Mentre si riposa nella sua sontuosa camera d’albergo a Los Angeles dopo un altro memorabile concerto con i Blondie, Glen Matlock, bassista dei Sex Pistols e dei Rich Kids, racconta a Planet Guitar della rabbia che anima il suo nuovo, sardonico album da solista, del tour con Debbie Harry, e di come, ripensandoci, talvolta qualche pugno ben assestato non sarebbe stata una cattiva scelta.

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© Neil Lupin/WENN

PlanetGuitar: L’ultima volta che ci siamo visti ti avevano appena rubato il tuo leggendario basso Ivory Fender Precision del 1961. Hai più avuto notizie dello strumento?

Glen Matlock: Non ancora, ma non ho smesso di cercarlo. La sua perdita mi ha fatto passare la voglia di suonare per un po’, perché ogni volta che prendevo in mano un basso non era come quello che mi avevano portato via. Vorrei riaverlo più di ogni altra cosa, era il mio orgoglio e la mia gioia.

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PlanetGuitar: Hai appena pubblicato un album da solista intitolato Consequences Coming. A cosa ti sei ispirato?

G.M.: Credo che negli ultimi quattro o cinque anni la popolazione britannica sia stata ingannata. La Brexit non ha giovato a nessuno. I musicisti possono continuare a fare tour in Europa, ma ora è più complicato. Un maggior numero di persone si sta rendendo conto di quanto sia stata ridicola questa sbandata a destra. Quel che è successo è traumatizzante, siamo stati presi per i fondelli. Abbiamo permesso a un manipolo di presuntuosi di derubare il paese.

Con Consequences Coming pensavo di essere arrivato troppo tardi, ma poco tempo fa ero a Manhattan, New York, e non riuscivo a trovare un taxi perché dalla parte opposta stava arrivando Donald Trump per essere chiamato in giudizio. Non nascondo di aver provato una certa soddisfazione. Come diceva mio padre: “Il piacere sta nelle piccole cose.” [Ride]

PlanetGuitar: Sulla copertina dell’album ci sei tu che tieni in mano un Höfner: cosa te l’ha fatto scegliere?

G.M.: Sono da sempre un fan del primo musicista di rock ’n roll inglese, Tommy Steele. Non molto tempo fa mi sono imbattuto in una fantastica foto di lui e Alex Harvey mentre suonavano degli Höfner President nel backstage. Poi sono entrato in un negozietto di chitarre a Kilburn [Londra] per comprare delle corde e ci ho trovato un Höfner President! Dovevo assolutamente averlo. Che suono fantastico!

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PlanetGuitar: “Head on a Stick” è stato il primo singolo e da qui si capisce qual è il tono dell’album. È un incitamento alla protesta popolare?

G.M.: Penso che i responsabili di questi danni dovrebbero essere chiamati a risponderne. Boris Johnson sta dimostrando di aver fallito. L’idea per la canzone è venuta da una marcia anti-Brexit a cui aveva partecipato quasi un milione di persone. Mi ero imbattuto nel mio vecchio amico Kevin Rowland dei Dexys Midnight Runners e dietro di noi c’era un tizio rasta che suonava Let’s Stick Together di Bryan Ferry: ho pensato che quell’istante esprimesse esattamente il sentimento che volevo trasmettere.

PlanetGuitar: C’è senso dell’umorismo nel video. La canzone è mossa più dalla frustrazione o dalla rabbia?

G.M.: Da entrambe. Adoro Steve Bray, quel tizio a Parliament Square che continua a lamentarsi della Brexit con il suo megafono. L’unica nostra arma è il voto.

PlanetGuitar: Confermi anche le tue idee politiche con il tuo sostegno all’Ucraina in un album che hai pubblicato sei mesi fa e che hai inciso con Raymond Meade.

G.M.: Esatto. Raymond è un amico che suona il basso con gli Ocean Colour Scene e ha contatti con l’Ucraina. È stato divertente, educativo e abbiamo raccolto fondi per la causa.

PlanetGuitar: Nel brano Speaking in Tongues c’è un verso: “ain’t never heard so much untruth”, “non ho mai sentito così tante bugie”. Mi domando se non si riferisca in parte alla serie di Danny Boyle, dove si suggeriva che eri stato espulso dai Sex Pistols.

G.M.: No, perché la canzone è stata scritta prima. Pensavo che fosse importante che la serie proseguisse perché era basata sul libro di Steve Jones, ma mi ha deluso.

PlanetGuitar: Perché questi miti del rock sono tanto gettonati per le serie?

G.M.: Per i registi sono storie facili da sviluppare. È giornalismo pigro. 

[A questo punto Debbie Harry e il batterista Clem Burke inviano un messaggio a Matlock per chiedergli se voglia scendere per la “colazione offerta dall’hotel”. Lui ride e commenta ironico: “L’eccentrico mondo del rock ’n roll!”] 

PlanetGuitar: Ho notato che in molti brani al basso c’è Norman Watt-Roy, dei Ian Dury and the Blockheads e alla chitarra Earl Slick, che suonava con David Bowie.

G.M.: Quando ho iniziato a registrare l’album sono andato a vedere una mostra sui Clash al Barbican, dove ho trovato Norman e gli ho chiesto se volesse suonare con me in studio. Con Earl avevo già suonato e si è unito anche lui. Prometto loro il mondo e si ritroveranno con un cappuccino e un pugno di mosche, ma farei lo stesso per loro.

PlanetGuitar: L’album è stato registrato e mixato sia a Londra che a Los Angeles. Dov’è il tuo cuore?

G.M.: Non saprei. Se potessi permettermelo, sarei tentato di fare come Elton John e tenermi una casa in entrambi i posti.

PlanetGuitar: Tornando al 1977, la fama di Never Mind the Bollocks ti ha cambiato?

G.M.: Tutti pensano che il 1977 sia stato l’anno dei Sex Pistols, ma nel 1976 eravamo sulla copertina di Melody Maker, c’è stato il tour britannico Anarchy, poi interrotto, è uscito Anarchy in the UK e abbiamo partecipato a quella famosa trasmissione di Bill Grundy. Niente ti prepara ad affrontare tali situazioni. Mi sono divertito, ma è stato anche un peso notevole da sopportare. Ero nell’occhio del ciclone, quindi non so se stessi cambiando o meno.

PlanetGuitar: Se potessi, che consiglio daresti al giovane che eri in quegli anni?

G.M.: Non sono una persona violenta, ma talvolta un pugno ben assestato al momento giusto non sarebbe stata una cattiva idea! [Ridiamo entrambi].

PlanetGuitar: Ora Malcolm McLaren, Vivienne Westwood e ultimamente Nora Forster, moglie di John Lydon, non ci sono più. Queste perdite ti hanno colpito?

G.M.: Sì, li conoscevo tutti molto bene. La vicenda di Nora mi rattrista molto, non la sentivo da tanto tempo. È morta di Alzheimer, un’esperienza che ho vissuto personalmente con mio padre cinque anni fa, quindi so quanto è terribile questa malattia. Ti porta via l’anima. Mi dispiace molto per John. Un po’ meno per Malcolm, mentre Vivienne l’ho vista al funerale di Malcolm. Era un grande talento della moda. Chrissie Hynde ha suonato un motivo di Buddy Holly e Nick Cave ha cantato una canzone molto bella. I funerali hanno un potere catartico.

PlanetGuitar: Hai detto: “John e io non siamo i migliori amici, ma non siamo nemmeno i peggiori nemici.” Lo hai sentito recentemente?

G.M.: No. Il processo e il film non hanno aiutato in questo senso. Non necessariamente si rimane in contatto con le persone, ma l’altra sera ho cenato con Steve Jones, dato che mi trovo a Los Angeles. È stato bello rivedersi.

PlanetGuitar: Stai lavorando al nuovo album in studio dei Blondie, puoi dirci qualcosa in proposito?

G.M.: Abbiamo già registrato molte cose, è bello, ma non so ancora quando uscirà. C’è un altro chitarrista al posto di Chris Stein. È diverso da Parallel Lines; ciò che mi piace dei Blondie è che continuano a evolversi; in questo sono simili ai Talking Heads. Rapture, per esempio, è una canzone funk rap. Al Coachella di venerdì scorso Nile Rodgers degli Chic è venuto a suonare un paio di pezzi con noi. È stato un bel momento.

PlanetGuitar: Per concludere, sei in tour con i Blondie, recentemente hai suonato al tour Lust for Life degli Stooges e stai promuovendo il tuo album personale. Come riesci a trovare un equilibrio tra tutti questi impegni?

G.M.: Cercando di non perdermi le e-mail! Lust for Life è stato un lavoro più “dietro le quinte”, molto impegnativo, ma con i Blondie si gira il mondo soggiornando in ottimi hotel. Quindi prendiamo le cose come vengono! [Ride].

Ci ha fatto molto piacere vedere Matlock ancora infervorato dalla passione politica di quel giovane punk che ha cambiato la storia della musica. Il suo album, dal carattere acerbo e dall’umorismo cupo, è ricco di brani orecchiabili e merita certamente di essere ascoltato. “Grazie per il tuo tempo e la tua generosità, Glen”, gli dico. “Grazie a voi, e in bocca al lupo per il vostro nuovo progetto!”, risponde allegramente.

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Redazione