Gary Lucas vanta una carriera straordinaria, i cui momenti culminanti riguardano forse il suo periodo con Captain Beefheart, Jeff Buckley e con la sua band Gods and Monsters. Meno noto è invece il suo legame pluriennale con l’Italia. Oggi Planet Guitar vuole approfondire questo aspetto della vita di Lucas, partendo dalla sua nascita a Syracuse, New York, il 20 giugno 1952. 

Bologna, 22/03/2015 ©Andrea Bernardi

PlanetGuitar: Syracuse deve il suo nome alla città di Siracusa, in Sicilia. Ci sei mai stato? 

Gary Lucas: No. Ho suonato a Palermo e a Capo d’Orlando, ma non sono mai stato a Siracusa. Ce l’ho in programma però! Uno dei miei piatti preferiti sono gli arancini, le polpette di riso ripiene di ragù. Sono quasi completamente astemio, ma mi piace bere un limoncello o un amaretto dopo cena…

PlanetGuitar: Hai iniziato a suonare la chitarra a nove anni. Tra le tue chitarre più note ci sono una National Steel degli anni ’20 del Novecento, una Firebird, una Stratocaster “Mexico” e una Telecaster vintage, ma usi anche pedali Dophix Overdrive italiani… 

G.L.: Esatto, il mio preferito è il Lussuria. Tra le distorsioni è quella con il suono più caldo e morbido. Ed è retroilluminato, così posso vedere cosa faccio anche al buio. 

Epiphone Firebird Vintage Sunburst

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PlanetGuitar: La tua prima grande esibizione musicale è stata con Don Van Vliet, detto Captain Beefheart. Aveva suonato al Pop Festival di Roma nel 1968, dopodiché non è più tornato in Italia. Preferiva gli USA? 

G.L.: No, penso che dipendesse dai capricci dei suoi agenti. Gli sarebbe piaciuto molto suonare in Italia, apprezzava la cultura di questo paese. 

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Ulteriori informazioni

 
PlanetGuitar: Dopo il ritiro di Beefheart dalle scene, hai proseguito con la Magic Band. È stato un bel periodo per te?  

G.L.: Sì. Ci prefiggevamo di suonare nel modo più fedele possibile alle registrazioni. Abbiamo fatto molte cose con Denny Walley, musicista di Frank Zappa, con John French e con Mark Boston. Robert Williams suonava la batteria durante i tour. Ci siamo divertiti molto insieme.

PlanetGuitar: Poi nel 2012 hai suonato in Sardegna, al festival jazz di Sant’Anna Arresi… 

G.L.: Una bellissima esperienza e un pubblico molto caloroso. E poi ricordo di aver mangiato del pesce fantastico! 

PlanetGuitar: Hai anche lavorato con il cantautore italiano Alessio Franchini…

G.L.: Il progetto è nato perché la presidente del Jeff Buckley fan club italiano, Annarita Mancini, di Rimini, aveva organizzato un tributo. Lì si è concretizzata la collaborazione con Alessio, grande ammiratore di Buckley. Abbiamo tenuto molti concerti insieme. Ho ricevuto un premio alla carriera quando abbiamo suonato insieme al festival “Moon in June” in Umbria, un evento che prende il nome da un pezzo dei Soft Machine di Robert Wyatt

PlanetGuitar: Il tuo viaggio del settembre 2012 ha coinciso con la pubblicazione del tuo libro Touched by Grace – La mia musica con Jeff Buckley. Come è stato accolto?   

G.L.: Molto bene! È uscito prima in italiano e ha avuto un’ottima accoglienza. È una cosa bellissima, ma pesa una tonnellata!

Roma, 21/07/2019 ©Paolo Soriani

PlanetGuitar: Forse non tutti sanno che scrivi molto…

G.L.: Ho vinto un premio del National Council of English Teachers come scrittore, il che mi ha aiutato ad accedere alla Yale University per studiare letteratura inglese. Ho scritto un articolo per l’edizione italiana di Rolling Stone, intitolato La mia vita in 10 canzoni, che è stato molto apprezzato…

PlanetGuitar: Nel 2013 hai eseguito un tributo a Buckley al Barezzi Festival di Parma insieme a Vinicio Capossela. Com’è stata l’accoglienza?  

G.L.: È stato un concerto da sogno. Adoro Vinicio. Ho suonato in trance per circa 2-3 ore, poi sono stato a una cena spettacolare in un ristorante dove ho scoperto la musica di una cantante deliziosa, Lhasa de Sela. Consiglio vivamente il suo album The Living Road. 

PlanetGuitar: Poi hai lavorato con Mari Conti di Zero 7, con cui hai scritto una canzone inedita, You will see my flame again, è così? 

G.L.: Sì. Avevo inviato la base strumentale a Jeff poco prima che morisse. Nel suo ultimo anno di vita mi aveva chiesto di mandargli della musica. Componevo tutti i riff e la struttura armonica sulla chitarra e lui mi restituiva ogni volta il tutto completo di versi e melodia perfetti. Così ho dato questa base strumentale a Mari e l’abbiamo suonata in Nord Italia. Quando siamo insieme suoniamo sempre quella canzone. 

PlanetGuitar: Hai qualche aneddoto sui fan, in relazione ai tuoi tanti tour?

G.L.: A Sydney ho incontrato una donna incantevole di nome Natalie Bambi, che mi ha chiesto di autografarle il braccio con un pennarello Sharpie, perché poi se lo sarebbe fatto tatuare. Una cosa simile mi era successa solo una volta prima di allora, con un fan italiano di nome Gigi che si era fatto tatuare sull’avambraccio le prime battute di Mojo-Pin, da me scritta insieme a Jeff. 

Lago Trasimeno (Umbria), 20/06/2019 ©Luca Zannotti

PlanetGuitar: Per finire, ci racconteresti cos’hai fatto durante il lockdown e a quali progetti hai lavorato da allora?

G.L.: Come tutti, all’inizio non volevo accettare la cosa. Mi sono subito dedicato al live streaming per mantenere la visibilità. Ho caricato quasi 100 video su YouTube e sulla mia pagina web, con un riscontro straordinario. Dopo averli visti, uno dei miei assidui spettatori a Sydney ha organizzato il mio recente tour australiano.  

Ho registrato l’album Double Dare in coppia con Peter Willems, un giovane e premiato bassista olandese che speriamo di poter portare con noi in tour in autunno, e ho inciso in Normandia un EP con il cantante francese Yass Body. Poi un album free jazz in coppia con il compositore percussionista Lukas Ligeti, un album con Dorothy Moskowitz, vocalist del gruppo psichedelico anni ’60 The United States of America, un album strumentale solista intitolato Cool Hand Luke, registrato a Praga, e i volumi 2 e 3 del progetto pop cinese The Edge of Heaven, con Feifei Yang alla voce e Jason Candler al sax. Puoi ascoltare Feifei e me nella versione del classico di Bob Dylan All Along the Watchtower.

Quindi sì, mi sono dato da fare. E intendo continuare così finché campo, come si suol dire! 

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Paul Rigg