È una giornata fresca ma soleggiata a Manhattan Beach, in California, Ana è di rientro dalla sua consueta passeggiata mattutina con il cane. Quando torna in sala prove, la cantautrice e chitarrista Ana Popović è ben felice di parlare con Planet Guitar di ciò che ha ispirato il suo nuovo album POWER, di quel che prova ricordando la collaborazione con Jeff Beck e del suo amore per l’Italia e il suo stile di vita.

Credits: Michael Round

PlanetGuitar: Sono successe molte cose dal nostro ultimo incontro. Tra le cose belle, come il tuo nuovo album, molte sono indissolubilmente legate ai momenti più difficili, come la tua recente malattia e la chemioterapia. “Il mio mondo è crollato”, avevi detto. Quindi la mia prima domanda è molto semplice: come stai?

Ana Popović : Molto bene. Il periodo difficile è alle spalle e spero che tutto vada per il meglio. Non posso fare molto altro. Per la prima volta ho potuto davvero constatare il potere della musica su di me. Per anni i fan mi hanno detto: “Quando ho una giornata storta, tu mi fai sentire meglio, più ottimista”, ma per la prima volta ero io a sentirmi così. Quelle canzoni non erano state ancora pubblicate, erano in lavorazione, ma mi hanno trasmesso tanta forza per affrontare la situazione.

Ho inciso molti dischi, ma per me è importante parlare del retroscena di questo in particolare, perché c’è tanto da raccontare.

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PlanetGuitar: Nel 2021 hai dato circa 150 concerti mentre ti sottoponevi a 14 cicli di chemioterapia. Inoltre hai due figli, con tutte le responsabilità che comporta. Come trovi un equilibrio?

A.P.: Non lo so nemmeno io! [Ride] Ma siamo al mondo per un tempo limitato, quindi voglio sfruttare ogni momento per fare qualcosa di buono e di creativo, che mi dia soddisfazione e mi permetta di esprimere la mia passione. Nel mio caso è la musica. Alcuni mi chiedono: “Come fai a tenere tanti concerti, non sei stufa di viaggiare?”. No, mi godo ogni momento, da quando mi alzo al mattino fino a quando salgo sul palco e vedo il pubblico gioire. Sono fortunata, perché ho fatto della mia passione il mio lavoro. È l’unico che abbia mai svolto, e lo amo.

PlanetGuitar: Veniamo al tuo ultimo album, POWER, che uscirà il 5 maggio 2023. Da dove hai tratto l’ispirazione?

A.P.: Power significa molte cose: forza, potere, energia… Da un lato ovviamente riguarda il mio cancro al seno, quando ho pensato: “Forse dovrei mollare tutto e smettere. La mia è stata una bella carriera, ho girato il mondo, non mi sono mai fermata, forse è ora di fare qualcos’altro.

Power Popović
Credits: Power Popović

È stato lì che Buthel, il mio bassista e direttore musicale, ha detto: “No, non puoi ritirarti. Hai tante cose da fare, abbiamo tanto da dire al pubblico, è quello per cui sei nata.

Power Popović
Credits: Power Popović

Quando sei leader di una band, hai bisogno di qualcuno che non si limiti a suonare, ma sappia anche tirarti su il morale e farti coraggio. Lui è una di quelle persone. Così abbiamo iniziato a scrivere vedendoci su Zoom; durante la pandemia abbiamo suonato il più possibile.

PlanetGuitar: Una volta hai detto: “La mia musica riflette le mie emozioni di quel particolare momento”. Come descriveresti le sensazioni di quest’album?

A.P.: Ho scoperto dei meravigliosi musicisti a Detroit, nel Michigan, in un contesto di gospel in chiesa, e il loro modo di suonare mi faceva impazzire. Seleziono i musicisti in base al risultato che mi propongo di ottenere con il disco; volevo influenze gospel, soul e funk, il tutto accompagnato da grandi coriste. Ogni canzone si distingue, e tutte quante sono studiate per creare grande impatto dal vivo.

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PlanetGuitar: Ci sono tanti aspetti interessanti in tutto l’album, ma mi piacerebbe saperne di più su tre brani in particolare: innanzitutto “Rise Up”, che apre l’album ed è il pezzo più lungo, quasi cinque minuti. Hai cambiato gli arrangiamenti per renderlo più energico: cosa cercavi di trasmettere?

A.P.: È il pezzo che più si avvicina a ciò di cui parlavo, l’unità. È stato scritto da Kenny Wayne Shepherd, ma avevo bisogno di trovare la mia voce personale e imprimerci il mio timbro. Così ho lavorato con la sezione ritmica e lo abbiamo modificato a fondo, con quell’incredibile linea di basso che è la mia preferita di tutto il disco. È molto potente, suona come un inno. È stata una grande idea aprire l’album così, perché il pezzo giustifica ampiamente la copertina.

Avevamo bisogno di un senso di riscatto per tutte le ingiustizie nel mondo; se pensi che altre etnie non hanno ancora raggiunto l’uguaglianza ti accorgi di vivere in ritardo di 100 anni sui tempi, è ora di dire basta. In Europa ci sono tanti paesi che credono di non essere razzisti, invece lo sono. E tutto ciò che può fare una di pelle bianca come me, che vive in un paese polarizzato come l’America, è insegnare ai figli a sentirsi a proprio agio tra le altre etnie e non discriminare nessuno.

PlanetGuitar: Il prossimo pezzo che sceglierei è “Recipe is Romance”, accompagnato da un ricco video in cui ti stai preparando a un appuntamento romantico. Parla di amore ovviamente, ma soprattutto amore per sé stessi, è così?

A.P.: Sì, è proprio così. È un pezzo romantico, con splendide chitarre jazz, ed è molto diverso da tutto ciò che ho fatto in passato.

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PlanetGuitar: E ci hai girato anche un video. Com’è stata quest’esperienza?

A.P.: Quando scrivo musica mi vengono in mente delle immagini; qui ho pensato a un video in cui torno a casa dal lavoro e mi preparo per un appuntamento. È un momento emozionante: cosa cucino? Cosa mi metto? Potrebbe essere una persona nuova, una vecchia fiamma, qualsiasi cosa.

A quel punto mio marito mi ha detto: “Devi mostrarti nei momenti ‘peggiori’, quelli in cui ti depili le gambe, insomma, tutti i tipici preparativi femminili”, e ho pensato: “È vero, hai ragione!

PlanetGuitar: “Ride it”, invece, è un pezzo meravigliosamente funky con trombe jazz e un testo appassionato. Fa parte del modo in cui ti sei reinventata?

A.P.: Forse è quello che più si avvicina ai miei pezzi di prima, molto vivace, con un’ottima sezione di fiati. È stato Mark Mullins di New Orleans a inviarmi quelle parti. Lui è fantastico. Mi piace stare con la mia band, fare tardi la sera, divertirci, giocare a biliardo dopo il concerto, parlare e ridere nella hall dell’hotel. La canzone parla di questo. Il testo dice: “Viaggeremo fino a quando le ruote si staccano”; è questo il senso, vivere la vita al massimo.

PlanetGuitar: Parliamo di chitarre. Dicevi che all’inizio ti sentivi prevalentemente portata per il blues per via dell’influenza di tuo padre. Pensi che il tuo stile blues sia cambiato nel corso della tua carriera?

A.P.: Certamente. Faccio di tutto per esprimere il più possibile i miei sentimenti. Voglio entrare in sintonia con la sezione ritmica sul palco, essere creativa, restare fedele alla chitarra blues ma introdurre fraseggi diversi da quelli di altri artisti. Cerco di trovare il mio sound.

PlanetGuitar: Da dove provengono le influenze funky e jazz che caratterizzano il tuo stile?

A.P.: Dalla musica che ho sempre ascoltato. Sono europea, e in Europa ci capita di ascoltare di tutto. Spesso, se nasci a Chicago la cosa più prevedibile per te è suonare il blues di Chicago. Studiare il jazz mi ha permesso di aprirmi a musica che non avevo ascoltato a casa mia. Sono sempre stata appassionata di blues, funk e soul e ho sempre desiderato incidere dischi che fossero interessanti non solo per i chitarristi, ma anche per chi aveva semplicemente voglia di ballare. Volevo dare il massimo nei concerti, tenere alta l’attenzione del pubblico dal primo all’ultimo pezzo.

Power Popović
Credits: Power Popović

PlanetGuitar: Nella tua carriera hai collaborato e hai suonato dal vivo con molti dei più grandi chitarristi, come Buddy Guy, BB King, Gary Clark Jr, Joe Bonamassa e altri ancora; cos’hai imparato da queste collaborazioni?

A.P.: Quando nasce una jam così non stai a pensare, ti lasci andare e basta. L’ultima con Joe è stata durante una crociera: non mi sento nervosa prima di suonare, entro in scena e mi lascio trascinare dalla musica. 

PlanetGuitar: Se ricordo bene, non molto tempo fa hai suonato con Jeff Beck a Madrid, vero?

A.P.: Ci siamo esibiti con lui alcuni anni fa; è stato incredibile poter suonare e trascorrere del tempo con lui. Sembrava un ragazzo, aveva in sé tutta l’energia che ci si possa immaginare a qualsiasi età. Se n’è andato troppo presto, stento ancora a crederci. È stato di grande ispirazione, ci ha lasciato in eredità il desiderio di raggiungere le sue vette. Riusciva a far parlare la sua anima attraverso lo strumento. Era unico.

PlanetGuitar: Se fossi su una nave che sta affondando e potessi salvare una sola chitarra, salveresti la tua Stratocaster del ’64, è così?

A.P.: Se dovessi sceglierne solo una, sceglierei la riedizione della Stratocaster ’57 che mi regalarono i miei genitori quando avevo circa 18 anni. Eravamo diretti in Olanda per le vacanze, l’auto ebbe un guasto e ci rimasero pochi soldi per gli acquisti e le spese varie. Così mio padre riunì tutta la famiglia e disse: “O compriamo una chitarra ad Ana come previsto, però non possiamo comprare più niente per voialtri, o lasciamo perdere la chitarra e voi potete fare i vostri acquisti.” Scelsero la riedizione della Stratocaster ’57. Ecco perché è così importante per me.

Fender AV II 57 STRAT MN 2TS

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PlanetGuitar: Hai suonato in tutto il mondo ovviamente, ma di recente ho letto che ti piace l’Italia in particolare, è vero?

A.P.: Dell’Italia adoro la cucina e il vino! [Ride]. E anche il clima e lo stile di vita. Ci sono tre musicisti italiani nella mia band, sono straordinari e suonano con me da sempre.

PlanetGuitar: C’è qualche chitarrista italiano che ti piace in particolare?

A.P.: In passato ho suonato con Rudy Rotta, e quest’estate gli dedicheremo un tributo. Ci tengo molto.

PlanetGuitar: Attualmente stai suonando nel Regno Unito. Hai cambiato qualcosa nel tuo modo di affrontare i concerti rispetto all’anno scorso?

A.P.: Sì, stiamo suonando tutti pezzi nuovi. Questo disco fa parte della nostra setlist dal primo concerto, la band si diverte molto e il pubblico si chiede come ce ne siamo usciti con una musica così diversa da quella di prima.

Credits: Adam Zegarmistrz

PlanetGuitar: Hai altri programmi per il 2023?

A.P.: Sì, un tour in Europa, poi in America. Sarà un anno molto intenso, come sempre. Inoltre ci sono rimaste ancora molte canzoni già mixate, masterizzate e praticamente pronte, quindi spero di poter uscire con un nuovo disco prima di fine anno, vedremo!


Planet Guitar conclude ringraziando Ana e augurandole il meglio per la salute, la famiglia e la musica. “Grazie, è stato bello”, risponde sorridendo.

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Paul Rigg