Il 9 gennaio del 1944 nasceva a Londra (Regno Unito) James Patrick Page, conosciuto più semplicemente come Jimmy. Pronunciare il nome di Page suscita immediatamente un collegamento nella mente di chiunque, una sorta di equazione: Jimmy Page = chitarra elettrica. Jimmy è infatti senza dubbio una delle più grandi leggende della musica rock e la sua figura ha raggiunto anche chi non è strettamente appassionato del genere o della chitarra in generale. Page è un’icona la cui immagine è indissolubilmente legata a una sei corde, così come accade per Jimi Hendrix, Eric Clapton, Brian May, Slash e pochi altri.

Credits: Gijsbert Hanekroot / Alamy Stock Photo – Page dal vivo nel 1973 con una delle sue Les Paul

L’influenza di Page per la storia e lo sviluppo del nostro strumento preferito è probabilmente incalcolabile. Per citare solo alcuni nomi, Eddie Van Halen, Ace Frehley, Joe Satriani, John Frusciante, Kirk Hammett, Joe Perry, Richie Sambora, Slash, Dave Mustaine e Steve Vai lo hanno indicato tra le loro influenze, dimostrando l’impatto che il musicista inglese ha avuto nella vita, nella carriera e nella ricerca del suono di molti dei nostri guitar hero preferiti.

Oggi Page raggiunge un traguardo importante: compie i suoi primi ottant’anni. Ripercorrere la sua vita e la sua carriera elencando una serie di date sarebbe un esercizio sterile, che non riuscirebbe sicuramente a far trasparire il trasporto emotivo e il carattere del suo playing. Ricorderemo quindi solo alcuni dei momenti più rilevanti, che hanno contribuito ad elevare Jimmy nell’Olimpo degli Dei del Rock, e lo celebreremo con Whole Lotta Love, grazie all’aiuto di Paul e Matt di Guitar Tutorials.

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La traiettoria artistica di una leggenda: dagli Yardbirds, ai Led Zeppelin, ai giorni nostri 

Come molti chitarristi della sua generazione, anche Page iniziò a suonare la chitarra ascoltando i generi più popolari degli anni Cinquanta. Un misto di rock e blues, con nomi come Scotty Moore, Elmore James, B.B. King, Otis Rush, Buddy Guy, Freddie King e Hubert Sumlin tra le sue prime influenze. Jimmy è autodidatta e prova a riprodurre le parti di chitarra ascoltando i dischi.

All’epoca erano molto popolari anche il folk acustico e lo skiffle, e sarà proprio con questo genere che Page farà il suo esordio televisivo. Era il 1957 e durante il programma di Huw Weldon All Your Own, un tredicenne Jimmy suonò Mama Don’t Want to Skiffle Anymore e Cotton Fields (The Cotton Song) con il suo quartetto. Qui trovate l’esibizione completa, che vi consigliamo di vedere. Interessante notare l’aspirazione del giovane Page: diventare un ricercatore in ambito biologico. Cambiò comunque idea abbastanza in fretta e a 15 anni lasciò la scuola per diventare un musicista.

Nei primi anni Sessanta Page divenne uno dei turnisti più apprezzati della scena inglese, suonando in brani dei The Who, dei The Kinks, dei Rolling Stones e di moltissimi altri artisti, maturando nel suo playing e imparando a gestire la strumentazione e i tempi della produzione in studio. Per chi volesse approfondire questa parte della sua carriera, esiste una compilation in due volumi, Jimmy Page: Session Man, che offre una panoramica di quegli anni e dei lavori a cui prese parte. Proprio in questo periodo Page conosce e suona con Eric Clapton e Jeff Beck.

Il trio magico di chitarristi solisti degli Yardbirds non suonò mai assieme all’interno di quella formazione, per quel momento storico i fan dovettero attendere il 1983. Tuttavia Page nel 1966 suonò per Beck la chitarra a 12 corde nel brano Beck’s Bolero, assieme ad una formazione composta dal batterista Keith Moon, dal bassista John Paul Jones e dal tastierista Nicky Hopkins. Page sostanzialmente ereditò il nome degli Yardbirds dopo lo scioglimento del gruppo, e per i New Yardbirds, che divennero i  Led Zeppelin poco dopo, reclutò Robert Plant alla voce, John Bonham alla batteria e proprio John Paul Jones al basso.

Il contributo dei Led Zeppelin per la storia della musica rock è senza dubbio fondamentale. Possono essere definiti la miglior band della storia? Lasciamo a voi la scelta, ma Page ne è convinto, come ha confermato in un’intervista per Uncut del 2019:

“Quello che voglio dire è che quando si parla di una band come unità musicale collaborativa, noi eravamo i migliori. Non sto parlando di uno o due geniali autori di canzoni e di tutti gli altri che si accodano. Sto parlando di un insieme di musicisti che sono ognuno al top del proprio mestiere. Nei Led Zeppelin eravamo esattamente questo”.

Nei loro dodici anni di attività, dal 1968 al 1980, i Led Zeppelin hanno inciso 8 album in studio e sono tra gli artisti di maggior successo della storia della musica. Il dirigibile di piombo era una vera e propria macchina da guerra live, trascinata dalla voce di Plant, dal portato ritmico di Bonham, dal gusto di Jones e dall’estro di Page. I concerti del 27, 28 e 29 luglio del 1973 al Madison Square Garden di New York, confluiti poi nell’album e nel film concerto The Song Remains The Same, sono una delle migliori testimonianze della loro potenza sonora. Dopo la morte di Bonham, nel 1980, sono state poche le occasioni in cui i tre restanti membri si sono ritrovati su un palco, con lo spettacolo Celebration Day del 10 dicembre 2007 alla O2 Arena di Londra come ultima occasione.

Credits: Led Zeppelin’s Cadillac, CC BY 2.0 DEED

Page continuò a collaborare e a suonare con grandi artisti anche per tutti gli anni Ottanta e Novanta. Ad esempio con Paul Rodgers e la band The Firm per due album, nel 1985 e nel 1986, con David Coverdale per l’album Coverdale / Page del 1993, e con lo stesso Plant. Page prese infatti parte all’album Now And Zen di Plant e gli chiese di cantare nel suo unico lavoro da solista, Outrider. Nel 1994 i due ex Zeppelin realizzarono un altro disco assieme, il bellissimo No Quarter: Jimmy Page and Robert Plant Unledded, che univa brani inediti a delle nuove versioni acustiche e riarrangiate di alcuni successi della rock band inglese, suonate dal vivo con musicisti egiziani e marocchini. Nel 1998 replicarono poi il successo con l’album Walking Into Clarksdale.

Anche negli anni Duemila il chitarrista inglese ha continuato ad esibirsi in pubblico, ad esempio nel 2011 in occasione del settantesimo compleanno di Roy Harper e, più recentemente, durante la cerimonia di induzione di Link Wray nella Rock and Roll Hall of Fame, insieme al suo nuovo amplificatore Super Dragon.

Ora però proviamo per un attimo a tornare nel 1969, quando i Led Zeppelin pubblicarono il loro secondo lavoro in studio e cambiarono la storia della musica rock.

Led Zeppelin II: il dirigibile vola già altissimo

Realizzare un disco mentre si è in tour non dev’essere un’impresa semplice, ma Led Zeppelin II è la dimostrazione che si può fare, eccome se si può. L’incredibile lavoro della band è guidato dal contributo fondamentale di Page, non solo come chitarrista, ma anche come produttore, seduto in cabina di missaggio con Eddie Kramer, leggendario ingegnere del suono alla sua prima collaborazione con la band inglese.

Le nove canzoni incluse in scaletta, con sei brani inediti e tre cover di classici del blues di Chicago di Willie Dixon e Howlin’ Wolf, furono realizzate tra il Regno Unito e gli Stati Uniti e sono già una dimostrazione dell’evoluzione del suono della band. Dal blues elettrico del disco d’esordio si è già arrivati a un sound più maturo, nervoso e hard & heavy che farà tantissima scuola. Pezzi come Heartbreaker, Thank You, Ramble On e Moby Dick sono alcuni degli apici della produzione della band, con i riff ispiratissimi e gli assoli di Page tra gli ingredienti principali. Ciò che stupisce ancora, a più di cinquant’anni dalla registrazione, è la qualità dei suoni del gruppo, resa ancora più evidente dall’edizione rimasterizzata del disco del 2014, sempre curata da Page.

Un album che è la quintessenza di un certo modo di fare rock e che si apre con una traccia anch’essa fondamentale per tutti i chitarristi e non solo: Whole Lotta Love.

Whole Lotta Love: riff e suoni epocali

Whole Lotta Love è un brano costruito su uno dei riff più istintivi e iconici di Page. Un riff che almeno una volta tutti i chitarristi hanno provato a suonare e imitare, ma come farlo in modo corretto? Facciamolo dire direttamente a Jimmy, che lo “insegna” a The Edge e a Jack White in questo piccolo estratto del documentario It Might Get Loud. Completano gli ingredienti di questo brano una parte centrale selvaggia, con la performance di Plant quasi “sessuale” e i suoni e le sovraincisioni molto effettate, e un assolo breve ma decisamente efficace.

Senza dubbio è uno dei brani più importanti dei Led Zeppelin e dell’hard rock in generale, con cover innumerevoli e particolari, come quella di Prince, o più classiche, come quella di Lenny Kravitz, eseguita con Page, Plant e Jones tra il pubblico. Anche gli Hollywood Vampires hanno omaggiato il brano, così come Tina Turner, per arrivare poi alla versione della London Symphony Orchestra che ha un fascino tutto suo. Un brano che può essere quindi interpretato in molti modi, ma che trova nell’andamento e nell’attitudine dell’originale di Page la sua perfetta realizzazione. Per averne ulteriore conferma provate a vedere questa sua esibizione alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Pechino del 2008, in compagnia di Leona Lewis.

Come è possibile raggiungere il suono che ha creato Page nel corso della sua longeva carriera? Abbiamo già dedicato uno speciale al suo setup (lo trovate qui) e servirebbe uno studio approfondito del suo percorso artistico per avere una risposta definitiva. Ricordiamo quindi solo alcuni elementi fondamentali. Ovviamente la chitarra che più è connessa alla sua figura è una Gibson Les Paul, meglio se in finitura Sunburst o Black Beauty:

Gibson Les Paul Standard 50s HCS

Gibson Les Paul Standard 50s HCS

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Gibson LP 57 Custom 3PU Bigsby VOS

Gibson LP 57 Custom 3PU Bigsby VOS

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Un’altra chitarra che è stata spesso utilizzata sul palco da Jimmy e con cui è entrato nell’immaginario è la Gibson EDS-1275, la double neck a 6 e 12 corde, disponibile sia in finitura Cherry che Vintage White.

Gibson Custom EDS 1275 VW Murphy LA

Gibson Custom EDS 1275 VW Murphy LA

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Page ha suonato però anche strumenti Fender, in particolare la sua Telecaster “Dragon”, di cui potete acquistare una fedele riproduzione, o la “Mirrored”. Non è mancata anche una Stratocaster e la sua scelta ricadde su una 1964 in finitura Lake Placid Blue. Da non dimenticare poi anche il suo utilizzo delle Danelectro 3021.

Fender Jimmy Page Telecaster RW NAT

Fender Jimmy Page Telecaster RW NAT

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Fender Vintera II 60s Strat RW LPB

Fender Vintera II 60s Strat RW LPB

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Sul fronte della acustiche, invece, potreste utilizzare una Martin D-28 o la classica Gibson J-200:

Martin Guitars D-28

Martin Guitars D-28

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Epiphone J-200 AVSG

Epiphone J-200 AVSG

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Per l’amplificazione Jimmy ha usato principalmente strumentazione Marshall, con le classiche “Plexi”, Orange, Hiwatt, Fender e Supro, fino alla più recente collaborazione con Sundragon Amp.

Marshall 1959 HW

Marshall 1959 HW

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Orange AD30HTC

Orange AD30HTC

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Con gli effetti potreste invece partire dall’MXR M103 Blue Box o dall’M101 Phase 90, dal Boss SD-1 Super Overdrive, oppure dal classico Digitech Whammy. Per il wah potreste orientarvi sul Vox V846HW:

MXR M-103

MXR M-103

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MXR Phase 90

MXR Phase 90

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Boss SD-1 Super Overdrive 50th Anni

Boss SD-1 Super Overdrive 50th Anni

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Digitech Whammy 5

Digitech Whammy 5

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Vox V846HW Wah Wah

Vox V846HW Wah Wah

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Jimmy Page merita davvero di essere conosciuto a fondo se si ama la chitarra elettrica, per questo vi consigliamo anche due pubblicazioni di assoluto valore: Jimmy Page by Jimmy Page, la sua autobiografia fotografica, e Jimmy Page: The Anthology, una vera e propria miniera di informazioni sul suo archivio personale.

Tantissimi auguri Jimmy e grazie per tutto quello che hai fatto per il nostro strumento preferito!

Credits: Heinrich Klaffs, CC BY-NC-SA 2.0 DEED

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Riccardo Yuri Carlucci