Slash, creatore di alcuni fra i momenti memorabili del rock recente, deve tanto delle sue gesta al padre della chitarra elettrica, il Maestro Les Paul. Riviviamo e riapriamo insieme le pagine della storia degli incroci tra questi eroici personaggi che, seppur apparentemente molto diversi, hanno contribuito a innalzare ad altissimi livelli l’arte della musica, con sacrificio, passione e, con i dovuti distinguo, tanta trasgressione.

© Jerome Brunet/ZUMA e Science History Images / Alamy Stock Photo

Un chitarrista poliedrico e innovativo incontra il suo eroe, l’inventore della solid body guitar

Le vie della chitarra sono infinite

L’innovazione è la chiave del successo. Le menti creative sono in grado di concepire idee pionieristiche, progetti innovativi e soluzioni che sfidano lo status quo. Les Paul e Slash incarnano perfettamente queste affermazioni. Inventore della chitarra elettrica così come ora la concepiamo e di tanti altri “trucchi” per la registrazione il primo, rivoluzionario gigante della sei corde il secondo, nonché creatore di devastanti muri sonici in mezzo a una insospettabile vulnerabilità.

Con i Guns N’ Roses, tra metà anni Ottanta e inizio Novanta, il musicista anglo-americano ha restituito dignità al metal, in un’epoca in cui le chitarre pesanti erano considerate una sottospecie. Ha proseguito poi il suo percorso unico e speciale, con la rara e preziosa capacità empatica di trasferire le emozioni che si provano affrontando l’esistenza nelle magiche note emesse dal suo strumento, tra gioia e furore, delirio e speranza. Il supergruppo Slash’s Snakepit, i Velvet Revolver, la carriera solista e la collaborazione con Myles Kennedy and the Conspirators sono l’emblema della sua forza e potenza, sempre guidato dalle mitiche Gibson Les Paul, sempre legato al suo Maestro.

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La magia dei loro incroci

“Perché utilizzo le Les Paul? Non saprei dire se sono io ad averle scelte o se sono loro ad aver scelto me. Quando ho iniziato a suonare la chitarra, le Les Paul mi hanno subito attratto da un punto di vista estetico. A quel tempo non ne capivo molto, ma un sacco di chitarristi che mi piacevano ne suonavano una e così pensavo fossero forti. Ho provato tante chitarre diverse, dalle Strato alle SG, ma alla fine sono tornato alle Les Paul. Prima di entrare nei Guns N’ Roses usavo invece una BC Rich”.

Le affermazioni catturate in una recente intervista di Slash per il sito Louder Sound testimoniano la sua “scelta di vita” riguardo alle sei corde ed è ancora più intrigante dopo aver letto queste parole pensare ai vari incontri proprio con l’inventore delle chitarre da lui più amate. Fra gli incroci documentati da video o fotografie spicca quello a tre, con Brian Setzer in aggiunta, per l’interpretazione del classico Route 66 nel maggio 1996 allo storico Iridium Jazz Club, ove Les Paul riprende la tradizione dei concerti del lunedì tenuti in passato al Fat Tuesday Club, sempre nella Grande Mela.

Sicuramente è poi epico quello a Chicago, alla House of Blues, ancora in quell’anno a dicembre. Un’altra data indimenticabile è il 29 aprile 1998 di nuovo in una House of Blues, ma stavolta a Los Angeles. La Musica del diavolo è onorata da uno Slash indemoniato mentre esegue Born Under a Bad Sign e The Thrill Is Gone (nel finale del classico di B.B. King usa come slide un accendino!) sotto gli occhi di un estasiato e sorpreso Les. E la ciliegina sulla torta è la jam finale, che oltre ai due vede sul palco, tra gli altri, Jeff “Skunk” Baxter e uno scatenato Steve Vai.

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Un momento intenso e intimo li lega per sempre

Tuttavia l’incrocio più toccante probabilmente avviene nell’agosto 2001, ancora all’Iridium: le loro improvvisazioni, gli sguardi, quel mescolare blues, jazz e rock and roll nell’intimità a due chitarre sono impagabili. Fraseggi inaspettati, riff taglienti e melodie incantevoli si incastrano e si stagliano verso il cielo con il pubblico in rispettoso silenzio, pronto a prodigarsi negli applausi solo al termine della jam session, che vede i due guitar hero dolcemente accompagnati da Lou Pallo e Paul Nowinski, i due membri storici della reincarnazione del Les Paul Trio.

Slash e Les, due generazioni diverse di giganti della sei corde che “vibrano” insieme, dove il più giovane si dedica completamente al suo mentore ignorando la folla, osservando il Maestro e le sue mani.

Due visionari della musica per un’esibizione di classe pura.

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Un diverso background, ma lo stesso amore incondizionato per il suono di una electric guitar

Cinquant’anni separano Les e Slash, con quest’ultimo nato nel 1965 e subito attirato dal vigore di Who, Cream, Jimi Hendrix e dalla potenza dei capostipiti veri e propri dell’early hard rock Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath e Aerosmith. Il blues di Albert King, B.B. King, Willie Dixon e Robert Johnson, la pittoresca genialità della James Gang di Joe Walsh, la pura adrenalina degli iconici AC/DC sono solo alcune delle altre influenze che hanno catalizzato le doti di un adolescente inquieto e sempre di fretta, chiuso nel suo magico mondo musicale e poco costante nello studio e nelle relazioni. Situazione differente per il suo mentore, devastato dalle due guerre (e dalla crisi del ’29), ma con la musica diventata salvezza e rifugio.

Il jazz caldo di Art Tatum e Louis Armstrong, le magie del proprio idolo Django Reinhardt scavano un tunnel nel suo cuore e lo spronano a proseguire la sua missione nel mondo dello spettacolo. Tuttavia entrambi trovano nel blues rock e i suoi derivati affinità elettive, e l’amore incondizionato per la chitarra li conduce sulla stessa strada. Les mette la sua intera vita a disposizione della sua vocazione, inventare una chitarra amplificata il cui suono echeggi ovunque attorno, e Slash salva la sua esistenza suonando senza soluzione di continuità ciò che il “Mago di Waukesha” ha creato.

Vocalise, il tributo di Slash a Les Paul

Ambasciatore della Gibson e artista perennemente innamorato delle chitarre ideate da Les Paul, Slash partecipa al disco A Tribute to a Legend realizzato nel 2008. Si tratta di una sorta di complemento all’album di Les Paul & Friends del 2005 intitolato American Made World Played: ancora una volta musicisti rock contemporanei, da Joe Perry a Richie Sambora, suonano in brani che, nella maggior parte dei casi, vedono la partecipazione dello stesso Paul, a quell’epoca ormai novantenne. Tuttavia Il termine “tributo” non suggerisce completamente il significato di questa raccolta. Come dice Slash (la cui traccia, Vocalise, non contiene Paul) nelle note di copertina, “Questa è un’opera in cui non si esegue la musica di Les Paul cercando di imitare il suo stile inimitabile. È invece una passerella di chitarristi che fanno le loro cose, ma in ossequio alla sua influenza ricevuta sulla musicalità, sulle tecniche e sull’uso degli effetti”.

Gibson Les Paul Slash Standard GT

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Vocalise, scritta dal compositore e direttore d’orchestra russo naturalizzato statunitense Sergei Vasilyevich Rachmaninoff (1873-1943) viene qui interpretata da Slash in modo intenso e commovente, trasformata in una rock ballad dedicata al suo Maestro, “personaggio dinamico e pieno di energia positiva”, usando le sue stesse parole nel descriverlo. Una canzone inconsueta in omaggio all’unica persona presente nella Rock And Roll Hall of Fame e allo stesso tempo nella National Inventors Hall of Fame.

Certamente un costante stimolo per il musicista noto soprattutto per la sua militanza nei Gun N’ Roses, ma importante creatore di un sound senza eguali, che lo ha distinto nel corso di tutta la carriera, un saliscendi di emozioni tra supergruppi, attività solista e trasgressioni all’insegna della santa trinità dell’edonismo: “sesso, droga e rock’n’roll”. Ripercorriamo le fasi salienti della sua vita artistica (e non solo) per riscoprire uno dei giganti della chitarra elettrica per antonomasia, un eroe del rock sporco e duro dai riff carichi di un blues elettrico e mitragliante.

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Slash: storia di un personaggio unico e speciale

Dagli esordi ai Guns N’ Roses

Saul Hudson, in arte Slash, nasce a Londra il 23 luglio 1965, un caldo e tranquillo venerdì d’estate. La madre è una stilista afroamericana, Ola, nota per la sua collaborazione con i Beatles e per aver ideato i costumi di David Bowie nel film L’uomo che cadde sulla terra. Suo padre Anthony invece lavora per un’etichetta discografica, la Geffen Records, ed è un designer di copertine di album (Joni Mitchell e Jackson Browne sono fra i suoi assistiti).

Fin da piccolo respira l’aria della moda e dello spettacolo. A nove anni si trasferisce con la madre a Los Angeles e la accompagna spesso al lavoro, venendo a contatto con le star del cinema e della musica. Con queste premesse è una naturale conseguenza per lui cominciare a dedicarsi con passione all’arte. Così trascorre la prima adolescenza concentrato sul suo strumento preferito, la chitarra, entusiasmato da Jimmy Page, Jeff Beck e soprattutto Eddie Van Halen, che sta facendo sfracelli proprio in California con la sua band.

Incostante a scuola e sempre indaffarato e sfuggente, viene soprannominato per questo motivo “Slash” dall’attore Seymour Cassel, padre del suo amico Matthew. Un nomignolo simpatico e originale che il destino gli lascerà affibbiato per sempre. A inizio anni Ottanta suona nei primi gruppi, ormai ben impratichito sulla sei corde. Il blues è inizialmente la sua religione, da Albert King a Muddy Waters, a cui accorpa note metal di UFO, Black Sabbath e Motorhead.

La sua militanza in band come London e Road Crew è tuttavia temporanea. Il chitarrista vuole sfondare, affina continuamente con grande esercizio il suo sound, ma viene scartato ai provini dei novelli Poison e Guns N’ Roses. Grazie ai rapporti artistici con il bassista Duff McKagan Slash ottiene però una seconda possibilità con questi ultimi ed entra nel sodalizio di Axl Rose e Izzy Stradlin insieme al compagno di mille avventure Steve Adler. Siamo ormai nel 1986: la forza e la potenza di una band “maledetta” sta per conquistare il mondo.

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L’arte rivoluzionaria della sua chitarra e l’apoteosi di Appetite for Destruction e Use Your Illusion

Da Welcome to the Jungle a Sweet Child O’ Mine e Paradise City

Nonostante circolino subito alcool e droghe pesanti, soprattutto eroina a tutto spiano, i Guns N’Roses mostrano unità d’intenti e pubblicano il primo EP Live ?!*@ Like a Suicide, dove Slash comincia a far vedere di che pasta è fatto. Le sue passioni sono armonie e le emozioni diventano assoli per quella chitarra che è sempre stata il suo prolungamento quasi fisico. Una chitarra che all’epoca degli esordi è una BC Rich, la famosa Warlock rossa con cui muove i passi iniziali nei club di Hollywood insieme ai suoi compagni, prima di “convertirsi” alle amate Les Paul.

Nell’87 arriva il pluripremiato Appetite for Destruction, un album feroce, violento, impaurito. Axl Rose e compagni vergano con lame affilate il quadro di una Los Angeles zeppa di metallari falliti e prostitute. Slash risponde alla violenza con la violenza creando riff tempestosi e incalzanti, degni dei migliori Aerosmith e AC/DC. Dall’essenziale e primitiva Welcome to the Jungle alla ballata dai fraseggi ipnotici Sweet Child O’Mine, tutto il disco è un capolavoro dell’heavy metal, ben rappresentato da una delle tante hit famose in tutto il mondo, la tonitruante Paradise City, potente invettiva contro la politica corrotta di Los Angeles con sfumature sonore reminiscenti dei Black Sabbath.

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Use Your Illusion 1 & 2 

Dopo la parentesi parzialmente acustica e antologica Lies, nel 1991 arriva la sorpresa dell’album doppio Use Your Illusion I e del seguito, realizzato lo stesso giorno, Use Your Illusion II. Nella sua globalità il progetto è straordinario, il picco assoluto della band: si naviga tra le urgenze della quotidianità e gli aneliti verso un futuro ove la speranza è dura a morire e resiste anche se solo come una lieve fiammella. Un’altalena emotiva tra energie luminose e penombre, tra un passato devastante e un presente da conquistare, viaggiando sempre su un binario ritmico travolgente e struggente.

La virilità di Right Next Door to Hell e Bad Obsession, le ballate senza tempo Don’t Cry e November Rain, le cover stralunate ossessive e sorprendenti di Live and Let Die e Knockin’ on Heaven’s Door, le lunghe cavalcate tossiche Coma, Locomotive e Estranged convivono in due dischi di una bellezza sconfinata. E gli highlights non sono finiti: come dimenticare la disperazione di Civil War, commovente anatema contro la guerra che “nutre i ricchi e sotterra i poveri”, la dolcezza di So Fine e l’irruenza di You Could Be Mine?

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La rottura con Axl e la carriera solista, tra supergruppi e collaborazioni celebri

L’uscita dai Guns e l’inizio dell’avventura con gli Slash’s Snakepit

Dopo il picco di Use Your Illusion arriva il crollo. Troppo intensa ora la vita in comune, in studio e on the road, troppo massacranti i live, troppo pesante la droga. L’ostentata leadership di Axl mette subbuglio in un gruppo in cui anche gli altri componenti vantano eccellenti doti compositive. Slash, in particolare, mal sopporta la superbia e le intemperanze del frontman. Nemmeno la comparsata dell’amico Lenny Kravitz il 6 giugno 1992 per suonare Always on the Run insieme a loro durante l’Use Your Illusion Tour serve a placare gli animi e a ridare entusiasmo e coesione.

L’insipido disco di cover The Spaghetti Incident? (1993), interessante solo per scoprire quanto anche il punk abbia influito sulla band, chiude praticamente i giochi. Il gruppo tiene duro fino al ’98, mantenendo un basso profilo, con apparizioni sporadiche e necessari cambi di lineup.

Slash abbandona i Guns ufficialmente nel 1996, ma già un anno prima esce il lavoro del supergruppo Slash’s Snakepit, It’s Five O’Clock Somewhere, un miscuglio di hard e southern rock. L’album viene registrato proprio mentre i Guns N’ Roses faticano a trovare un accordo sullo stile musicale del loro prossimo lavoro e contiene lo sviluppo di alcuni demo rifiutati da Axl. I compagni Matt Sorum, Dizzy Reed e Gilby Clarke offrono il loro contributo, il bassista è Mike Inez degli Alice in Chains, mentre il cantante è l’istrionico Eric Dover dei Jellyfish. Un debutto mediocre, sia a livello qualitativo sia di vendite, che tuttavia permette di tenere accesa la fiammella dell’ispirazione a uno Slash a pezzi dal punto vista fisico e psicologico. La canzone migliore è Good to be Alive, che riassume anche nel titolo la triste situazione del momento.

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Un’intensa attività live, i problemi di salute e i Velvet Revolver

La musica è spesso rifugio e salvezza per i grandi artisti quando le cose si mettono male. Dopo il primo album degli Snakepit e la separazione da Axl, nel 1996 Slash suona in Giappone con gli Chic e in seguito, per due anni di fila, va in tour con la Slash’s Blues Ball, leader di una band che lo riporta indietro nel tempo, quando il blues di B.B. King, lo sballo degli Steppenwolf e l’r&b di Otis Redding lo facevano sognare.

Grazie all’aiuto di un membro del gruppo, Johnny Griparic, comincia a pensare a un nuovo lavoro per gli Slash’s Snakepit, e, con una formazione differente rispetto all’esordio, pubblica così Ain’t Life Grand nell’ottobre 2000. Prima e dopo l’uscita del disco i riformati Snakepit suonano come opener per gli AC/DC, ma il loro leader è ormai letteralmente a pezzi e una polmonite lo costringe a fermarsi. Gli anni di abusi gli fanno pagare dazio, la conseguenza è una terribile miopatia cardiaca con il cuore arrivato a gonfiarsi tanto da potersi rompere.

Si sottopone all’impianto di un defibrillatore e con l’aiuto della fisioterapia si riprende miracolosamente e riprogramma parte del tour. Ma anche questo progetto ha le ore contate, adesso è il momento di una ventata d’aria fresca. Di nuovo insieme agli ex compagni dei Guns N’ Roses Duff McKagan e Matt Sorum forma i The Project, che alla fine diventano la “superband” hard rock Velvet Revolver, dopo l’aggiunta di Dave Kushner e dell’allora ex cantante degli Stone Temple Pilots, il talentuoso e tormentato Scott Weiland. Contraband (2004) è un’opera intensa, ispirata e di successo, guidata, come spesso capita con Slash, da un singolo dal titolo emblematico, Fall to Pieces

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Dai VR alla carriera solista

Libertad è il meno riuscito sophomore del 2007, l’idillio si interrompe perché il Nostro si concentra sul debutto da solista con un brillante lavoro omonimo. Viene dato alle stampe Slash (2010), e il chitarrista angloamericano torna in vetta alle classifiche, aiutato da special guests del calibro di Ozzy Osbourne, Fergie, Dave Grohl, Chris Cornell e Iggy Pop. Ma non c’è tempo per fermarsi. Il geniale guitar hero cementa l’amicizia con Myles Kennedy (cantante e membro fondatore con Mark Tremonti dei sontuosi Alter Bridge), già presente come vocalist nell’album e durante le susseguenti performance dal vivo; insieme a lui e al bassista Todd Kerns, il batterista Brent Fitz e il chitarrista ritmico Frank Sidoris forma la sua band “solista” Slash featuring Myles Kennedy and The Conspirators. Escono quattro dischi tosti, infuocati e di pregevole fattura, una formidabile serie di canzoni con sonorità contemporanee, fulgido esempio per chitarristi in erba.

Così Apocalyptic Love, World on Fire, Living the Dream e, semplicemente, 4, caratterizzano il sodalizio nel decennio 2012-2022, a cui si aggiungono una manciata di pubblicazioni live, tra cui un entusiasmante Live at the Roxy 9.25.14. 

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Le chitarre di Slash

© Jerome Brunet/ZUMA Wire/Alamy Live News

Già osservando il suo look si capisce che il caro Saul Hudson è un personaggio originale. La leggenda narra che abbia rubato il suo caratteristico cappello a cilindro da un negozio di strada, insieme a una cintura e l’abbia poi tagliata a metà, indossata intorno al copricapo. Tuttavia Slash non è solo un’icona dello stile nel vestire, la sua immagine è legata in maniera indissolubile a quella della calda e suadente Gibson Les Paul. La sua chitarra da studio principale è una Gibson Les Paul Standard replica del 1959, costruita dal liutaio Kris Derrig, di cui è entrato in possesso durante le sessioni di registrazione per Appetite for Destruction, mentre per parecchi anni la sua preferita per l’attività live è stata una Gibson Les Paul Standard del 1988.

Gibson Les Paul Slash Standard NB

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Dal 1997, Slash ha collaborato con Gibson per la realizzazione di svariati  modelli di Les Paul firmate, attraverso Gibson USA, il Gibson Custom Shop e l’affiliata Gibson Epiphone. Inoltre suona anche diverse altre chitarre Gibson, tra cui Firebird ed Explorer e, raramente, Fender, Gretsch, Jackson e Martin. Da ricordare, infine, come già accennato nei precedenti paragrafi, la sua passione per le BC Rich, soprattutto nei primi anni di carriera. Il rocker riccioluto ha imbracciato diverse Mockingbird e, proprio agli esordi, una Warlock rossa. Una piccola nota riguardo agli amplificatori: il Nostro predilige i Marshall.

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Con Slash le sorprese non finiscono mai: la reunion con i Guns, i progetti extra-musicali e il riassunto delle collaborazioni indimenticabili

In mezzo a tanta vitalità insieme ai suoi Myles Kennedy and The Conspirators avviene l’impensabile, la reunion dei Guns N’ Roses nel 2016, dopo che lo stesso Slash aveva spergiurato l’impossibilità dell’avvenimento. Così lui, Axl Rose e Duff McKagan, si ritrovano sul palco per la prima volta insieme dal 1993 con il Not In This Lifetime Tour che riscuote successo in tutto il mondo. 

Slash è anche produttore di film, appassionato videogamer, su tutti Angry Birds, e cultore e amante del flipper. La musica rimane comunque la sua seconda pelle e negli anni ha collaborato a una marea di progetti altrui. Sono sicuramente da ricordare, fra le tante, le partnership con Michael Jackson, Alice Cooper, Steve Lukather, Rod Stewart, Beth Hart, Lou Pallo (in memoria di Les Paul!) e il già citato Lenny Kravitz. Il chitarrista ha anche allargato gli orizzonti suonando per i Doro, Vasco Rossi, Rihanna e Demi Lovato.

In particolare è poi riapparso il suo incondizionato amore per il blues con Ray Charles in God Bless America Again (2002) e nello stupendo Live at the Royal Albert Hall (2012) di  B.B. King, gigante del blues che ha indirizzato la carriera di Slash, riportandolo sulla retta via ogni qualvolta stava perdendo ispirazione. E proprio il padre di Lucille sarà il protagonista della prossima puntata della serie “Crossroads”, in un’appassionante analisi degli incroci, delle passioni e influenze comuni con l’estroso chitarrista dallo strano cappello a cilindro. Stay tuned.

To be continued…

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Alessandro Vailati