Steve Vai è uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi. Una tecnica e un’espressività fuori dal comune hanno elevato al massimo la sua continua sperimentazione nel rock strumentale, ora con sfumature hard-heavy, ora con derive progressive fino a insinuarsi nella fusion. L’avventura di questo virtuoso dalle origini italiane comincia proprio con un altro artista legato al Belpaese, Frank Zappa, e da lì sboccia l’amicizia con suo figlio Dweezil, più giovane di nove anni, tuttavia impaziente di balzare agli onori della cronaca musicale. La prima canzone scritta insieme è solo l’inizio di una partnership duratura che li porterà anche a condividere diverse volte il palco, regalandoci entusiasmanti guitar duel. “Crossroads”, la rubrica di Planet Guitar che si nutre di incontri memorabili, non poteva perdersi quest’incredibile incrocio. Si dia inizio alle danze!
Da Zappa Sr a Jr: Steve Vai incontra Dweezil
My Guitar Wants to Kill Your… smartphone
“Nelle canzoni sono scomparsi gli assoli di chitarra e quei momenti puramente musicali che nessuno ascolta più. La musica si sente, mentre si fanno altre cose”. Estratto da intervista (13/5/2025), su laprovinciacr.it, allo psicoterapeuta Roberto Marchesini, autore del volume Smetto quando voglio. Come uscire dalla dipendenza da smartphone (e magari insegnarlo ai figli).
Fa scalpore, nel nostro ambiente chitarristico, nella nostra dissetante oasi di buona musica, la triste e (in buona parte) reale analisi dei tempi moderni di Marchesini. O, pensandoci bene, forse no. Lo sapevamo già. Ormai ci siamo abituati a sopravvivere nella nostra nicchia, e un numero sempre più nutrito di appassionati conferma la strada intrapresa da Planet Guitar.
La chitarra e il rock non sono morti come vorrebbero farci credere, bisogna solo non adagiarsi in superficie e andare un poco più a fondo. Ce lo insegnano anche Dweezil Zappa e Steve Vai: con il loro curriculum artistico avrebbero potuto “appendere la sei corde al chiodo” già da tempo. Invece, pur essendo enfant prodige, nonostante le doti innate, non hanno mai fermato lo studio, la curiosità, la sperimentazione, dimostrando, nel tempo, di avere ancora tante frecce al proprio arco, come conferma questa strepitante Muffin Man suonata insieme nel 2016 in Francia, durante il Festival Guitare en Scène…
Il folgorante inizio
Se si hanno vent’anni la creatività sgorga come una fontana, a cinquanta è esperienza e ancor più avanti si deve andare a scavare nella propria verità interiore, ma in ogni caso gli stimoli non mancano mai quando si è grandi artisti.
Tra Steve e Dweezil tutto inizia tanto tempo fa. Vai, appena compiuti proprio vent’anni, comincia a far ruggire la sei corde per Zappa senior, letteralmente folgorato dalle sue incredibili qualità.
“The italian virtuoso”, soprannome simpaticamente coniato da Frank, arriva alla sua corte sia per l’incredibile capacità di trascrivere la musica zappiana (memorabile la partitura della suite strumentale The Black Page), sia per le indiscusse doti tecniche.
My Mother Is a Space Cadet è datata 1982, ma, al netto di alcuni cliché dell’epoca, suona quasi meglio adesso, oltre quarant’anni dopo. Due minuti e mezzo di adrenalina pura in un pezzo scritto dall’accoppiata Steve/Dweezil insieme a Moon Zappa, con la compartecipazione di Eddie Van Halen: impossibile rimanere fermi, l’air guitar e il foot tapping sono doverosi e, soprattutto, ricordando le parole di Marchesini, è impensabile, in questo caso, “ascoltarla facendo altre cose”, trasportati a suon di assoli in un universo parallelo.
Inoltre, un antidoto alla recente omologazione musicale/mediatica è sicuramente “vivisezionare” lo straordinario periodo di concerti del progetto Zappa plays Zappa, ove Dweezil ospita Vai e la musica del “passato” di babbo Frank ridiventa “presente”, lasciando trasparire una sensazione di eternità. Quando la musica è davvero senza età…
Insieme per Frank: musica senza una data di scadenza
Ci si interroga da sempre sull’esistenza e la veridicità delle coincidenze che per molti hanno un che di magico e per altri sono solo il frutto di un calcolo delle probabilità. Le traiettorie del cuore (e delle note), però, esistono.
Dweezil Zappa e Steve Vai condividono nel 2006 una serie di concerti durante l’acclamato tour del progetto Zappa plays Zappa. Ne scaturisce anche un DVD, con il meglio delle date di Seattle e Portland, che esalta la loro incredibile empatia, a partire da alcuni brani scelti per duettare. The Black Page chiude un cerchio con una somma evocazione, trattandosi della composizione da cui è scoccata la scintilla tra Frank e Steve, grazie alla sublime trascrizione di quest’ultimo.
Emozione e commozione, a oltre venticinque anni di distanza dai primi approcci tra la famiglia Zappa e Vai. E poi non fanno prigionieri pezzi storici come il grido antirazzista Trouble Every Day e il vademecum degli strumentali Peaches En Regalia, interpretati divinamente e ricchi di nuove sfumature.
Zappa plays Zappa accoglie artisti uniti dalla stessa passione per la musica di uno dei più grandi geni del Novecento. Perché le traiettorie del cuore (e delle note) non hanno confini. Si va da Terry Bozzio, Joe Travers e Napoleon Murphy Brock (membri storici della band del padre) a Scheila Gonzalez. A fronte di cotanto ben di Dio, rimangono mirabolanti anche le sfide all’ultimo respiro dei due supremi chitarristi, una guitar battle tra Ibanez JEM e Gibson SG senza vincitori né vinti, o, meglio, con un solo trionfo: quello di una musica senza tempo.
Ibanez JEM7VP-WH
Gibson SG Standard ´64 Maestro CH HA
Le curiosità di un’amicizia sempre forte e profonda
Quella tra Steve e Dweezil è un’amicizia ormai lunga più di quarant’anni, nel segno di Frank Zappa e Eddie Van Halen, due personaggi che hanno lasciato un vuoto incolmabile nell’universo chitarristico.
Zappa’s Universe
Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, Steve ha suonato per alcuni anni con Frank, dando una svolta importante alla musica dell’artista statunitense. Nel 1991 Vai fa parte anche del progetto chiamato Zappa’s Universe, una serie di concerti tributo dedicati alle composizioni del Grande Maestro, dove figurano alcuni membri storici delle sue band, da Mike Keneally a Scott Thunes.
La location è il leggendario Ritz di New York City, e, destino vuole, Steve e Dweezil si incrociano in un brano, dando il via a una performance molto ispirata in un momento davvero difficile: Frank, anche se annunciato, non riesce a partecipare agli spettacoli. La malattia sta peggiorando notevolmente le sue condizioni, ma, come si suol dire, lo spettacolo deve continuare: l’ironica e scandalosa Dirty Love regala un sorriso in un frangente difficile…
EVH
Eddie Van Halen è stato un punto di riferimento incredibile per Steve e Dweezil. Il primo arriva a definirlo il nuovo “game changer” nel mondo delle sei corde dopo Jimi Hendrix, mentre il secondo a partire dall’estate 2020, con la collaborazione di Premier Guitar, gli dedica addirittura un podcast esclusivo, una straordinaria serie di episodi con la speranza, come ciliegina sulla torta, di una sua possibile partecipazione a una puntata. L’improvvisa scomparsa del guitar hero cambia però tutti i piani e lascia spazio a un’ampia e sentita commemorazione.
Dweezil non poteva certo dimenticare Steve, il quale, onorato di essere ospite del programma, racconta con enfasi della sua prima volta di un ascolto molto particolare, quella Eruption (1976) che ha cambiato la vita a tanti chitarristi. Già in quel periodo, appena sedicenne, aveva il “vizio” di trascrivere, mettere su carta gli imperiosi assoli dei suoi idoli. Le partiture venivano pubblicate da prestigiosi magazine del settore e tale canzone ha regalato notorietà a questa sua peculiare attività. Sorprende, nel suo racconto, scoprire che pur avendola trascritta, non l’abbia mai suonata, concentrato sullo sviluppo delle sue composizioni.
Sacrificio, studio, passione, lacrime e sangue: ecco come un giovanotto di belle speranze è diventato uno dei più grandi virtuosi di tutti i tempi. Ora il testimone da Eddie è passato a Steve, in una maratona chitarristica avvincente e sempre carica di colpi di scena. Andiamo quindi a vedere le fasi salienti della sua formidabile carriera.
Andrea Ripamonti / Alamy Stock Photo
Steve Vai: un prodigio della chitarra
Nato per stupire: le prime fenomenali partnership
Steve Vai nasce a Long Island il 6 giugno del 1960, studia musica al Berklee College of Music e, come abbiamo visto, approda giovanissimo alla corte di Frank Zappa, per il quale lavora come chitarrista e trascrittore delle sue complesse partiture.
Le sue doti innate si mischiano a una grande abnegazione, a uno studio e un esercizio quotidiano scrupoloso: dedica le sue attenzioni a vari strumenti (piano, basso e batteria), ma l’amore per la sei corde si trasforma in una missione, una vocazione. Nel 1984 pubblica un LP seminale, Flex-Able, destinato a diventare una futura pietra miliare, cui segue il mini album Flex-Able Leftovers.
La prima svolta è l’entrata negli Alcatrazz, sostituendo nientepopodimeno che Yngwie Malmsteen, per poi diventare lead guitarist per il gruppo (e che gruppo, con l’amico Billy Sheehan e Gregg Bissonette!) di David Lee Roth, fresco di rottura con i Van Halen nell’85. Rimane memorabile, nell’imprescindibile Eat ‘em and Smile, il suo pirotecnico “solo” in Ladies Nite in Buffalo?, eseguito con la Jackson rosa. Una nuova attitudine, un moderno approccio alla chitarra rock evidenziano tutte le qualità di Steve. Velocità, musicalità e acrobazie di alta scuola, da lasciare senza fiato.
I Whitesnake e l’inizio del successo solista
Un altro picco del periodo è la collaborazione con i Whitesnake, in sostituzione dell’infortunato Adrian Vandenberg. Slip of the Tongue (1989) presenta tutto il carisma di Vai, soprattutto grazie alla sua amata Ibanez Universe a sette corde che permette un’estensione aggiuntiva data dalla corda in più.
Vai è sempre stato particolarmente interessato alla numerologia (basti pensare alla sua data di nascita e ai sei anni compiuti il 6/6/66) e al numero 7, così la scelta ricade davvero a pennello.
Il giovane virtuoso italiano (nonno Siro Vai e nonna Alessandrina Ernesta Ravetta sono di Dorno, nella Lomellina) è sempre più una star e dopo anni di “gavetta” è ormai pronto per spiccare il volo “solista”.
“Lotta e passione” fino ai giorni nostri
Il 1990 è uno dei suoi turning point: realizza il maestoso Passion & Warfare, teso a rivoluzionare il concetto di musica strumentale; gli anni successivi trascorrono con diversi progetti e numerosi cambi di indirizzo artistico, a dimostrazione di un’ispirazione mai sopita. Influenze metal e completa devozione al fine di raggiungere il massimo virtuosismo a livello chitarristico si denotano nello spiazzante Sex & Religion con Devin Townsend lead vocalist, in Alien Love Secrets, EP carico di sorprese, e nel fondamentale The Ultra Zone (1999), dove si distinguono due omaggi indimenticabili al Maestro Frank Zappa (Frank), estasi e tormento della sua giovinezza, e all’apprezzato collega Stevie Ray Vaughan (Jibboom).
Si era accennato a una passione per i numeri: ebbene l’ossessione per il 7 conduce alla pubblicazione, nel 2000, di The Seventh Song, bizzarra compilation con la chicca delle prime 777 copie dell’album con il suo autografo.
Il nuovo secolo regala almeno tre perle quali Real Illusions: Reflections, ove evidenzia anche discrete doti canore, The Story of Light (2012) e il recente Inviolate (2022), senza dimenticare un’intensa attività live, spesso coronata da realizzazioni di gran livello, come Sound Theories vol. I & II.
I brani di Steve, infatti, nascono spesso sull’onda di estemporanee improvvisazioni, un crogiolo di idee che vengono amalgamate alla scrittura, e il palcoscenico risulta il luogo perfetto per variarli, ampliarli aggiungendo quel quid per renderli unici, come ogni suo show, magistralmente dominato dalla sua Ibanez inferocita.
Come direbbe Frank Zappa, non male questo “piccolo virtuoso italiano” che, non scordiamolo, in carriera, a fronte di più d’una dozzina di nomination, ha ricevuto tre Grammy Awards, di cui ben due legati proprio alla musica del maestro “conterraneo”: Sofa e Peaches En Regalia (entrambe premiate come best rock instrumental performance rispettivamente da Zappa’s Universe, 1993 e Zappa Plays Zappa, 2008).
La Forza del Destino in un artista monumentale!
Tutte le attività di Steve: dai G3 alle sorprendenti comparsate sul grande schermo
La straordinaria epopea del G3, con il recentissimo ritorno alla line-up originale insieme a Eric Johnson e Joe Satriani, è solo uno dei fiori all’occhiello di Steve Vai, che nel tempo si è distinto in numerose collaborazioni attraversando svariati generi musicali, in una esplosiva spinta a sperimentare continuamente linguaggi, fusioni e contaminazioni, e a rivedere il proprio orizzonte espressivo alla luce di nuove acquisizioni stilistiche.
La rabbia post punk dei Public Image Ltd (1986), le partnership con Alice Cooper, Ozzy Osbourne, Al Di Meola e Joe Jackson negli anni Novanta sono solo la punta di un iceberg che non si sgretola nemmeno nei decenni successivi, con The Yardbirds, Motorhead, Meat Loaf, Dream Theater, Eros Ramazzotti, Orianthi, Polyphia, fino alla recente creazione del supergruppo BEAT.
Rimane leggendaria la partecipazione al Crossroads Guitar Festival del 2004, a ritmo di forsennati interscambi strumentali con gli irrefrenabili Billy Sheehan, Tony MacAlpine, Dave Weiner, mentre meritano una citazione le sue passioni per i videogames e per il cinema. Numerose le soundtrack composte, senza tralasciare le sue imprese dietro a una cinepresa: su tutte la mitica scena durante il film Mississippi Adventure (Crossroads)…
Le chitarre di SV
Steve possiede una vasta collezione di chitarre, cerchiamo di individuare le più iconiche.
Partiamo dalla Fender Stratocaster del 1977, la sua porta d’ingresso, quella che ha inaugurato il suo genio. La sua passione per le Strat è poi sfociata nelle…Ibanez!
Squier CV 70s Strat LRL NAT
Ebbene sì, dal 1986 Vai ha optato per questo marchio, trovando gli elementi giusti per le sue esigenze. I suoi modelli JEM (“JEM” è il nome della serie delle sue chitarre signature Ibanez da lui progettate) gli hanno consentito, nel tempo, di costruire un suo mondo personale, una collezione di chitarre ad hoc in grado di soddisfarlo pienamente.
Una di quelle maggiormente utilizzate (da Sex & Religion in poi) e a cui risulta più affezionato è la JEM7VWH da lui chiamata EVO, come il motore Harley Davidson Evolution, la famosa chitarra bianca “con la maniglia”. Per l’occasione, siamo nel 1992, Steve prova i pick-up della DiMarzio, altra scoperta importante per la sua carriera.
Ibanez JEM7VP-WH
La 1998 Ibanez Custom JEM, altra sei corde iconica, ricalca lo stile Strat per poi differenziarsi per una serie di caratteristiche. Il video di Candle Power e varie registrazioni sono state effettuate con tale modello.
Steve ha sempre avuto la passione per le forme stravaganti: celebri sono la Ultra Zone, visibile sulla copertina del disco dallo stesso titolo e le Multi-necks, compresa quella a forma di cuore con tre manici.
Ne abbiamo già parlato in un precedente capitolo, ma merita una menzione ovviamente la Universe, simile alla JEM, ma senza maniglia; Vai è stato il primo ad utilizzare una chitarra a 7 corde nel rock.
La collaborazione con Ibanez non è finita qui! I modelli PIA consentono un’esperienza JEM di nuova generazione e poi, a partire da Inviolate, il mondo ha conosciuto l’Hydra, il “mostro a tre colli” costruito su misura e rimasto fermo per alcuni mesi prima che Vai fosse pronto a imparare a suonarlo. Un’impresa non da poco, per un artista davvero straordinario anche per fantasia e genialità nella costruzione e acquisizione dei modelli più incredibili.
Una carriera straordinaria, cominciata da giovanissimo nel migliore dei modi. Fra le tante collaborazioni e amicizie di cui abbiamo parlato, infatti, ne manca all’appello una molto importante, solo accennata ma mai dimenticata nemmeno per un istante: quella con Joe Satriani, ovvero, come vedremo, l’iniziazione di Steve al mondo chitarristico.
“Crossroads”, la serie speciale di Planet Guitar, è pronta per addentrarsi in un altro, entusiasmante episodio della serie!
Stay tuned
To be continued…
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