Dalle persecuzioni naziste a danno della sua famiglia all’infanzia in accampamenti nomadi tra falò e musica; dal suonare con la leggenda del violino Stéphane Grapelli a soli 10 anni a lavorare con Jaco Pastorius mentre combatteva la sua dipendenza dalle droghe; Biréli Lagrène ha avuto una vita incredibile.

Oggi Lagrène ha gentilmente aperto le porte di casa a Planet Guitar per farci esplorare la sua affascinante storia, e il motivo per cui intravede brillanti nuovi orizzonti per la chitarra…

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Ulteriori informazioni

PlanetGuitar: Come si sta in Alsazia, nord-est Francese; cosa ti trattiene in questo posto?

Biréli Lagrène: È principalmente abitudine; ma è una regione fantastica.

PlanetGuitar: Partiamo dalle tue radici: potresti raccontarci dei tuoi genitori e nonni?

B.L.: I miei parenti erano violinisti e chitarristi. Sarebbe stato impossibile non diventare un musicista.

PlanetGuitar: Essendo loro di etnia Sinti e vivendo in centro europa durante l’epoca nazista l’avranno sperimentata sulla loro pelle…

B.L.: Non i miei genitori direttamente, ma la mia famiglia è stata catturata e portata nei campi di concentramento. La famiglia di mia madre dovette spostarsi attorno alla “zona neutra” al sud della Francia, dove niente di tutte quelle orribili cose stava accadendo, ma entrambi i rami della mia famiglia hanno dovuto soffrire.

PlanetGuitar: Puoi descrivere l’ambiente in cui sei nato?

B.L.: Era stupendo. Mio fratello e le mie due sorelle erano praticamente liberi, i miei genitori c’erano, ma non erano restrittivi con noi. La maggior parte della nostra vita era spesa attorno alla musica.

PlanetGuitar: Ho letto che sei cresciuto in un accampamento Rom e mi stavo chiedendo se fosse pieno di caravan, falò e musica…

B.L.: Esattamente così. C’era il fuoco praticamente ogni sera. Io e mio fratello suonavamo la chitarra, mia madre cucinava, mio padre grigliava la carne – stile cowboy…

PlanetGuitar: Il tuo talento musicale cominciò ad attirare l’attenzione delle persone già a 4 anni, anche del sindaco…

B.L.: Sì, e anche a scuola le maestre mi chiedevano di portare la chitarra. Infatti il preside fù particolarmente d’aiuto perchè mischiavo scuola e concerti, lui mi autorizzava i giorni in cui non potevo esserci. Sono stati molto buoni con me a scuola.

PlanetGuitar: Sei cresciuto parlando fluentemente francese, inglese, sinti-manouche e tedesco… parli altre lingue?

B.L.: Un pò di italiano e giapponese… Ma come molti musicisti viaggio molto attorno al mondo quindi ogni volta imparo qualcosa e mi faccio capire.

PlanetGuitar: ¿y hablas espanol?

B.L.: ¡Si, un poquito! [ride]

PlanetGuitar: Si può dire che al di là del linguaggio sia la musica il tuo più potente strumento espressivo?

B.L.: In realtà penso alla chitarra come una prima lingua. Suono da prima di saper parlare e rende la comunicazione molto più semplice. Se sono annoiato o frustrato prendo il mio strumento – chitarra, basso, o piano- e provo a dimenticarmene.

PlanetGuitar: Ricordi il tuo primo strumento?

B.L.: Mio padre uscì e mi prese una piccola chitarra; ancora me ne ricordo. Non so cosa le è successo…

PlanetGuitar: E la tua prima vera chitarra?

B.L.: Nel 1978, mio padre uscì e mi prese una tipica Django Reinhardt Selmer model. A quel tempo c’era un gran liutaio a Parigi chiamato Jacques Favino che produceva quel genere di chitarre, e suonavano benissimo. Quando mio padre tornò a casa ero contentissimo, avevo finalmente la chitarra dei miei sogni.

PlanetGuitar: Suoni anche violino, contrabbasso, basso elettrico, batteria, e piano, ma ti ho anche visto cantare…

B.L.: Era un tentativo; un orrendo tentativo, purtroppo! [ride]. Ascoltando Frank Sinatra pensavo di cantare qualche canzone in quello stile…

PlanetGuitar: Hai mai preso delle vere e proprie lezioni di musica?

B.L.: No, ho avuto due insegnanti di chitarra quando avevo 13 anni, ma non sono mai tornati dopo la prima lezione. Non sapevano che ero in grado di suonare.

PlanetGuitar: Non hanno chiesto lezioni a te?

B.L.: [ride].

© Alexandre Lacombe

PlanetGuitar: Tornando alle tue influenze, tuo padre ti ha introdotto a Django Reinhardt; quando eri piccolo cosa ti attraeva di lui?

B.L.: Non lo so tutt’oggi. Probabilmente era il suo suono che avevo interiorizzato già in tenera età. Inoltre molti chitarristi gypsy adorano Django, e provano a copiare il suo stile, immagino di essere uno di loro.

PlanetGuitar: Hai registrato Routes to Django nel 1980; cosa ne pensi di quell’album ora?

B.L.: Ne sono contento. Ero molto eccitato di fare una cosa del genere quando ero un bambino, ma è divertente, non l’ho mai più ascoltato.

PlanetGuitar: A quel tempo sei andato ad un concerto di Stéphane Grappelli e lui ti ha invitato sul palco…

B.L.: Esatto, addirittura prima che registrassi il mio primo album. Siamo andati a Strasburgo per vederlo suonare con Larry Coryell, Philip Catherine, e Niels-Henning Ørsted Pederson. Mio zio conosceva Stéphane, e durante una pausa siamo andati a parlarci e ho suonato per lui. Poi il concerto è ricominciato, lui mi ha preso per mano e ha detto “vieni sul palco con me”…

PlanetGuitar: Quindi era una completa sorpresa…

B.L.: Sì, abbiamo fatto tutta la seconda parte e finito il concerto insieme; ho dei bei ricordi legati a quell’invito.

PlanetGuitar: Grapelli era molto più vecchio di te, ha conosciuto la povertà da giovane crescendo in un orfanotrofio; hai percepito qualche connessione con lui che andasse oltre alla musica?

B.L.: Non ci siamo visti spesso dopo quell’occasione, forse a qualche festival, ma le discussioni giravano sempre attorno alla musica.

PlanetGuitar: Nel 1981, a 15 anni, hai suonato di fronte al tuo primo grande pubblico; ti ricordi di quel momento?

B.L.: Certo! Il Montreux Jazz Festival era pieno di musicisti molto famosi. È divertente perchè mio fratello dice sempre: “Hai avuto il coraggio di fare ciò che molti non sono riusciti a fare quando eri ancora giovane”. Ero senza paura prima; ma oggigiorno sono ansioso quando comincio un concerto. Tuttavia va bene così, perché aiuta lo spettacolo a non diventare routine.

PlanetGuitar: Poi a metà degli anni ottanta sei andato in tour con Jaco Pastorius e avete registrato Stuttgard aria insieme. Jaco aveva problemi di salute mentale e droga all’epoca; era molto evidente secondo te?

B.L.: Lo era. Lo vedevo ridotto male a volte. Non era solo alcol e droga, ma aveva una malattia ed era incontrollabile. È stato difficile per me perché avevo 19 o 20 anni all’epoca. Mi sentivo male per lui.

PlanetGuitar: Come gestivi la cosa?

B.L.: Mantenevo le distanze. Dicevo a me stesso “Non voglio diventare così”. Mi ha insegnato ad evitare quella roba.

PlanetGuitar: Ma avevate anche un rapporto di amicizia…

B.L.: Sì, allo stesso tempo era adorabile. Stavo iniziando ad imparare a suonare il basso e quando avevamo mezz’ora libera lui diceva: “Facciamolo” e mi insegnava un sacco di cose. Mi ha suonato Portrait of Tracy nella sua camera d’hotel, e non potevo credere alle mie orecchie – e ai miei occhi, perchè la sua tecnica era incredibile da vedere. Ero il ragazzo più felice sulla terra.

PlanetGuitar: Pastorius ha suonato con i Weather Report, che al tempo stavano andando incontro a molti cambiamenti, sei stato vicino ad unirti alla band?

B.L.: A metà degli anni ottanta ho parlato con Joe Zawinul, quando stava formando i Weather Update, e lui mi chiese di unirmi a loro. Sfortunatamente non potevo, ero stato contattato dalla Blue Note Records, e avevamo molta promozione da fare.

PlanetGuitar: Un’altra tua grande influenza è George Benson…

B.L.: George è uno dei migliori cinque chitarristi al mondo per me; se sei un chitarrista e non ti piace come suona questo è un vero problema. Lo conosco da più di 30 anni ora, è sempre interessato a nuovi chitarristi, ed è ancora una grande influenza.

PlanetGuitar: Sei stato associato a molte chitarre, ma se ci fosse un incendio nel tuo negozio di chitarre, quale salveresti?

B.L.: Se ne avessi l’opportunità, prenderei la Fender Stratocaster del 1964 e la [Gibson] L-5. Se potessi prendere queste due, il resto potrebbe bruciare! [ride].

PlanetGuitar: Alcune persone dicono che la musica chitarristica è morta ma tu dici che è appena cominciata; cosa te lo fa dire?

B.L.: Quando guardo i giovani chitarristi, mi accorgo che suonano sempre meglio, con una tecnica incredibile. E la chitarra è giovane rispetto al violino, che ha 500 anni, quindi per questo dico che siamo solo all’inizio.

PlanetGuitar: Tu hai sia suonato con un’incredibile selezione di artisti sia dato prova delle tue abilità attraverso molti generi di musica; quali sfide ti rimangono da completare?

B.L.: Spero molte! infatti, ora che sto invecchiando, sto facendo più pratica! Voglio ancora suonare e scoprire cose nuove!

Una delle “cose nuove” di Biréli Lagrène è stata avere sua figlia, Zoé, come contante in Solo Suites del 2022. L’album è principalmente strumentale, ma lui volle fortemente averla in una canzone, e insieme scelsero Angel for Montgomery, che è stata precedentemente suonata da Bonnie Raitt, Un’altra “cosa nuova” è stato l’album tributo al grande compositore francese Loulou Gasté, la cui uscita è programmata per settembre 2023.

Nonostante una storia di vita incredibile, fortunatamente per noi, il grande Biréli Lagrène ha ancora molto da dare… 

Hal Leonard Django Reinhardt

Hal Leonard Django Reinhardt

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Paul Rigg