Il 6 Febbraio 2011 ci ha lasciati, in maniera del tutto inaspettata, il grande Gary Moore, una vera e propria icona della chitarra e fonte d’ispirazione per alcuni tra i più grandi chitarristi moderni come Joe Bonamassa, Doug Aldrich, Paul Gilbert, John Norum, John Petrucci e Zakk Wylde. Nato il 4 Aprile 1952 a Belfast, in Irlanda, ha dedicato la vita alla musica, scrivendo temi indimenticabili e portando la chitarra ad un livello tecnico-espressivo superiore.

Credits: Sodel Vladyslav I Credits: Sodel Vladyslav I Shutterstock

Gary Moore era il chitarrista più feroce e innovativo di sempre. Le sue melodie erano fuori dal comune.” ha dichiarato Glenn Hughes appena dopo la scomparsa di Moore

Nonostante tutto era dai più riconosciuto come un ragazzo normale, senza pretese o ego di sorta e solo per questo si distingueva dalle innumerevoli superstar dell’industria musicale. 

Io e Paul di Guitar Tutorials abbiamo scelto di farvi ascoltare l’iconica intro di Parisienne Walkways.

I primi passi nella musica e i Blues Breakers

Il signor Robert Moore era un promoter che gestiva la sala da ballo Queen’s Hall a Holywood, un paesino nell’area metropolitana di Belfast. Nel piccolo figlio Gary notava una spiccata vena artistica. Così, a soli 6 anni, lo fece esibire sul palco del suo locale in veste di cantante. Per il decimo compleanno del figlio gli regalò una chitarra acustica Framus. Gary era mancino, ma tanta era la smania di imparare a suonare che non badò al fatto che lo strumento fosse per destrimani… Poco tempo dopo formò la sua prima band, i The Beat Boys, con la quale suonava prevalentemente cover dei The Beatles. Bazzicando i locali della zona iniziò a conoscere nuovi musicisti e con uno in particolare strinse una bella amicizia. Si trattava di Rory Gallagher, un altro che ben presto avrebbe cavalcato il successo in sella alla sua Fender Stratocaster!

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Nel 1966 uscì l’album di John Mayall con i Blues Breakers, ribattezzato Beano per via del fumetto che Eric Clapton sta sfogliando sulla foto di copertina: 

Ricordo che andai a casa di un amico una domenica pomeriggio. Non lo dimenticherò mai perché era una cosa così importante per me. Aveva l’album e un sacco di gente ne parlava. Era la prima volta che si sentiva una Gibson Les Paul passare attraverso un amplificatore Marshall. Il mio amico mise il brano di apertura, All Your Love, e mi cambiò la vita in un secondo, fu un’epifania incredibile. Era solo un piccolo stereo, ma la chitarra urlava dai diffusori. Non avevo mai sentito un suono di chitarra così grande, così appassionato, così pieno di energia ed emozione”.

Moore prese in prestito l’album e non lo restituì più. Quella stessa copia, con il nome “G. McFarlane” scritto nell’angolo in alto a sinistra, si trova oggi nel centro sociale Oh Yeah di Belfast, accanto a un’esposizione di abiti di scena e a una Les Paul nera.

Skid Row e Thin Lizzy

Nel 1968, Gary si trasferisce a Dublino dove si unisce agli Skid Row (da non confondere con gli omonimi californiani). All’epoca il gruppo era guidato dal cantante Phil Lynott, con il quale Moore lega molto. Tuttavia poco dopo a Lynott fu chiesto di lasciare gli Skid Row dal bassista Brush Shiels, che aveva assunto il ruolo di voce solista. Nel 1970, la band firmò un contratto di registrazione con la CBS, e pubblicò l’album di debutto Skid, che raggiunse la posizione numero 30 nella UK Albums Chart. Dopo l’album 34 Hours nel 1971 e i tour di supporto agli Allman Brothers e ai Mountain, Moore decise di lasciare il gruppo. Dichiarò poi: “Gli Skid Row mi hanno fatto ridere, ma non ne ho un bel ricordo, all’epoca ero molto confuso su quello che stavo facendo”.

Nel frattempo Phil Lynott aveva fondato i Thin Lizzy e quando venne a sapere della dipartita di Moore dagli Skid Row, non esitò ad offrirgli il posto di chitarrista nella band. Siamo nel 1974 e da qui inizia un periodo travagliato tra Moore e i Thin Lizzy. Nello stesso anno conclude un tour e registra tre canzoni, tra cui Still in Love with You, di cui è coautore.

A causa degli abusi di alcool decide di lasciare la band lo stesso anno. Nel 1977 rientra per un tour negli Stati Uniti e nel 1978 registra l’album Black Rose: A Rock Legend, pubblicato nel 1979. Il disco fu un successo e fu certificato oro nel Regno Unito. Tuttavia, Moore lasciò bruscamente i Thin Lizzy nel luglio dello stesso anno, nel bel mezzo di un altro tour. In seguito Moore ha dichiarato di non avere rimpianti per aver lasciato la band, “ma forse ho sbagliato il modo in cui l’ho fatto.”

Passerelle parigine…

Nel 1973 Moore pubblica l’album Grinding Stone, accreditato alla The Gary Moore Band. Mix eclettico di blues, rock e jazz, l’album si rivela un flop commerciale rivelando un Moore versatile ma ancora insicuro riguardo la direzione musicale da seguire. Nel 1978 esce il primo album ufficiale da solista, Back On The Streets, che vede Lynott e il batterista dei Thin Lizzy, Brian Downey, suonare in tre brani: Don’t Believe A Word, Fanatical Fascists (entrambi scritti da Lynott) e l’iconica Parisienne Walkways.

Il disco venne registrato ai Morgan Studios di Londra e il produttore Chris Tsangarides coinvolse nelle registrazioni anche il batterista Simon Philips, già allora rinomato turnista.

Moore usò la sua Greeny (ne ho ampiamente parlato qui), una Gibson Les Paul del 1959 collegata ad un combo Mesa Boogie microfonato con un Neumann U87. Il demo su cassetta di Parisienne Walkways che Gary Moore fece ascoltare per la prima volta a Tsangarides consisteva in una drum machine, una tastiera e l’assolo di chitarra. Tsangarides ricorda:

Quello che avevamo registrato fino a quel momento era una sorta di materiale jazzistico e rock alla Jeff Beck, con una complicata batteria di contrabbasso e strani tempi suonati da Simon Phillips. Ora avevamo questa piccola e divertente melodia di Parisienne Walkways che ho subito pensato fosse dannatamente bella, così come Don’t Believe A Word e una canzone punk chiamata Fanatical Fascists, e pensavo: ‘Che diavolo stiamo facendo?’ Oggi probabilmente direi che avrebbe dovuto focalizzare meglio il suo materiale, ma sono contento che fossimo così ingenui e che non avesse importanza. Questo è ciò che dovevamo registrare, questo è ciò che abbiamo fatto, e credo che l’album sia migliore per questo.”

Parisienne Walkways raggiunge il numero otto della classifica britannica nel maggio 1979. In seguito sarebbe diventata la canzone simbolo di Moore, un momento culminante dei concerti che da allora è stato immortalato in numerose registrazioni dal vivo, in cui il chitarrista si esibisce in assoli accorati e intrisi di blues.

Gibson Les Paul 59 Dirty Lemon VOS

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La parentesi hard rock e il ritorno al blues

Dopo aver lasciato i Thin Lizzy nel 1979, Moore si trasferì a Los Angeles dove firmò un nuovo contratto discografico con la Jet Records. Registrò l’album Dirty Fingers, che vide la sua pubblicazione solo tre anni dopo. Fu, infatti, accantonato in favore del più radiofonico G-Force, che uscì nel 1980. Di lì a breve ritornò in Europa, stabilendosi a Londra. Fra il 1982 e il 1985 pubblicò tre album, Corridors of Power, Victims of the Future e Run for Cover strizzando l’occhio a sonorità sempre più hard rock e heavy metal. La lista dei musicisti che prendono parte alle registrazioni è incredibile. Si va, infatti, dal batterista Ian Paice al tastierista Neil Murray passando per l’istrionico Glenn Hughes.

Nel 1987 esce Wild Frontier e nel 1989 After the War. Due dischi che miscelavano musica folk celtica, blues e rock e che ottennero un gran successo divenendo entrambi dischi d’argento nel Regno Unito. Nella primavera del 1989 mentre era in tournée in tutta Europa per promuovere After The War, Gary era sempre più insofferente verso il rock degli anni Ottanta. Mal sopportava l’enfasi sulla chitarra con assoli senza anima, i capelloni e quell’apparire serioso in stupidi video pop. Si rese anche conto che si stava ripetendo come autore di canzoni; era così insoddisfatto della propria musica che confessò all’ex chitarrista dei Thin Lizzy, Eric Bell, che alcuni suoi album fossero “il più grande carico di merda” che avesse mai ascoltato.

Una sera stava seduto in camerino a rilassarsi prima di un concerto in Germania con il suo bassista di lunga data Bob Daisley (ex Rainbow e Ozzy Osbourne).

Stavamo suonando un po’ di pezzi di blues“, racconta Daisley. “Roba tratta dall’album Beano dei Bluesbreakers. Ed è per questo che ho detto a Gary: ‘Perché non facciamo un album di blues?’

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Moore ebbe un’illuminazione. Concluso il tour si rivolse al bassista Andy Pyle, con cui aveva suonato nel 1980 in una band di breve durata che aveva registrato un album dal vivo al Marquee. I due si incontrarono e iniziarono a lavorare su alcune idee. Coinvolsero il batterista Graham Walker e presentarono il demo alla Virgin; l’etichetta ne fu entusiasta e mise a disposizione un lauto budget per realizzare l’album. Nel 1990 esce Still Got the Blues, un album che riporta Gary alle sue radici blues e a collaborare con artisti del calibro di Albert King, Albert Collins e George Harrison. Tale fu il cambiamento che anche il look prese un’altra direzione. Per i video e le esibizioni dal vivo indossava un elegante completo blu, invece di essere “tutto agghindato come un tizio dei Def Leppard”.

Still Got the Blues si rivelò l’album di maggior successo della carriera di Moore, vendendo oltre tre milioni di copie in tutto il mondo. La title track dell’album divenne anche l’unico singolo della carriera solista di Moore ad entrare in classifica nella Billboard Hot 100, dove raggiunse la posizione numero 97 nel febbraio 1991.

Per concludere direi che il lascito di Gary debba considerarsi al di sopra dei generi che ha suonato nella sua lunga carriera. Le sue scale rabbiose, i suoi bending lancinanti e i suoi vibrati aggressivi parlano per lui. Danno a noi comuni mortali infiniti spunti per poter migliorare la nostra capacità di emozionare ed emozionarci con la chitarra fra le mani.

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Matteo Bidoglia