Rivalità e amicizia possono coesistere? Empatia e competizione sono dissonanze? Con Maurizio Solieri e Andrea Braido si aprono le porte di un nuovo vocabolario: rispetto e antagonismo, “guerra” e pace si allineano come fossero sinonimi. Il destino li porta a battagliare sul palco, tuttavia le loro chitarre indiavolate sono figlie della stessa passione, ispirazione e devozione. Due artisti diversi, certo, ma complementari, che diventano amici e fanno della differenza la loro comunione di intenti. Andiamo a rivivere i loro spettacolari incroci, dall’epoca di Vasco Rossi fino ai giorni nostri.

Da Liberi…liberi al nuovo millennio

Un nuovo chitarrista alla corte di Vasco

1993-2025: sono passati più di trent’anni dai primi incontri on stage tra Maurizio Solieri e Andrea Braido. Il mondo è cambiato velocemente, ma i due guitar hero del rock italiano sono sempre rimasti sul pezzo e, soprattutto, in contatto. Due caratteri e approcci diversi, che si riflettono nel modo di suonare, eppure tanta sintonia, empatia, che li porta tuttora a ritrovarsi sul palco a condividere le esperienze.

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Quando nei primi anni Novanta Solieri torna da Vasco Rossi, dopo l’avventura con la Steve Rogers Band, ritrova Guido Elmi nuovamente alle redini della riaggiornata “combriccola”, e, a parte alcune date con il chitarrista ritmico Davide Devoti, scopre di non essere più l’unico gallo nel pollaio…

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Dopo il tour Fronte del Palco, il Blasco mantiene il virtuoso Braido anche nelle session de Gli spari sopra (l’assolo finale in …Stupendo è da groppo in gola!), insieme alle new entry Steve Farris e, soprattutto, Stef Burns, la futura stella della formazione. Maurizio contribuisce con Lo show, una delle sue canzoni più importanti nella storia con il Komandante, e la nervosa, adrenalinica, audace Vuoi star ferma!, prima di imbarcarsi proprio con Andrea in una serie di indimenticabili show live per promuovere il nuovo disco. 

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Gli opposti si attraggono

“Bisogna fare dei riff, delle melodie, poi anche la scala se vuoi e la sai portare a termine… Io qualcosa facevo, nei primi anni Novanta, chiaramente invecchiando le mani non sono più esattamente quelle di prima, per cui io adesso soprattutto sto sulle melodie, molto sul blues perché comunque sono cresciuto con quel genere”.

Estratto da intervista di Riccardo Yuri Carlucci a Maurizio Solieri per Planet Guitar, 2024.

“Molti dicono che con Vasco io esagerassi e che volessi fare più del dovuto. In realtà quello che facevo mi era stato espressamente richiesto direttamente da lui! Voleva che esagerassi, che espandessi al massimo determinate parti… Voleva quel tipo di chitarrismo e sapeva che io glielo potevo dare”.

Estratto da intervista di Matteo Bidoglia ad Andrea Braido per Planet Guitar, 2025.

L’accoppiata Rossi-Elmi è una fucina di intuizioni: l’idea del “supergruppo”, ossia di avere due eccelsi chitarristi tanto diversi tra loro è assolutamente vincente. Da una parte Solieri, molto melodico, meno tecnico, ma con un cuore grande così, dall’altra Braido, il virtuoso esagerato. 

Come abbiamo visto nel video qui sopra, tratto da uno straordinario show del 1993, in Liberi…liberi si libera il talento di entrambi in tutta la sua interezza. L’incendiario finale evidenzia un grande affiatamento e un playing immenso: combattono solo in nome dello spettacolo, sono complementari e, perchè no, a tratti interscambiabili, pur mantenendo ben definite le proprie peculiarità.

Gli spari sopra si rivela così, grazie anche alle loro “disfide”, una tournée all’insegna del sold out, che segue e accompagna il trionfo in classifica dell’album omonimo. Adrenalina a fiumi, energia e folla in delirio per merito di un livello di interazione con il pubblico che rende magico ogni singolo concerto. Vasco sfodera prestazioni rock mozzafiato in un turbinio di chitarre elettriche degno della migliore tradizione live delle band americane.

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Le differenze sono un punto di forza: le affinità elettive di due mostri sacri

Il “dualismo” Braido-Solieri è davvero particolare e palesa spunti interessanti sotto ogni punto di vista. Andrea, classe 1964, arriva nel gruppo alla fine degli anni Ottanta, da giovincello, con la beata incoscienza dentro alle sue note. 

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Si trova, di colpo, proiettato dai piccoli club agli stadi, ma non accusa la situazione più di tanto. Certamente il suo ego tocca livelli altissimi e lo spinge, visto il grande estro, a un protagonismo chitarristico assoluto, lasciando grande spazio all’improvvisazione su differenti strutture. 

Le sue influenze jazz e fusion si mescolano nel rock duro ma melodico di Maurizio, autentico spirito libero e membro storico della band, un completo autodidatta che, dal momento del suo ritorno in formazione, vive con difficoltà le gesta del suo sostituto, finché, apprezzandone la genuinità, non impara a conviverci. 

Non si conoscono, ma si “annusano” e, anche grazie alla saggezza del buon Elmi, trovano la via per accettarsi, regalando a Vasco e ai suoi fan un nuovo “equilibrio sopra la follia”

La dimostrazione del compromesso raggiunto e di una grande empatia artistica (e non solo) maturata si vede nei decenni successivi, quando pur percorrendo sentieri diversi non si perdono di vista e continuano a suonare insieme memori dei bei tempi trascorsi. E quando Frankie, la “simil Stratocaster di Solieri incontra la Gibson Les Paul di Braido non ce n’è davvero per nessuno!

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Quei magici ritrovi fino ai giorni nostri

“Andrea è molto bravo: una volta all’anno facciamo un concerto, tramite un mio amico di Forte dei Marmi, e chiama sempre anche Braido, che è un grandissimo chitarrista. Forse se pensasse di più alle melodie, invece di buttarsi sempre su questi fraseggi velocissimi…”.

Estratto da intervista di Riccardo Yuri Carlucci per Planet Guitar, 2024.

“Nell’autunno 1990 mi arriva una telefonata nella quale mi propongono il tour europeo di Zucchero… Vado alle prime prove e tiro fuori il meglio di me. Mi si avvicina Sugar e mi dice ‘Tu suoni sempre così veloce? Stai calmo’. E io pensai ‘Cosa vuole questo? Mi hai chiamato, sai come suono e mi chiedi di stare calmo?’ [ride]. Poi ho capito cosa intendeva e sono entrato di più nella sua musica”.  

Estratto da intervista di Matteo Bidoglia per Planet Guitar, 2025.

C’è chi sogna ad occhi aperti e chi vive quel sogno: Andrea Braido e Maurizio Solieri hanno seguito la loro vocazione, tra continui cambiamenti, svolte decisive e alcuni errori, come capita a tutti nella vita. Ma si sono sempre accettati con sincerità, anche nei loro difetti. 

I due axeman con dignità e generosità sono arrivati ai giorni nostri ancora con il fuoco dentro, fieri della loro passione. E non si sono mai persi di vista, ancora capaci di mettersi in gioco l’uno davanti all’altro senza remore, nella solita, infinita battaglia tra qualità e quantità, istinto e ragione, libertà e tecnicismo: un percorso diverso li ha comunque portati in alto, dimostrando quanto possa essere vario e agli antipodi il mondo chitarristico, e ciononostante sempre in grado di regalare emozione e commozione.

La loro rivalità e al tempo stesso la loro amicizia e reciproca stima testimoniano la nostra epoca, i conflitti, le differenze, le speranze, con la musica a fare da collante e a cercare di unire un mondo sempre più polarizzato. Un mondo che, come vedremo ora analizzando le fasi salienti della carriera di Braido, è terribilmente cambiato, ma lascia ancora aperta una porta a chi le note ce le ha nel sangue.

Braido e la sua amata Stratocaster allo Zio Live Music di Tavazzano con Villavesco (Lo) © Emanuele Pellegrino

Andrea Braido: storia di un Superchitarrista

Un destino a sei corde

Folgorato sulla via di… un pasticcere. 

No, non è un refuso, non siamo passati a parlare di cucina. 

Questa è la storia di Andrea Braido (Trento, 26 giugno 1964), una storia seria di musica fin dagli inizi.

Prima la batteria (non a caso avrà occasione di suonare con Carl Palmer nel progetto BPS), poi la chitarra grazie alla sorella che gli affida la sua Eko e infine l’amico pasticcere armato di Fender Telecaster e amante di Jimi Hendrix: da quella Voodoo Child ascoltata vedendo e toccando la fisicità dello strumento tutto cambia nell’ottica del giovane.

Partendo da zero si mette a studiare, apprende note e musica sempre molto velocemente (è uno dei suoi grandi pregi) e tra un ascolto dei Deep Purple e un altro di Emerson, Lake & Palmer si diploma. Trova il tempo anche per un breve soggiorno negli Stati Uniti, a misurarsi in realtà diverse. 

Esercizio, studio e sacrificio. Lacrime, sudore e sangue…Il ragazzo si rende conto di poter puntare al professionismo e continua a sognare, tra un riff al fulmicotone, un assolo vibrante e la ricerca senza sosta di uno stile il più possibile personale.

In quel periodo il motto “Dimmi cosa ascolti e ti dirò chi sei” è perfettamente calzante per un funambolo della chitarra già avvezzo a suonare live e fare jam session, che si crogiola su Chicago, Le Orme e poi vede la luce, vive la sua personale epifania, facendo scorrere le dita sul manico come un forsennato ispirato dalle note di Al Di Meola, John McLaughlin e George Benson

Il tempo scorre mentre si fa le ossa nei primi gruppi in Trentino e Veneto, affina le sue strabordanti qualità come turnista e, sul finire degli anni Ottanta, acquisito uno stile ben marcato e molto personale abbandonando l’utilizzo del plettro, è pronto per una poderosa svolta… 

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Dal Blasco a Sugar e poi ritorno

Niente è ormai impossibile

I primi tour con Patty Pravo e Francesco Baccini sono l’anticamera a quello, strabordante, con il Blasco. Fronte del palco fa emergere un chitarrista scintillante e multiforme, capace di disegnare non solo panorami ma interi mondi sonori a cavallo tra rock, fusion e jazz, tramutandolo in fretta e furia in uno dei nomi più importanti della sei corde elettrica moderna. 

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Dopo la fruttuosa partnership con Zucchero per la seconda parte dell’Oro, incenso e birra tour e, soprattutto, il prestigioso Live at the Kremlin, Braido risponde ancora alla chiamata di Vasco e comincia così, come abbiamo visto, la storia con Solieri. 

Seguono le collaborazioni con Eros Ramazzotti e Adriano Celentano,  che continuano la sua esposizione davanti al grande pubblico, e alcuni lavori in studio nuovamente per il Komandante, nei quali la sua sei corde brilla come non mai, regalando fraseggi, scale e assoli strabilianti. Gli album Nessun pericolo…per te e Rock racchiudono alcuni pezzi devastanti dal punto di vista chitarristico. Il momento apicale si tocca in Le cose che non dici, un miracolo di tecnica e ritmica, con l’assolo di una bellezza spaventosa.

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Cronache di un uomo irrefrenabile

Da Antonella Ruggiero a Laura Pausini, senza dimenticare le date con Enzo Jannacci e quelle sorprendenti con Frank Gambale (l’acoustic tour del ’97 è memorabile!) e Angelo Branduardi, i Novanta di Andrea sfilano che è una meraviglia, corroborati da interessanti progetti personali di gran livello. 

Il nuovo secolo ci regala un Braido sempre più nel ruolo di guitar hero (ma non scordiamo che è un polistrumentista, dall’amata batteria alle percussioni e al basso), tra “Power Duo”, “Jazz-Fusion trio”, “Jazz-Rock trio”, tributi a Hendrix, omaggi ai Deep Purple/Rainbow, show acustici e ospitate in cover band.

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Alcune chicche di una discografia sconfinata

Nel 1991 il frizzante Eleanor, una ventata d’aria fresca per il mondo chitarristico italiano, dà il la a una ventina di lavori solisti (in studio e dal vivo) azzeccati e sofisticati, tra cui Le bizzarre avventure del dottor Kranius (1996), il progetto Twin Dragons (2005), Latin Braidus (2009), Braidus with Bulgarian Symphony Orchestra (2012) e l’intenso Origins (2019), dove emerge un’incredibile cura del dettaglio abbinata a tanta profondità.

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Da segnalare, inoltre, il sorprendente Tales (2024), dalle sonorità prevalentemente acustiche, nel quale, oltre alla Gibson J185, Andrea si diletta con la Martin GPCPA 1 plus, la storica Yamaha GC20 (quella dell’album con Giorgio CordiniPlaying the Beatles, 1994) e una Santochirico di liuteria, modello “La Braida”

In Mr. Sandman, sontuoso tributo a Chet Atkins e nona traccia della raccolta, compare a sorpresa anche un banjo Dean a sei corde!

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La sua tecnica, il suo gusto e soprattutto i suoi brani sono ormai da tempo un punto di riferimento per molti chitarristi in erba (e non!) e il suo smisurato amore per la musica di ogni genere si denota pure nello straordinario lavoro di session man.

Classe, maestria, completo dominio dello strumento ed eleganza pervadono le opere di Pierangelo Bertoli, Mina, Bruno Lauzi, Raf, Gatto Panceri, Ligabue e Paola Turci, con la chicca della comparsata in Free (2007), un disco di Marcus Miller da riscoprire.

Due geni di basso e chitarra, entrambi multistrumentisti, Marcus e Andrea si legano impetuosamente in Blast. Ma non è finita qui! Il maestro dello slap ricambia dando il meglio di sé in Danzas de las Chicas (tratto dal già citato, stupendo Latin Braidus), pezzo in cui Braido riesce a fermare il tempo scavando un tunnel nel cuore di chi ama la nobiltà della musica. 

Si potrebbero davvero far scorrere fiumi di inchiostro nel raccontare le gesta di questo Supereroe della sei corde, un uomo a tutto tondo, tra i chitarristi italiani più famosi nel mondo. Chapeau.

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Le chitarre di AB

Grande amico di Planet Guitar (come poteva non essere?) Andrea Braido ha mostrato tutta la sua competenza, simpatia e professionalità in alcune puntate del nostro canale YouTube, ove non ha lesinato aneddoti e racconti sulle sue chitarre, e si è inoltre reso disponibile a parlare del suo equipaggiamento prima di una fantastica esibizione dal vivo in una recente serata dedicata a Hendrix allo Zio Live Music.

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”La prima vera, grande chitarra che acquistai fu una Fender The Strat bianca alla quale feci mettere un PAF Di Marzio al ponte. Con quella sei corde suonai nel disco Sedia elettrica di Pierangelo Bertoli, in studio con Nicolette Larson, Baccini, Patty Pravo e live con Vasco”.

Estratto da intervista di Matteo Bidoglia per Planet Guitar, 2025.

Dopo aver installato un Floyd Rose, Andrea riporta questa ormai leggendaria Fender alla forma originale, per godersi il suono del tremolo tradizionale. L’amore per le Strato è inestinguibile, e lo si evince nell’intervista con Matteo Bidoglia qui sotto. 

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Nella lunga carriera del Nostro arriva poi il momento Gibson, con la SG e alcune Les Paul Custom. 

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Di questo storico marchio Braido usa anche la ES-175 (con Mina) e le ES-135 e ES-335

Il tempo scorre e giunge pure il periodo Paul Reed Smith (la Modern Eagle Quatro 2012 è una delle sue preferite in assoluto), con un contratto da endorser per una decade. 

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Fender, Gibson e PRS sono quindi i tre brand di riferimento per Andrea, che, comunque, fra le tante, ha imbracciato anche Ramirez e Washburn per le chitarre classiche e acustiche, ed è sempre stato un sostenitore di costruttori italiani, utilizzando Manne a inizio Novanta (ad esempio con Ramazzotti in un tour mondiale) e Frudua per ben sei anni.

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Proprio nel nome dell’amato Jimi Hendrix, Andrea si è trovato a condividere il palco con un altro “mostro” della sei corde: Stanley Jordan. Ecco lo spunto per un’altra interessante puntata di “Crossroads”, la rubrica speciale di Planet Guitar che si nutre di questi incredibili incroci!!

Stay tuned

To be continued…

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Alessandro Vailati