Oggi ricorre l’anniversario della scomparsa di una vera e propria leggenda della sei corde. Il 28 dicembre del 1976 ci lasciò infatti Freddie King, a soli 42 anni d’età. Nato il 3 settembre del 1934 a Gilmer (Texas, Stati Uniti d’America) Fred King, conosciuto poi nella sua carriera artistica come Freddie e soprannominato “Texas Cannonball”, è uno dei tre “King della chitarra blues”, assieme a B.B. e Albert ed è il più giovane di questo magico trio. Considerato uno dei punti di riferimento più importanti per il blues elettrico, l’influenza di Freddie è percepibile nel playing di artisti come Eric Clapton, Mick Taylor, Peter Green, Jeff Beck, Stevie Ray Vaughan e di molti altri chitarristi fino ai giorni nostri, come ad esempio Joe Bonamassa.

Credits: Gijsbert Hanekroot / Alamy Stock Photo

Questa sfilza di nomi, fondamentali per la storia del nostro strumento preferito, testimoniano l’importanza di una figura come quella di Freddie, praticamente imprescindibile per lo sviluppo del blues UK degli anni ‘60 e per il ritorno in auge del blues elettrico negli anni ‘80, che deve molto soprattutto a SRV.

Freddie non era solo un grande chitarrista, ma anche un ottimo cantante, con la sua voce soul potente e riconoscibile quasi sempre presente nei suoi brani. Nel giorno dell’anniversario della sua morte, ricordiamo la sua figura con Going Down, uno dei suoi pezzi più famosi, grazie all’aiuto di Paul e Matt di Guitar Tutorials. 

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Gli inizi e il successo: tanti incontri nella “mecca del Blues”

Come tutti i più grandi della storia, anche Freddie iniziò a suonare molto presto la chitarra, ad appena sei anni, grazie alle lezioni della madre e dello zio. Negli anni ‘50, “la mecca del blues” era sicuramente Chicago, ed è proprio lì che andò anche Freddie, dove ebbe la possibilità di ascoltare dal vivo nei nightclub del South Side della città alcuni dei nomi più leggendari di quel periodo, come Muddy Waters, Howlin’ Wolf, T-Bone Walker ed Elmore James. Con il progredire degli anni ‘50 Freddie suonò proprio con alcune colonne portanti del blues di Chicago, tra cui i chitarristi Jimmy Rogers, Robert Lockwood Jr., Eddie Taylor e Hound Dog Taylor, il bassista Willie Dixon, il pianista Memphis Slim e l’armonicista Little Walter.

Non riuscendo a entrare nella cerchia degli artisti della Chess Records, la leggendaria casa discografica dei fratelli Chess e punto di riferimento per il blues e per il primo rock and roll (di cui abbiamo brevemente parlato qui), poiché considerato troppo simile a B.B. King nel suo stile, Freddie si spostò nella West Side della città, dove era in fermento una nuova scena. Assieme ad un altro gigante dell’epoca, Magic Sam, e ad artisti come Otis Rush e Buddy Guy, Freddie King diventò uno dei fenomeni più rilevanti del West Side e finalmente firmò il suo primo contratto discografico con la Federal Records di Cincinnati nel 1960. Il singolo Have You Ever Loved a Woman, con il brano You’ve Got to Love Her with a Feeling come B-side, segnò l’inizio ufficiale della carriera discografica del nostro, che all’epoca era ancora accreditato come “Freddy”.

Credits: Lionel Decoster. Licenza: CC BY-SA 4.0 DEED

Da quel momento in poi la sua carriera decollò, con alcuni apici assoluti. È questo il caso di Hide Away del 1961, brano di apertura del suo secondo album in studio e interamente strumentale Let’s Hide Away and Dance Away with Freddy King, disco che contiene anche The Stumble e che ebbe poi un’influenza fondamentale nella carriera degli artisti menzionati in apertura di questo articolo.

Il successo proseguì per tutti gli anni ‘60 e nei primi anni ‘70, con Freddie che ebbe la possibilità di suonare anche per un pubblico di giovani bianchi, condividendo il palco con i grandi artisti del periodo e che lui aveva contribuito ad influenzare. Citiamo, solo a titolo di esempio, la collaborazione con Eric Clapton, nel brano Sugar Sweet contenuto nell’album Burglar del 1974, i live con i Grand Funk Railroad (che lo omaggiano anche nel testo del loro brano We’re An American Band) o la sua partecipazione al Texas Pop Festival del 1969, insieme ad artisti come Sly & the Family Stone, i Ten Years After, B.B. King e i Led Zeppelin.

Una vita costantemente in tour e sul palco quella di Freddie, con quasi 300 giorni on the road nel corso di un anno, cosa che lo portò a consumarsi e a trascurare molto la sua salute, fino alla prematura morte del 28 dicembre del 1976 a seguito delle complicanze di ulcere allo stomaco e di una pancreatite acuta. Trovate maggiori dettagli sulla vita e la straordinaria carriera di Freddie sul sito ufficiale dell’artista.

Proprio nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa, vogliamo ricordare la sua incredibile forza artistica con uno dei suoi brani più noti e più volte reinterpretati: Going Down.

Getting Ready…: un ritorno a Chicago

Purtroppo non riuscì a registrare un disco negli anni d’oro della casa discografica, ma in ogni caso Freddie King incise qualcosa in quelli che furono i leggendari studi della Chess Records. Nel 1971, infatti, sotto contratto con la Shelter Records, Freddie si recò a Chicago per la produzione del suo nuovo album, Getting Ready…, il primo con la nuova casa discografica fondata da Leon Russell e Denny Cordell

Con l’aiuto di una validissima schiera di musicisti, tra cui lo stesso Russell al piano e Donald ‘Duck’ Dunn al basso, Freddie incise un disco composto da dieci tracce, con una presenza massiccia di classici standard blues di Chicago. Trovano infatti posto nella tracklist brani come Dust My Broom di Elmore James, Worried Life Blues di Big Maceo Merriweather, Five Long Years di Eddie BoydKey To The Highway di Big Bill Broonzy. Il disco risulta quindi anche essere un grande omaggio alla tradizione blues che aveva formato Freddie nei primi anni della sua carriera.

Le restanti composizioni sono di Leon Russel e soprattutto di Don Nix, ed è proprio tra queste che dobbiamo cercare per trovare Going Down, il brano che abbiamo scelto oggi per ricordare Freddie.

Credits: Lionel Decoster. Licenza: CC BY-SA 4.0 DEED

Going Down: uno standard del blues elettrico

Going Down è un brano originariamente inciso dai Moloch e composto da Don Nix, un personaggio fondamentale ma poco celebrato per lo sviluppo di generi come il southern rock, il soul, l’R&B e il blues. Per saperne di più sulla sua figura, vi consigliamo di vedere questo breve documentario, incentrato sulla sua carriera e su questo brano. La versione di Freddie è diventata un successo clamoroso, più e più volte interpretato anche dai chitarristi che abbiamo già menzionato: Jeff Beck, SRV e Joe Bonamassa hanno suonato questo pezzo dal vivo, ma anche Joe Satriani, Walter Trout, Pino Daniele e il nostro Paul Audia, per una lista che potrebbe continuare ancora per molto.

Il brano è diventato quindi uno standard della chitarra elettrica, il che fa pensare: Freddie è stato infatti capace di registrare un classico in un disco che già conteneva degli standard del genere. Il brano è stato così tanto amato probabilmente per il suo ritmo incessante, ottenuto grazie ad un riff iconico, e perché ha sempre garantito ai chitarristi la possibilità di scatenarsi con un assolo nella parte centrale, proprio come faceva Freddie con i suoi bending tiratissimi e i vibrato da urlo che hanno fatto tanta scuola. Anche in occasione dell’induzione di Freddie King nella Rock and Roll Hall Of Fame nel 2012 è stato proprio questo il brano scelto da Joe Bonamassa, Dusty Hill, Derek Trucks e Billy Gibbons per celebrarlo.

Da dove si potrebbe partire per costruire un suono simile a quello di Freddie King e provare ad imitare il suo stile? Sicuramente dalla chitarra! “Texas Cannonball” è immediatamente collegato al marchio Gibson. All’inizio della sua carriera utilizzò una Les Paul Goldtop degli anni ‘50. Ne sono disponibili diversi modelli, ma voi potreste partire con un modello del ‘54, con la possibilità anche di scegliere la versione Heavy Aged uscita direttamente dal Murphy Lab, se potete permettervelo:

Gibson Les Paul 54 Goldtop VOS

Gibson Les Paul 54 Goldtop VOS

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Gibson Les Paul 54 Goldtop Heavy Aged

Gibson Les Paul 54 Goldtop Heavy Aged

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Si potrebbe però anche iniziare in modo più soft, tramite la semplice sostituzione dei pickup della vostra chitarra in stile Les Paul con dei P-90. Anche in questo caso avete diverse opzioni tra cui scegliere, ma potreste puntare i Lollar o i Seymour Duncan:

Lollar 50s Wind P-90 Soapbar Set CR

Lollar 50s Wind P-90 Soapbar Set CR

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Seymour Duncan Antiquity P90 Pickup Set Cream

Seymour Duncan Antiquity P90 Pickup Set Cream

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Le altre chitarre utilizzate da Freddie King sono le classicissime Gibson ES-335 (di cui potreste anche procurarvi un modello più economico a marchio Epiphone), ES-345 e ES-355TDC:

Gibson ES-335 Satin Cherry

Gibson ES-335 Satin Cherry

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Epiphone ES-335 Cherry

Epiphone ES-335 Cherry

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Gibson ES-345 60s Cherry

Gibson ES-345 60s Cherry

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Gibson 1959 ES-355 Reissue WR LA

Gibson 1959 ES-355 Reissue WR LA

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Per l’amplificazione Freddie ha utilizzato un Gibson GA-40 e dei Fender Quad Reverb. Voi potreste quindi orientarvi su un modello della serie Tone Master, oppure puntare direttamente al Fender Tone Master Pro che abbiamo recensito e provato qualche settimana fa, per ottenere un suono vintage con una strumentazione decisamente più moderna:

Fender Tone Master Twin Reverb

Fender Tone Master Twin Reverb

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Fender Tone Master Super Reverb

Fender Tone Master Super Reverb

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Fender Tone Master Deluxe Reverb

Fender Tone Master Deluxe Reverb

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Fender Tone Master Pro

Fender Tone Master Pro

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Negli anni di Freddie i grandi bluesmen non utilizzavano i pedali per modulare e modificare il loro suono. Vi consigliamo quindi di trovare il sound giusto affidandovi solo alla chitarra, all’amplificatore (mi raccomando, alzate il volume) e alle vostre orecchie, proprio come ai vecchi tempi!

Ricordiamo oggi un vero “King della chitarra blues”, scomparso troppo presto ma rimasto nel cuore e nelle corde di milioni di appassionati, invitandovi a scaternavi sulle sue note per cercare di imparare qualcosa dal suo immortale stile.

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Riccardo Yuri Carlucci