C’è un sottile filo rosso che unisce due giganti della chitarra apparentemente agli antipodi come Pat Metheny e Carlos Santana. Sperimentazione, passione e spiritualità libera affiorano nelle loro composizioni e non è un caso che gli  incroci sul palco siano avvenuti in circostanze indimenticabili

Quando una Paul Reed Smith incontra la Roland

Niente sarà più come prima. Il 13 luglio 1985, soprannominato “il giorno in cui il rock’n’roll ha cambiato il mondo”, con i suoi 150 milioni di sterline raccolti grazie agli spettacoli del Live Aid nel Regno Unito e negli Stati Uniti, rappresenta una data epocale. Per una volta, e finalmente, la musica surclassa politica ed economia e si pone al primo posto nel tentativo di fare del bene, in questo caso per contrastare la fame in Africa. Sfila una lunga parata di star, alcune pure unite in collaborazioni insolite, al fine di creare arte, interesse per quanto sta accadendo sulla Terra e, in nome di una fratellanza universale, anche due personaggi lontani per il risultato ottenuto con le sonorità, ma tuttavia molto vicini per animo, passione e spirito, si trovano a condividere dal vivo, on stage, la loro musica. Il risultato è straordinario…

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Le sensazioni di quel magico incrocio

Positive Vibes

Il tocco di Pat Metheny associato alle ritmiche indiavolate dei Santana e agli assolo del loro leader Carlos sono qualcosa di difficile descrizione, tante sono le positive vibes emanate che giungono all’orecchio di chi le sa captare. L’Uno apparentemente freddo, o per meglio dire posato, concentrato solo sulla sua chitarra, ma con un cuore caldo, una forza e potenza che provengono dal profondo dell’animo: si percepisce tutto questo non appena si ascoltano le note cesellate fluire dalla sua Roland guitar, stimolato dall’Altro, il quale dopo averlo introdotto all’inizio della canzone, fa uscire il suo tipico sound corposo e lamentoso, un urlo di piacere da una PRS esagitata, mentre le percussioni e i canti dei vocalist creano un’atmosfera spettacolare e avvolgente.

PRS SE Santana SY

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La Scaletta

E’ un vero peccato che la performance dei Santana e il successivo arrivo di Metheny siano stati trasmessi live solo all’epoca, ma non siano finiti sulla pubblicazione ufficiale della manifestazione. Comunque grazie ai social media sono riaffiorati alcuni filmati, a testimoniare la buona qualità dell’esibizione tenutasi a Philadelphia, soprattutto del duetto dei due re delle sei corde. Carlos e la band non stanno vivendo un buon momento dal punto di vista commerciale; la freschezza e novità degli anni Sessanta, lo spirito e la trascendenza della decade successiva appaiono sbiaditi negli ultimi lavori.

Comunque l’attitudine live del gruppo è sempre eccezionale e anche le recenti Brotherhood (scelta appropriata e convincente dato il valore etico e solidale della kermesse), Primera Invasion e la più famosa rock oriented Open Invitation sono un ottimo preludio al momento magico dell’arrivo sul palco di Pat.

Il breve intro strumentale di By the Pool già incanala a livelli alti le prestazioni dei due chitarristi: i loro suoni si intrecciano e, nella diversità si complementano come per incanto. La serenità di un mare tranquillo lascia spazio alle onde positive di Right Now, altro estratto dall’allora appena uscito insipido Beyond Appearances. Ecco venir fuori la potenza della band, i “soli” di Santana, e le acque si increspano ancor più verso la fine, quando Metheny si lancia in virtuosismi selvaggi e si dimena come un leone ferito, spronato nella sua battaglia proprio da Carlos, ora alle percussioni e in movimento forsennato. Sicuramente quell’alchimia creatasi, quell’energia sprigionata ha lasciato il segno nelle loro carriere che non smetteranno di incrociarsi. 

Il percorso di Carlos prima e dopo quello straordinario incontro

La via latina al blues

A proposito di carriere, se, come abbiamo visto nel precedente articolo sugli incroci tra Daniele e Metheny, quella di quest’ultimo è lineare, forse con meno notorietà, ma priva di alti e bassi particolari, con gli anni Ottanta e Novanta particolarmente ispirati, Carlos Santana vive invece un’altalena di emozioni. Classe 1947, l’artista di origini messicane è ovviamente sul pezzo molto prima di Metheny (1954), e già nei primi Sessanta si destreggia alla chitarra a Tijuana influenzato da B.B. King e Etta James. La svolta avviene con il trasferimento repentino della sua famiglia a San Francisco, da lui boicottato in principio: lo scenario musicale presente nella Golden City è di più ampio respiro e, dopo l’iniziale fatica a integrarsi anche per via della lingua, il giovane Carlos comincia a ingranare.

La scoperta di nuovi artisti senza frontiere come John McLaughlin e l’approfondimento delle tecniche di fuoriclasse del calibro di Wes Montgomery e Gabor Szabo arricchiscono la tavolozza delle sonorità con cui pennellare i primi riff e disegnare i primi assoli, mentre le sue origini mariachi gli consentono di rimanere collegato alle ritmiche sudamericane.

Ben presto prende forma la Santana Blues Band

Siamo a inizio ‘67 e diventa una delle attrazioni preferite del Fillmore Auditorium di Bill Graham (Carlos in una serata indimenticabile suona in tale prestigiosa location pure insieme al grande Al Kooper in sostituzione del suo idolo Mike Bloomfield, indisposto per quel concerto). In seguito il gruppo viene messo sotto contratto da Clive Davis con la Columbia e suona a Woodstock, prima che esca l’album di debutto omonimo, Santana, il 22 agosto 1969. La parola blues è sparita dal nome, ora si chiamano solo, appunto, Santana e se la musica del diavolo rimane nelle loro radici, è cominciata l’evoluzione che la accorpa alle sonorità afro-cubane, a un profluvio di percussioni e percussionisti che genererà uno stile unico e perennemente imitato.

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Il successo clamoroso dei Santana

Così, a cavallo dei decenni Sessanta e Settanta la musica dei Santana possiede una forza innovativa senza paragoni, macina un’infinità di “stili” senza appartenere propriamente ad uno. Salsa, Boogaloo, Rock, Blues sono solo alcuni dei generi utilizzati all’interno delle loro composizioni o reinterpretazioni che ridefiniscono il concetto della cultura artistica latina, riprendendo e rivoluzionando ciò che c’era stato prima, da Mongo Santamaria a Ritchie Valens.

Sono solo passati un paio d’anni da quell’infuocata esibizione a Woodstock, dal primo, genuino, omonimo album a cui poi si è aggiunto Abraxas, capolavoro forse irraggiungibile a livello di hit e vibrazioni positive, ed ecco che ci si trova a fare i conti con un’altra meraviglia. Santana III è infatti la parte finale di una perfetta trilogia, prima del cambio di rotta jazz fusion di Caravanserai e Welcome (1973), dimostrazione della predilezione al mutamento insito nell’ensemble capitanato da Carlos. Seguono qualche passo falso, continui e stimolanti cambi di line up  e un altro successo di vendite come Amigos, contenente la celeberrima Europa (Earth’s Cry, Heaven’s Smile), fino a scelte meno azzeccate, come Marathon, del ‘79, che spinge verso la ricerca del mantenimento del riscontro commerciale senza ispirazione, lasciandosi trascinare come una zattera in mezzo al mare in tempesta, giungendo agli infausti anni Ottanta.

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Il momento difficile e la forza di riprendersi

A dimostrare proprio l’inizio di un’epoca nuova non è un caso che l’8 gennaio 1981 il primo video trasmesso da MTV sia Video Killed the Radio Star, da The Age of Plastic, dei Buggles. L’età della plastica, mai immagine migliore poteva essere studiata per il tipico sound degli eighties, dove i progressi dei sintetizzatori permettono di plastificare i suoni e creare con le tastiere i fiati, gli archi, i cori, qualsiasi ritmica e strumentazione.

Il tentativo di galleggiare in mezzo a quegli arrangiamenti sontuosi, ma in realtà di cartapesta, non destinati a durare, e a quelle sonorità “nuove” non porta a grandi risultati: Shangó strizza l’occhio al pop senza incidere, e si arriva così al mediocre già citato Beyond Appearances, forse il momento più di “plastica” della band. Ma il Live Aid e l’incrocio con Metheny fanno da volano per una seconda parte degli eighties migliore, se non per successo di vendite almeno per qualità artistica. Freedom (1987) si eleva per livello di sonorità e composizioni e Spirit Dancing in the Flesh accompagna nel nuovo decennio con rinnovato ardore.

Da Sacred Fire a Supernatural, la battaglia è vinta, la fiamma non si è spenta

Nuovi artisti, nuovi stili e generi accolgono gli anni Novanta. Insomma la plastica ha preso fuoco e sta per sciogliersi, e accanto a movimenti musicalmente rivoluzionari come il grunge, ritorna l’interesse per gli artisti che non si sono mai arresi in maniera definitiva all’effimero cambiamento in atto nel decennio in cui l’immagine e il suono “facile” avevano prevalso dal punta di vista commerciale.

L’ispirato Milagro e il susseguente rovente tour del 1993 rivitalizzano i Santana. Il live Sacred Fire evidenzia una band e il suo leader in stato di grazia. il peggio è passato, ma il meglio, almeno in ottica di ritorno alla celebrità, deve ancora venire. Quell’attitudine alla “fiamma”, come la chiama Carlos, è rimasta accesa sempre, anche nei momenti più difficili e ora splende come non mai per merito di Supernatural che nel 1999 lo riunisce a Clive Davis.

Ne esce un album eclettico, ricco di collaborazioni con artisti più giovani e amici/colleghi storici, che fa il botto, ottenendo nove premi Grammy e diventando 25 volte disco di platino. Per dirla nella filosofia di Carlos Santana, sempre legata ai poteri divini presenti, se cercati e ascoltati nell’Universo, e utilizzando proprio i titoli da lui prescelti per il disco e una canzone che uscirà nel lavoro successivo, ma concepita in quel periodo, “è accaduto qualcosa di Soprannaturale, e la battaglia è vinta, la vittoria è conquistata (Victory is Won)”.

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Lo sciamano della musica

Altri due dischi di duetti, il ritorno a sonorità latine e africane, album strumentali e reunion con membri storici della band caratterizzano l’ultimo ventennio, contraddistinto da un’intensa attività live e qualche problema di salute miracolosamente risolto. L’ultima opera in studio Blessing and Miracles vede la luce a ottobre 2021, coinvolge alcuni dei suoi figli e offre sensazioni contrastanti: è ricco di spunti, ma fragile e scontato in alcune scelte. Comunque, ricordando ancora un titolo di un altro lavoro recente e di successo, Santana rimane uno Sciamano, generoso nel dare a tutti noi stimoli profondi in un’epoca oltremodo complessa.

Carlos e Pat, l’amicizia si rinnova

Un altro incrocio emozionante

Ci eravamo lasciati all’estasi del Live Aid, ma le strade dei due chitarristi si intrecciano ancora in un momento davvero topico, ora che abbiamo analizzato attentamente anche la carriera dell’artista messicano. Infatti è proprio durante il tour che comincia a rimettere in pista il gruppo, nel 1991, dopo la pubblicazione di Spirit Dancing in the Flesh, che giunge un nuovo entusiasmante duetto dal vivo tra i due personaggi.

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È il 24 gennaio, siamo al Maracanã di Rio De Janeiro e, annunciato come “My Brother Pat Metheny” ecco approdare il “principe del Roland synth” e cominciare a far fiorire la sua chitarra in

Peace on Earth…Mother Earth… Third Stone from the Sun. La canzone, presente in Spirit Dancing in the Flesh, incorpora un brano del leggendario John Coltrane insieme a una composizione di Santana e al famosissimo pezzo di Jimi Hendrix

L’importanza di questo incontro per il loro futuro

Dopo un inizio in cui i due artisti ricominciano a prendersi le misure, la performance raggiunge l’apoteosi: Metheny è indiavolato, totalmente concentrato sui riff e gli assoli in modo da rendere onore a uno dei motivi più adorati partoriti dalla mente geniale del suo guitar hero. E a tal proposito da questo show trarrà ispirazione per incidere la sua versione di Third Stone from the Sun realizzata nel 1993 nello stupendo Stone Free: A Tribute to Jimi Hendrix.  La vibrante esibizione di Carlos trae invece linfa da qualcosa di mistico e trascendente, tipico della sua filosofia di vita. Anche lui, come Hendrix, era sprofondato in una stanza degli specchi da cui non riusciva a più uscire e i riflessi di sé gli restituivano immagini contrastanti: Carlos il precursore, il tossico, lo spirituale, il carnale, lo spontaneo, lo stereotipato…

Che fine aveva fatto lo sperimentatore privo di inibizioni dei primi album? Sospinto da forze contrarie, sembrava aver smarrito la strada maestra della sua arte, e, dunque, della sua vita. Come un’anima fragile cercava di far volare la sua arte sopra il deserto della sua esistenza, ma gli mancava un filo conduttore, un tema fondante, un senso preciso, e temeva fortemente di non essere più in grado di realizzare tutto ciò che avrebbe voluto.

Ma gli anni Novanta gli avrebbero ridato vigore, forza e convinzione e, come abbiamo visto anche analizzando la sua carriera, il seme della rinascita nasce in quel periodo, grazie anche a questi scambi, a tali incroci con artisti come Metheny. E non è un caso che questi due fantastici personaggi si ritroveranno negli stessi giorni, pur se non sullo stesso palco, a un evento ove la chitarra è regina, il Crossroads Guitar Festival di Eric Clapton. Potere della musica!

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Santana e l’Italia

Arrivato come un tornado anche sulla scena musicale dell’Italia di fine anni Sessanta, Carlos Santana non solo viene riconosciuto pure nel Belpaese come il chitarrista più identificabile al mondo, l’uomo dal suono universale, ma molti autori e appassionati della sei corde si ispirano e connettono al suo patrimonio musicale. Sono tanti i bei episodi live che collegano il gruppo statunitense e il suo frontman alla nostra nazione – compreso purtroppo uno da dimenticare nel ‘77, quando al Vigorelli di Milano, nel cuore degli anni di piombo, un loro show viene interrotto -, Pesaro e Napoli nel ‘98 e Milano nel 2003 sono fra i più amati. Inoltre non sono mancate interessanti collaborazioni con artisti del luogo.

Non è un caso la partnership del 1990 con il compositore Paolo Rustichelli, a quell’epoca in contatto con tre grandi musicisti fra i più grandi amici di Carlos: Miles Davis, Wayne Shorter e Herbie Hancock. Full Moon di Rustichelli figura, guardate un po’, sempre in quel disco spartiacque che è Spirit Dancing in the Flesh, e fa parte della setlist di Mystic Jazz, intrigante lavoro del pianista e tastierista italiano, in cui compaiono come ospiti anche i tre personaggi leggendari citati. Ma è soprattutto una performance live insieme a una band rivoluzionaria come Elio e Le Storie Tese a rimanere memorabile, a incendiare gli animi e costruire un ponte tra il latin rock dei Santana e la sperimentazione pop rock demenziale di un gruppo virtuoso, originale e goliardico…

To be continued…

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Alessandro Vailati