Il protagonista di questa intervista è Riccardo Bertuzzi, chitarrista turnista molto attivo nel panorama musicale italiano. Abbiamo parlato con lui dei suoi esordi, fino alle esperienze negli show televisivi più importanti e sul palco di fianco ad artisti come Rita Pavone ed Adriano Celentano. La location di questa intervista è il Sound Workshop di Monza, che ringraziamo per l’ospitalità. Buona lettura!
Planet Guitar: Ciao Riccardo e benvenuto su Planet Guitar. Ieri sera hai suonato con Rita Pavone; ne approfitto per chiederti di parlarci della serata e della collaborazione con questa artista.
Riccardo Bertuzzi: La collaborazione con Rita Pavone è iniziata nel 2014, quindi da ben dieci anni. Abbiamo fatto molte cose insieme sia in Italia che all’estero, in Brasile e Canada. Da quest’anno è partito questo tour con una formazione inedita di soli tre elementi; io, un pianista e Rita. Suoniamo tutto il repertorio in versione unplugged e la scaletta è molto varia e divertente. Si tratta di una situazione impegnativa anche perché bisogna tenere il suo passo e non è facile perché ha una carica davvero incredibile! Essendo solo in due io mi occupo anche della parte percussiva, facendo da contraltare alla liquidità ed ampiezza armonica del pianoforte.
Ieri sera è stata una bellissima esperienza al Teatro Civico di Rho, completamente sold out!
PG: Adesso facciamo un bel passo indietro…com’è nata la tua passione per la chitara? Qual è stato l’accadimento che ti ha fatto scattare la molla?
R.B. : La prima molla è scattata per la batteria. Mia sorella doveva esibirsi al Conservatorio di Vicenza e durante quel concerto io rimasi estasiato dal batterista. Chiesi ai miei genitori di poter suonare la batteria, ma per tutta una serie di motivi non se ne fece mai nulla. Poco dopo iniziò a concretizzarsi l’interesse per la chitarra e la vera epifania fu quando scoprii una cassetta (allora c’erano le cassette) degli AC/DC. Avevo circa 9 anni e quella fu una delle tante scoperte musicali fatte in casa, dove di musica per fortuna ce n’era parecchia.
Infatti devo dire che la passione per la musica iniziò qualche anno prima, non solo perchè in casa ne ascoltavo tanta, ma perchè avevo a disposizione una collana di racconta-storie; la conservo tutt’ora come un cimelio. Ha 26 fascicoli e ognuno ha le sue storie raccontate da attori veri come Mariangela Melato, Paolo Poli, Ottavia Piccolo e la musica è qualcosa di incredibile. Diversissima, super ispirata e molto originale. Non so chi sia il compositore ma ha fatto un lavoro davvero eccezionale! Sicuramente questo ascolto è stato alla base della mia passione per la musica e per la mia impostazione immaginifica rispetto alla musica…mi piace quando una canzone racconta una storia e può essere collegata a delle immagini.
Diciamo che tutti quei momenti in cui ho scoperto delle musiche in casa sono stati molto importanti. Oggi è strano perchè c’è una sovrabbondanza di esposizione che può addirittura creare problemi a focalizzarsi e ad approfondire.
PG: Quando hai pensato di voler fare sul serio con la chitarra?
R.B. : Diciamo che questa idea si era radicata già negli anni del liceo. Ho avuto la fortuna di avere un grande insegnante di chitarra elettrica che mi ha spronato e motivato già da quando avevo 14 anni. Mi invitava alle sue serate in duo e quando facevano pausa mi faceva esibire da solo. Quindi il tutto ha preso forma durante l’adolescenza. Poi ho avuto una sorta di rallentamento negli anni dell’università, dove avevo deciso di voler fare l’assistente universitario. Ma la musica era sempre lì che spingeva, che mi diceva “Ma sei sicuro di essere sulla strada giusta?”…
Quindi ti direi che intorno ai 25 anni è diventato un vero e proprio lavoro per me, dopo essermi laureato. Da li ci sono stati degli episodi che hanno fatto la differenza nel mio percorso.
PG: Raccontaceli!
R.B. : Ho iniziato ad insegnare ma ero un po’ sguarnito di progetti. Mi sono buttato sul jazz che mi aveva molto appassionato negli anni. Ho frequentato dei seminari di Siena Jazz e sono venuto a contatto con tanti maestri in quell’ambito che mi hanno molto formato. Poi un giorno mi hanno chiamato per sostituire il chitarrista in una band tributo a Zucchero. Mi sono presentato molto preparato. Al basso c’era Federico Malaman, con il quale mi era già capitato di lavorare. Lui apprezzò molto la mia professionalità e da lì a poco mi chiese se ero disponibile per andare in Canada a suonare con Paolo Belli. Accettando quel lavoro ho avuto modo di suonare con quei musicisti con i quali poi è nato il MalaFede Project; io, Federico Malaman, Riccardo Quagliato e Francesco Signorini. Successivamente ci siamo convertiti in MalaFede Trio ed abbiamo registrato dischi e fatto molti lavori insieme.
L’esperienza con Paolo Belli mi ha portato anche alla prima grande trasmissione televisiva ovvero Telethon che è sfociata poi nella collaborazione continuativa con il direttore d’orchestra Diego Basso con il quale ho fatto tantissimi eventi e trasmissioni televisive sulla Rai e Mediaset con molti ospiti di rilievo. È un lavoro dove il passaparola e la professionalità che ci metti fanno la differenza.
PG: Ed era esattamente questo, quello che volevi fare?
R.B. : In parte sì…se da un lato ho le mie preferenze stilistiche orientate verso la fusion e la progressive, dall’altro il mio amore per la musica e l’apertura che ho verso di essa mi ha permesso di non avere limiti mentali. In casa ho ascoltato dai Naked City a Debussy, dagli Steely Dan ai Radiohead passando per i Beatles…forse sono più tarato rispetto ad altri per poter accompagnare tante musiche diversi, tanti stili diversi. Non mi sono mai sforzato di fare una cosa piuttosto che un’altra.
Gibson Les Paul Standard 60s UB
PG: Parlaci un po’ delle tue collaborazioni più importanti.
R.B. : Le esperienze sono tante. Rita Pavone, Adriano Celentano, Ornella Vanoni, Elisa, Fausto Leali…tanti artisti che sono davvero dei pezzi di storia della musica. Lavorare con loro è come entrare in un palazzo del ‘700, senza offese, dove puoi percepire la storia e scoprire sempre nuove cose. La prima collaborazione stabile è stata quella con Rita Pavone e con lei mi resi conto che la musica che stavo suonando l’avevo ascoltata già in qualche film o in televisione…e la stavo suonando proprio con lei! La stessa cosa mi è capitata con Celentano quando suonai con lui Il ragazzo della via Gluck…quella canzone che avevo imparato a scuola la stavo suonando proprio con lui. Queste cose ti fanno realizzare che stai suonando con un pezzo di storia.
Un altro momento davvero emozionante è stato quando mi chiesero di suonare l’assolo di Somebody To Love dei Queen come sigla di apertura di un programma di Paolo Bonolis; sapevo che stavo suonando quell’assolo in passerella davanti a 5, 6 milioni di persone…la carica di adrenalina è davvero tanta!
PG: Mi è venuta in mente una domanda…se potessi scegliere di stare sul palco con un artista o una band, anche del passato, su chi cadrebbe la tua scelta?
R.B.: Difficile…uno dei miei punti di riferimento è sempre stato Bill Frisell, quindi se potessi scegliere vorrei stare accanto a lui su un palco. Uno dei dischi che amo di più è un live di Bill Frisell del 1992 in chiesa sconsacrata a Siviglia. Un capolavoro assoluto che vi consiglio di ascoltare. Potrei nominare anche i Gentle Giant, ma non mi sentirei assolutamente degno!
PG: Siamo alla domanda dell’isola deserta…puoi portarti una chitarra, un pedale e un amplificatore…
R.B.: Tanta musica, tanti strumenti…è molto difficile fare una scelta! Se dovessi optare per una chitarra, per un discorso di feeling e per la sua voce direi una Telecaster…non importa che Tele.
Il pedale sarebbe un riverbero. Non un modello specifico, certo magari un Big Sky Strymon sarebbe meglio di un Behringer, ma sicuramente qualcosa che mi facesse fluttuare. Per quanto riguarda l’ampli direi un Fender Super Reverb.
Non sono molto fissato con un particolare gear anche perchè, sembrerà una banalità, penso che il suono venga principalmente dalle mani. Tante volte mi è capitato, per diverse esigenze, di non avere a disposizione la strumentazione ideale per questo o quell’evento e quindi ho sviluppato un’impostazione problem solving che mi ha permesso di imparare, attraverso le mie mani, a tirare fuori dagli strumenti a disposizione il suono più adeguato in ogni situazione. Anche quando si tratta delle mie produzioni non ho mai un singolo strumento, una singola voce. Il piacermi tanta musica diversa a volte è un vantaggio e a volte una condanna!
PG: Per concludere ti chiederei di raccontarci un paio di aneddoti che in qualche modo ti sono rimasti impressi durante la tua lunga carriera.
R.B.: Ce ne sarebbero tanti…alcuni comici, alcuni tragici, alcuni affascinanti… Durante la registrazione di una puntata di un programma che stavo facendo con Adriano Celentano, capitò questa cosa. Nonostante registrassimo, il girato non veniva mai toccato. La puntata iniziava e finiva, come se fossimo in diretta. Adriano amava prendere delle iniziative, a volte sorprendenti… Una di queste fu chiedere a noi dell’orchestra un La bemolle. Non era assolutamente previsto dalla scaletta… Mettiamo giù l’accordo e lui parte con un brano che però non era in La bemolle! Ci siamo trovati a trasporre al volo la canzone e il problema è che quel brano prevedeva un assolo con le corde a vuoto! C’è stato un momento di smarrimento perché dovevo prendere delle decisioni su come suonarlo in tempi rapidissimi e ovviamente al momento del solo è arrivato il cameraman a farmi un bel primo piano! Per fortuna è andata bene.
Per rimanere in tema di queste situazioni tipo “adesso come faccio” vi racconto di un Capodanno in Piazza Maggiore a Bologna. Serata dedicata a X Factor con tutti i protagonisti di quella edizione. C’erano meno quattro gradi…il secondo brano era Heavy Cross dei Gossip con tutta quella parte in sedicesimi. Io non sentivo le mani, la sensibilità delle dita era completamente andata. Anche qui me la sono cavata, ma è stato un momento davvero complicato!
PG: Bene Riccardo, siamo arrivati alla fine. Grazie per essere stato con noi!
R.B.: Ciao a tutti e grazie per l’invito!
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