double Trouble si esibiscono in Svizzera in una serata abbastanza ostica. Totalmente sconosciuti, senza nemmeno un disco all’attivo, devono vincere la diffidenza del pubblico a suon di blues. Sceso dal palco, Stevie viene avvicinato da David Bowie che si complimenta con lui invitandolo di lì a poco ad incidere alcune chitarre sul suo album Let’s Dance.

Texas Flood

Montreux porta con sé un altro, fondamentale, incontro, quello con il musicista Jackson Browne che, impressionato dalla performance di Stevie e soci, offre loro il suo studio di registrazione, il Down Town Studio di Los Angeles, per tre giorni. I Double Trouble accettano con entusiasmo, ma senza grandi piani. “Stavamo solo registrando una cassetta“, racconta il batterista Chris Layton, “Speravamo di fare un demo che sarebbe stato ascoltato da una vera casa discografica“.

Stevie si presenta con le sue Fender Stratocaster favorite: la “Number One” e la “Lenny”, equipaggiate con corde molto spesse (.013 fino a 0.58/0.60) che sono entrate nella leggenda. Si collega a due Fender Vibroverb e ad un Dumbleland Special regalato da Alexander Dumble in persona a Jackson Browne. Un solo pedale, un Ibanez Tube Screamer del 1980 usato come boost di segnale. Sempre Layton ricorda che Stevie diceva sempre: “Senza tono, non c’è nulla! TuttI i chitarristi considerati grandi iniziavano con un tono molto buono prima di avere dei licks o delle canzoni!”.

La band suonava un brano due, massimo tre volte e passava al successivo. 

Il bassista Tommy Shannon ricorda che: “la sala di ripresa era un grande magazzino con pavimenti in cemento e alcuni tappeti buttati a terra. Abbiamo trovato un angolino, ci siamo disposti in cerchio guardandoci e ascoltandoci a vicenda e abbiamo suonato come una band dal vivo”.

Fender Stevie Ray Vaughan

Fender Stevie Ray Vaughan

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Il discografico John H. Hammond, produttore tra gli altri di Aretha Franklin, Bob Dylan e Bruce Springsteen, ascolta le registrazioni e ne rimane estasiato. Chiama la Epic Records ed in men che non si dica il primo contratto discografico di Stevie Ray Vaughan and Double Trouble è pronto per essere firmato.

Nel 1983 esce Texas Flood, un disco diretto, onesto, registrato live senza nessuna sovraincisione. Un disco che è una chiamata alle armi per tutti gli amanti della chitarra e che riporta il blues alla ribalta, raggiungendo la Top 40 di Billboard e rimanendo in classifica per ben sette mesi. 

All’interno troviamo diverse cover che la band amava suonare dal vivo. Su tutte la title track Texas Flood scritta ed interpretata dal bluesman texano Larry Davis (con Fenton Robinson alla chitarra), dal quale Stevie assorbì diversi aspetti del modo di cantare. I cinque minuti e mezzo di registrazione sono una sintesi di tutto ciò che ha reso grande Vaughan. Dalla scelta delle note alla loro intensità, fino alla sua capacità di attingere dalle basi gettate dai grandi bluesmen del passato e di costruirvi sopra il suo stile unico.

La statua dedicata a Stevie Ray Vaughan ad Austin, Texas I © Shutterstock – f11photo

L’idea di Stevie Ray di coverizzare una canzone funky del grande gruppo R&B degli Isley Brothers può sembrare bizzarra, ma la scelta di Testify ha perfettamente senso se si pensa che il chitarrista della versione originale degli Isley del 1964 era nientemeno che Jimi Hendrix. Più una citazione che una cover, poiché viene ripreso il riff portante ma poi il brano prende una direzione totalmente diversa dall’originale.

Noi abbiamo scelto di omaggiare Lenny, un brano originale scritto da SRV per la moglie Lenora. Di chiara ispirazione hendrixiana, è stata registrata con la Fender Strat che proprio la moglie gli regalò all’inizio degli anni ‘80. 

Vi invitiamo a guardare la versione da brividi tratta dal live a El Mocambo, non ve ne pentirete. 

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Matteo Bidoglia
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