L’argomento che tratteremo oggi nel nostro workshop di Armonia riguarderà un argomento che costituisce la base della musica rock/pop occidentale e anche del jazz: il blues.

Blues

Workshop – il Blues

Il termine può significare molte cose: uno stile musicale, un atteggiamento nei confronti della vita o una forma di canzone. Non a caso, nel corso dei decenni sono state scritte innumerevoli opere sul movimento blues e sulle sue origini. Vorrei precisare che nel workshop tratteremo l’argomento solo dal punto di vista armonico, in modo da avere la possibilità di comprendere la teoria che c’è dietro e di avere gli strumenti adeguati per analizzare e comporre brani. Pertanto, chiedo scusa in anticipo a tutti i fan sfegatati perché non tratteremo i classici licks e i tipici turnaround che caratterizzano questo magnifico genere.

Va detto che il blues è nato alla fine del XIX secolo dagli spirituals, dai gospels e dalle worksongs della popolazione afroamericana del Nord America ed è quindi un’eredità della schiavitù, terminata nel 1865.

La forma delle canzoni blues deriva principalmente dal canto blues, che nella maggior parte dei casi, dall’inizio del XX secolo, è costituito da tre frasi. La prima frase è un’affermazione, la seconda rafforza ed enfatizza l’affermazione, ad esempio con una  ripetizione, e la terza fornisce un sunto o una risposta.

Il tutto può essere chiarito nel seguente esempio: “Rollin’ and tumblin'”, una canzone tradizionale degli anni ’30.

  • I roll and I tumble, cried the whole night long (Dichiarazione)
  • Yes I roll and I tumble, I cried the whole night long (Ripetizione e conferma)
  • I got up this morning, feeling that something going on wrong (Conclusione e riassunto)

Sulla base di questa forma a tre parti, si è cristallizzata la forma più comune oggi, il “Twelve Bar Blues”.

Ecco un esempio in A:

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Blues in A

Come possiamo notare, il blues nella sua forma più semplice se la cava perfettamente con tre accordi, la tonica (I), la sottodominante (IV) e la dominante (V). Però riscontriamo una particolarità: i gradi I, IV e V sono tutti trattati come accordi di settima di dominante (come abbiamo imparato, i gradi I e IV sono in realtà accordi di settima maggiore). Non significa, però, che questi accordi abbiano l’esigenza di risolvere come le classiche dominanti. No, l’accordo di settima di dominante è percepito come stabile.

(Nota: tra l’altro, gli accordi con la settima maggiore erano considerati dissonanti e “proibiti” al tempo. Gli accordi con la settima minore o la sesta erano molto più comuni. Per questo motivo, il 7 nell’accordo indica sempre la settima minore; la settima maggiore è indicata con “maj”, a differenza della nona, dove “9” significa automaticamente nona maggiore).

La progressione di accordi appena presentata è la base del nostro blues. Vi consiglio di impararla a memoria in tutte e dodici le tonalità. Logicamente, da chitarristi vi troverete più spesso a suonare in tonalità di A maggiore o E maggiore, ma se entrano in gioco i fiati, suonerete molto spesso il blues in F, Bb o Eb. Queste ultime sono anche le tonalità più comuni del jazz blues.

L’apprendimento del blues in tutte le tonalità diventa più facile se si impara lo schema per gradi e non memorizzando gli accordi di tutte le tonalità, come mostra il seguente esempio:

A partire da questa sequenza di accordi, nel corso del tempo si sono sviluppate molte altre variazioni dello schema.

Una variante è il “quick change blues”. Se si osserva la progressione originale di accordi, si noterà che le prime quattro battute sono costituite solo dalla tonica. Il che non è un grosso problema, ma se si vuole suonare un blues molto lento, allora quattro battute senza alcun cambio armonico possono risultare estremamente pesanti. Per questo motivo è possibile introdurre una sottodominante nella battuta 2. Il nostro quickchange si presenta quindi in questo modo (In gradi):

Ed ecco un esempio in Bb:

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Blues in Bbmaj Quickchange

A proposito, le ultime due battute sono spesso chiamate “turnaround”, perché la ripetizione della struttura armonica viene preparata da questo giro caratteristico. Possiamo riportare infiniti licks e frasi blues che ci riportano all’accordo iniziale.

Ecco un esempio:

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Turnaround

Naturalmente, esistono innumerevoli altre varianti del blues I-IV-V che vengono eseguite con altri accordi. Ci sono anche rari schemi con 16 battute, ma quelli sopra citati sono i più comuni. E se qualcuno griderà: “Ehi! Blues in E!”, non vorrà certo dare il via a una progressione di accordi strana, ma intenderà una delle classiche variazioni illustrate sopra.

Nonostante tutto è giusto parlare di una forma un po’ più particolare, ovvero il jazz blues.

Nel jazz, la forma blues è stata in qualche modo arricchita dall’aggiunta di cadenze II-V-I e di dominanti secondarie (per comprendere meglio, vi invito a rivedere l’episodio 6 del mio workshop sull’armonia, questo non significa, ovviamente, che il blues I-IV-V non sia stato anche fonte di ispirazione per alcuni brani jazz. Ma comunemente la progressione del jazz blues è la seguente.

In gradi:

Ecco un piccolo esempio in F:

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Jazz Blues in F

Notiamo che il D7 come dominante secondaria V/II porti a Gm7 e che Gm7-C7-F7 non è altro che un II-V-I.

Anche nel jazz esistono innumerevoli varianti e possibilità di riarmonizzazione (ad esempio il Parker Blues). Chiaramente elencare tutte non servirebbe a molto in questa sede.

Come negli altri workshop, è importante che io vi chiarisca i concetti che servono nella nostra quotidianità da musicisti. Il blues fa parte di quasi tutte le jam session ed è un linguaggio universale. Lo schema è conosciuto in tutto il mondo e quasi ogni musicista lo conosce a memoria in tutte le tonalità. Quindi, se arrivate in una città straniera e volete prendere parte a una jam, avete sicuramente un elemento fondamentale nel vostro bagaglio.

Esso influenza anche la pratica compositiva (e non solo all’inizio del XX secolo, ma anche oggi). Avete mai pensato a quante canzoni pop e rock sono in realtà basate sul blues?

In molti gruppi l’influenza è piuttosto evidente: Status Quo, AC/DC, Rolling Stones, ZZ Top, molti brani dei Commitments (ad esempio “Mustang Sally”), ecc.

Ma anche noti successi radiofonici si basano sullo schema del blues a dodici battute, ad esempio “Black or White” di Michael Jackson o “Should I stay or should I go” dei Clash. Alcuni si allontanano dalle classiche dodici battute e allungano un po’ la struttura, ma l’influenza di questo genere è più che riconoscibile. Ad esempio, “Kiss” di Prince, “I still haven’t found what I’m looking for” degli U2 o “Mercy” di Duffy.

Provate a fare una ricerca, sarete sorpresi dalla frequenza con cui incontrerete il blues (eventualmente leggermente modificato).

Un altro modo di incorporare elementi del blues in composizioni originali è quello di utilizzare la tonica o la sottodominante come accordo di settima di dominante. In questo caso specifico si parla anche di tonica del blues o sottodominante del blues (I7 o IV7).

Ad esempio, suonate la seguente sequenza di accordi:

II: Cmaj7 I Dm7 I Am7 I F7 G7 :II

Il F7 sarebbe la sottodominante del blues, crea un effetto molto interessante.

Sebbene tutti gli schemi blues presentati fino a questo punto fossero in tonalità maggiore, l’origine del termine “blues” può essere ricondotta a “blue” (triste). Molti testi non trasmettono un messaggio particolarmente gioioso. Ma la cosa si fa ancora più triste, perché il blues esiste anche in tonalità minore.

Il Blues Minore

Il blues minore è molto meno comune di quello maggiore, eppure la sua progressione di accordi è importantissima e suona altrettanto bene. Molti degli elementi fondamentali del maggiore rimangono anche nel minore: il numero di battute rimane di dodici e anche la posizione dei cambi di accordi è identica. Solo il genere degli accordi di I, IV e V grado diventa minore.

Ad esempio:

In Cm:

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Blues in C minore

Nell’ultima battuta, possiamo incontrare delle piccole variazioni. Innanzitutto, la dominante di C, cioè il G, viene spesso armonizzata come accordo di settima di dominante e non come accordo minore. E poiché la dominante è il V grado, possiamo riassumere dicendo che si tratta di un II-V-I in minore.

Quindi il nostro blues minore si presenta come segue:

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Blues Minore con l’aggiunta del II-V

Anche in questa progressione di accordi c’è ancora spazio per un cambiamento. Possiamo sostituire l’accordo semidiminuito con un accordo di settima di dominante che ci porta al G7, cioè l’Ab7.

(Nota: in realtà, la dominante di G7 sarebbe D7, ma questo D7 può essere sostituito da un accordo di dominante un tritono più in alto, cioè Ab7. Si tratta della cosiddetta sostituzione di tritono. Poiché questo argomento non ha un ruolo determinante nella musica pop e rock, non farà parte del nostro workshop di armonia.)

Ci troviamo di fronte a quella che è probabilmente la progressione di accordi minori più usata in assoluto:

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Il Classico Blues Minore

Un piccolo consiglio: ascoltate “Long train running” dei Doobie Brothers e “It’s probably me” di Sting. O ancora meglio: trascrivete la sequenza di accordi e analizzatela.

Queste sono le strutture principali del blues. Ovviamente potremmo analizzare infinite variazioni, ma le strutture armoniche riportare sopra saranno più che sufficienti per poter affrontare tutte le situazioni più comuni.

Il genere, tuttavia, non ci offre solo bellissime combinazioni armoniche, ma anche una propria struttura melodica e quindi una scala molto particolare, la “scala blues”.

La scala che ha plasmato intensamente la melodia del blues, soprattutto agli inizi, è la pentatonica minore. Se prendiamo in esame un blues in A, la scala appropriata sarebbe la pentatonica di Am.

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Pentatonica di A minore

Suoniamo l’omonima pentatonica minore su un blues maggiore. In questo caso: blues in A maggiore ma pentatonica di Am, quindi un contrasto tra maggiore e minore!

Successivamente nelle melodie del blues si è insinuata un’altra nota, la quinta diminuita, la cosiddetta “nota blu”.

Ci sono molte teorie riguardo la causa. Una delle spiegazioni è che nelle canzoni dell’epoca molte note erano intonate in modo confuso e approssimativo, altri attribuiscono la colpa alla serie di armonici, altri ancora alla differenza tra la melodia occidentale e la scala africana. Nel blues, ad esempio, la terza maggiore si presenta anche in contemporanea con la terza minore, così come il b5, ma non c’è una spiegazione chiara sui motivi. Diciamo che la cosa dovrebbe interessarci poco, come già detto altre volte questo workshop si pone l’obiettivo di essere estremamente pratico.

A parte questo, ci sono opinioni diverse anche su cosa sia una nota blu. Alcuni considerano il b3, il b7 e il b5 una nota blu, altri solo il b5.

Per semplicità, stabiliamo ora una definizione che ci accompagnerà nel corso del nostro workshop: la nota blue è il b5 e la scala blues è una pentatonica minore con l’aggiunta della nota blue. 

Si presenta così, usando il A come esempio:

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Scala Blues di A

A questo punto vorrei consigliare a tutti i chitarristi il workshop su come suonare il blues [Link articolo 89], dove troverete anche i modelli della scala blues in tablature.

Con questa scala possiamo suonare su tutta la struttura del blues senza problemi, sia su un blues in A maggiore che su un blues in A minore. Ma attenzione: posso suonare la scala pentatonica di A minore o la scala di A blues su un blues in A maggiore, ma non la scala pentatonica di A maggiore su un blues in A minore.

A proposito, la scala blues non è l’unica scala che possiamo suonare sul blues. Ma quale scala funziona su quali accordi vorrei spiegarvelo in dettaglio in una delle prossime puntate.

Vorrei darvi alcuni suggerimenti. Come esercizio, prendete una delle backing track presentate all’inizio e suonate la scala blues molto lentamente, nota per nota, cercando di ascoltare bene ogni singola nota. Come suona sulla mia tonica, sulla sottodominante e sulla dominante? Dove c’è più tensione e dove meno?

Sperimentate i bending e i glissandi (slide), a partire dalle Blue Note o fermandovi su di esse. Naturalmente, ascoltate molti blues e trascrivete molti assoli.

So che ci sono molti musicisti che hanno un’avversione per la copia di licks altrui, ma ogni genere musicale ha e ha bisogno di cliché e standard che bisogna essere in grado di utilizzare per poter suonare credibili. (Almeno in fase iniziale)

Quindi abbiate il coraggio di rubare, anche i grandi esponenti dei vari generi lo hanno fatto!

Esercizi

Infine, ecco gli esercizi:

  1. Quali gradi compongono il blues maggiore?
  2. Qual’è la struttura del blues in Eb maggiore?
  3. Scrivi la progressione più comune di un blues in Gm.
  4. Qual’è la scala blues di D?

Le soluzioni sono riportate nella pagina successiva!

Soluzioni:

  1. I, IV, V 
  2. I Eb7 I Eb7 I Eb7 I Eb7 I Ab7 I Ab7 I Eb7 I Eb7 I Bb7 I Ab7 I Eb7 I Bb7 II
  3. I Gm7 I Gm7 I Gm7 I Gm7 I Cm7 I Cm7 I Gm7 I Gm7 I Eb7 I D7 I Gm7 I D7 II
  4. D, F, G, Ab, A, C

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