Le peripezie di Elio e le Storie Tese, un gruppo italiano mai domo con il culto della sperimentazione sonora rendono ancora più leggendari gli incroci con musicisti stranieri. Uno di questi è con Carlos Santana e la sua scoppiettante band, una roboante eruzione di ritmo e musica melodiosa, alla ricerca del Suono Universale.

Credits: AFF / Rodolfo Sassano Alamy Stock Photo

Quella strabiliante esibizione a Taratata

“Non bisogna avere paura di sognare l’infinito.” 

Scrive così Carlos Santana nel suo libro Suono Universale, pubblicato in Italia da Mondadori. Sono parole profetiche per gli Elio e le Storie Tese, che proprio duettando con l’artista messicano naturalizzato statunitense coronano un sogno nel 1998, ormai finalmente affermati dopo una lunga gavetta. Eh già, la musica è davvero paragonabile a un libro “infinito”. Passione, sacrificio, desiderio e curiosità permettono sempre di scrivere un’altra pagina.

Così, pur rappresentando un percorso sorprendente, non vi è nessuna meraviglia per tale intreccio dal punto di vista prettamente tecnico e musicale, se non l’incanto per quanto esibito e visto sul palco e lo stupore a pensare alla diversa estrazione sociale e geografica dei rispettivi gruppi. Gli “Elii” e i “Santana”, difatti, sono grandi musicisti e artisti, e, fatti gli opportuni distinguo riguardo a una caratura limitatamente nazionale per gli uni e chiaramente universale per gli altri, presentano alcuni punti interessanti in comune, sia per la capacità di improvvisare sia per la tipologia di fonti ispiratrici, con jazz, funk, rock e R&B chiaramente in condivisione.

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Assistere ai call and response scambiati tra Cesareo e Carlos Santana, vedere poi le due band in simbiosi, con Christian Meyer perfettamente integrato con i percussionisti e Feiez e Faso orgogliosamente divertiti, è veramente da brividi. Si percepisce l’emozione di Elio, impeccabile anche al flauto traverso, e la felicità di Rocco Tanica, esilarante nella breve intervista, finalmente vicino ai suoi idoli, tra cui uno spiritato Chester Thompson

Un’energia incredibile in due brani iconici

Da un lato Oye Como Va di Tito Puente risulta uno dei trademark inconfondibili per lo “stile Santana”, la via latina al rock, la fusione tra salsa, mambo, rumba e riff di chitarra affilati come coltelli. Dall’altro Tapparella è probabilmente la canzone più rappresentativa dei “ragazzi italiani” che dalle cover di brani stranieri del calibro di Tenia (da Maniac di Michael Sembello) e La donna nuda (da I Want a New Drug di Huey Lewis and the News), con testi modificati a metà strada tra la goliardia, un sano umorismo e il sarcasmo, si evolvono in musiche originali reminiscenti delle loro influenze. Anche le liriche risultano sempre più accurate e aperte al “sociale”, spesso a voler risvegliare gli animi benpensanti intorpiditi.

Tapparella è inoltre carica di citazioni colte e non, menziona arte, artisti e tradizioni gettandoli in un frullatore e amalgamando il tutto a ritmo di southern rock, avvicinandosi per approccio proprio ai Santana. Non è un caso sia stata scelta per coronare la jam live a Taratata, seguita appunto dal pezzo reso celebre in tutto il mondo nel 1970 dalla band americana. L’intero album Abraxas, oltre ad essere ancora oggi uno degli standard del genere, ha fatto parte dell’enciclopedia sonora da cui Elio and company hanno attinto per comporre e sperimentare durante la carriera. Ora anche Carlos ha qualcosa da imparare dall’ensemble italiano, di cui parla entusiasta ogni volta che torna in Italia: «E’ bello che siano matti. Sono dei buoni musicisti e mi sono divertito».

PRS SE Santana SY

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Dalle feste di paese a Sanremo

Le origini

Stefano Belisari, in arte Elio, Sergio Conforti, divenuto poi Rocco Tanica, Davide Civaschi, meglio conosciuto come Cesareo e infine Faso, alias di Nicola Fasani, sono il fulcro di una band che tra svariate vicissitudini gira la Lombardia, incluse le zone limitrofe, da metà anni Ottanta. La band divenne dunque di culto: rimangono mitiche le cassettine dei loro concerti, che un incessante passaparola erge a novità di lusso per quel periodo.

Anche il sottoscritto conserva con devozione un live in Crema alla Festa dell’Unità, con relativi autografi: siamo nel 1988, ove già una strepitosa Cara ti amo faceva breccia nei cuori dei fan. Vi sono stati parecchi cambiamenti di line up rispetto al nucleo primordiale formatosi sul finire dei Settanta in un liceo di Milano, ma questi quattro personaggi riescono a infondere alla formazione caratteristiche uniche.

Sono tutti estremamente dotati e preparati musicalmente: Elio, classe ‘61, arriva dal conservatorio, canta, suona la chitarra e il flauto traverso, Rocco, nato nel 1964, è il mago delle tastiere e della drum machine, imprescindibili nelle varie derivazioni in tale epoca, Cesareo, del 1962, è un chitarrista top, già con esperienze in altre band, in grado di creare assoli tirati e di grande atmosfera, mentre Faso, il più giovane (ma di poco, vede la luce nel ‘65), è un vero re del ritmo, amante di funk, jazz e fusion con Jaco Pastorius nel cuore.

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Il primo disco e i nuovi ingressi

Sono trascorsi parecchi anni dai primi show davanti a una decina di pensionati o a quelli a offerta libera per pochi intimi. Gli eighties, come già accennato, permettono una lenta salita verso la fama, grazie anche e soprattutto agli adolescenti che si innamorano delle tematiche così a loro vicine, a quella ricerca di humour mai fine a se stesso, un poco volgare senza mai trascendere nel becero, e alla reale valenza live di questo gruppo così originale fin dal nome.

La nascita dell’appellativo Le Storie Tese ha varie versioni, sembrava provenisse da una canzone degli Skiantos, tuttavia ultimamente va per la maggiore l’idea che si trattasse di una frase detta spesso da un conoscente di Elio. Un importante ingresso nello schieramento, Paolo Panigada, per tutti Feiez (ma i soprannomi in realtà saranno tanti nel prosieguo, da Panino a Mu Fogliasch), produttore e polistrumentista, e la pubblicazione a dicembre ‘89 del primo, gettonatissimo album, Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu (con ospiti i prestigiosi Memphis Horns e Curt Cress!), smuovono ulteriormente le acque. Il nuovo decennio regala pure un batterista con attitudini jazz del calibro di Christian Meyer, a colmare la mancanza di un elemento fisso che curi la parte percussiva in brani sempre più elaborati e raffinati anche a livello sonoro.

Il successo nazionale

L’ascesa finalmente è veloce, dopo tanta gavetta: il debutto discografico riprende i classici scritti e sparsi nel tempo oltre a una manciata di nuove composizioni. Scorrono gli indimenticabili John Holmes, Silos, Cara ti amo e Cassonetto differenziato per il frutto del peccato accanto all’intrigante Nubi di ieri sul nostro domani odierno (abitudinario) e alla demenziale Cateto e si costruiscono così le basi per lo sdoganamento nazionale, raggiunto alcuni anni dopo con Eat the Phikis (1996). Il merito è del tormentone Italia sì Italia no, il cui titolo vero spesso scordato è La terra dei cachi, che fa ottenere loro il secondo posto a Sanremo. Non mancano, comunque, esibizioni trasgressive e satiriche contro il sistema politico e le istituzioni e corporazioni in generale, a dimostrazione di una coerenza sostanziale ai principi di quando iniziarono a muovere i primi passi nello showbiz.

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La definitiva consacrazione, alcuni cambiamenti, anche tragici, e infine la maturità

A fronte di una notevole celebrità raggiunta proseguono con grande successo le esibizioni in concerto e le apparizioni televisive, fra le quali si distingue quella da cui nasce l’articolo, l’indiavolata performance con Santana. Non mancano pure le pubblicazioni ufficiali come Peerla a raccogliere rarità e inediti conosciuti inizialmente solo dai fan più sfegatati, ma l’improvvisa morte di Feiez poco prima del Natale ‘98 modifica i piani per gli anni futuri, diluendo la presenza del gruppo ad eventi, show e trasmissioni. Pur se terribilmente scossi, gli EelST accolgono Antonello Aguzzi alias Jantoman (tastiere e cori) nella formazione e gradatamente riprendono la produzione discografica, mantenendo un alto livello anche dal vivo, laddove sperimentazione, contaminazione e improvvisazione con il pubblico non cessano di stupire.

La chitarra di Cesareo e il basso pulsante di Faso consentono un continuo crossover, si passa dal pop al reggae, si percorrono tutte le strade che fanno sfociare il rock nei suoi generi affini, dal progressive al punk, senza dimenticare il soul e il latino americano. Studentessi (2008) è forse l’album della maturità, in cui ospiti di diversa estrazione musicale e artistica come Giorgia, Lucio Fabbri, Baglioni, Irene Grandi, Antonella Ruggiero, Demo Morselli, Paola Cortellesi e Bisio si concedono alle bizzarrie della band corroborata dalle apparizioni dell’istrionico Mangoni.

Gli ultimi anni tra defezioni, scioglimenti e una nuova vitalità

L’ultimo quindicennio vive un’altalena di emozioni. Si accumulano partecipazioni a Sanremo (diventate quattro, con quella del 2018), Rocco Tanica si ritira dall’attività live e il gruppo si scioglie più volte per poi ricongiungersi anche dal vivo con lo stesso Tanica, fino all’ultimo concerto del 2022 per raccogliere fondi a favore dei profughi ucraini. Il 2023 è un altro anno d’oro per gli Elii, e oltre al tour solitario di Elio dedicato a Jannacci, prevede parecchie date in autunno, con la band al completo.

Il meraviglioso segreto di Elio e le Storie Tese: le radici e le influenze che hanno consentito creatività, innovazione e longevità

Definiti dal noto giornalista e critico musicale Ernesto Assanti miglior band italiana e classificatasi al quindicesimo posto nella lista dei migliori dischi italiani di tutti i tempi redatta nel 2012 dalla rivista specializzata Rolling Stone con l’opera Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, Elio e le Storie Tese in quello stesso anno vincono il referendum promosso dal Meeting delle etichette indipendenti, che li decreta come artisti simbolo della musica indipendente italiana.

Qual è il loro segreto? Sicuramente la passione, il sacrificio e l’amore sconfinato per la musica sono fattori incisivi, ma anche il robusto curriculum di ogni componente, la curiosità e il gusto di scoprire, la facilità nel tramutare le influenze in progetti d’avanguardia, hanno giovato per garantire creatività e ingegno nel costruire le canzoni, oltre al miracolo di un’amicizia mai andata persa o rovinata, pure nei momenti maggiormente difficili. Ogni personaggio del gruppo ha portato i suoi idoli, la sua storia a creare un gustoso minestrone sonoro: immaginatevi gli Earth Wind & Fire che incontrano Battisti, i Beatles che si confrontano con la PFM e i Santana a dialogare con gli Area senza scordare Frank Zappa, Lou Reed, Charlie Haden, il Quartetto Cetra e la musica classica.

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La magica chitarra di Cesareo e i suoi maestri

“Posso dire di aver suonato con Santana e non è una cosa da poco. Era il 1998 e a Taratata, in tv, ci chiesero con chi volevamo duettare. Sparammo il nome di Santana: me lo trovai sul palco, una persona deliziosa e attenta, con il suo borotalco e quel gigantesco plettro. Suonammo sul finale di Tapparella, un momento incredibile. Riusciva a tenere in piedi canzoni senza il cantato, solo con lo strumento: melodie incredibili.” Estratto da articolo di Andrea Morandi su la Repubblica, 21 Luglio 2016.

Cesareo è il componente più rock di EelST. Deep Purple, Aerosmith e Led Zeppelin sono le sue prime ispirazioni, seguite da Jimi Hendrix, apprezzato successivamente insieme a virtuosi come Eddie Van Halen e Jeff Beck, da lui denominato “la chitarra più intensa ed espressiva”. L’amore per i Beatles di sponda “mccartiana” e i Pink Floyd lo hanno ovviamente fatto virare dal punto di vista tecnico su George Harrison e David Gilmour, mentre Keith Scott (il chitarrista di Bryan Adams) e i Toto di Steve Lukather rappresentano un’altra sua passione, ovviamente oltre a uno dei personaggi chiave di questo articolo, Carlos Santana

Cesareo live – Cesenatico 2007 I Credits: it.wiki – Matteo Evangelisti

I fraseggi, i riff e gli assoli della mitica Ibanez di Cesareo ben incarnano, però, il suo concetto universale di musica. Ci sono certamente i momenti in cui ciascheduno dell’ensemble deve mettersi in primo piano, tuttavia rimane forte in lui il concetto che assimila la band a una piccola orchestra, nella quale tutti gli elementi devono convivere in armonia cercando di dar spazio alla totalità degli strumenti, al momento giusto, dando così forza al gruppo stesso. Non è un caso, quindi, la profonda stima nei riguardi di un artista americano la cui peculiarità di songwriter emerge nell’equilibrio tra le melodie create con la chitarra acustica e il ritmo, il suono apportati dai musicisti coinvolti. Si tratta di un gigante del folk country rock che ci collegherà a un nuovo capitolo di “incroci in musica”…

Un altro celebre songwriter e chitarrista americano collegato agli “Elii”

Non solo Cesareo, ma pure Rocco Tanica, Elio, Faso e il resto della truppa sono grandi estimatori di James Taylor, adorandone la capacità di mescolare i generi partendo da uno iniziale. Mexico e Steamroller Blues sono un evidente esempio, laddove il folk rock si mischia rispettivamente con sonorità latine e blues. Taylor, inoltre, compare in First Me, Second Me del pluripremiato Eat the Phikis. Il caso vuole che, sul finire del 1995, il cantautore statunitense si trovi nello stesso studio di registrazione di Rocco Tanica, per il quale è un gioco da ragazzi riuscire a convincerlo a partecipare alla canzone. Ma l’incontro di James Taylor con Elio e le Storie Tese non finisce qui, si è creata una forte empatia che porterà a un’esibizione memorabile, in cui il concetto tanto amato di armonia esplicitato da Cesareo troverà terreno fertile.

To be continued…

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Alessandro Vailati